L’Africa cerca aiuto nucleare da Russia e Cina

Da qualche tempo gli Stati africani sono in preda a una fissazione per il nucleare: sono convinti che l’energia nucleare porti con sé una valuta internazionale di prestigio. I Paesi che hanno programmi di sviluppo di energia nucleare sono considerati ricchi e tecnologicamente avanzati, e di conseguenza hanno uno status avanzato rispetto agli altri Paesi in via di sviluppo.

Per l’Africa, il nucleare non rappresenta una novità. È attivo dagli anni 50, da quando la Repubblica Democratica del Congo ha costruito il primo reattore nucleare del Continente. Tuttavia, ora più che mai, gli Stati africani hanno in programma di sviluppare l’energia atomica per conseguire la sicurezza energetica.

Nel continente africano, ci sono ben 12 reattori di ricerca nucleare ospitati in otto differenti Stati e al momento il Sud Africa è l’unica Nazione africana con un impianto nucleare in funzione. Tuttavia, l’elenco dei Paesi che hanno espresso l’interesse nel costruire degli impianti nucleari è lungo e spazia dai Paesi subsahariani quali Ghana, Niger, Uganda e altri, agli Stati del Nord Africa quali Algeria, Marocco e Tunisia.

PERCHÈ IL NUCLEARE?

La futura crescita economica dell’Africa dipende da numerosi fattori chiave: la stabilità politica, la sicurezza umana, l’istruzione e l’energia elettrica. La buona notizia è che l’Africa ha fatto scelte energetiche che variano dal criticatissimo carbone al più ben visto gas naturale e alle più vantaggiose energie geotermiche e rinnovabili; quindi, molti Paesi africani stanno adottando un approccio diversificato dove il nucleare svolge un ruolo significativo.

Nel Continente, le nazioni maggiori quali Kenia, Nigeria e Sud Africa fanno strada, questi Paesi hanno difatti sviluppato piani a lungo termine per stimolare la crescita economica. Persino quegli Stati ricchi di combustibili fossili come la Nigeria, cercano un’affidabilità e una stabilità energetica a lungo termine a causa di un prezzo del petrolio in continua fluttuazione.

Un team di revisione delle infrastrutture nucleari integrate, dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), completerà presto le sue visite del 2015 in Kenya, Marocco e Nigeria, dal momento che questi Paesi propongono l’opzione del nucleare, con l’intento di identificare problemi e formulare eventuali raccomandazioni.

MINACCE ASSOCIATE AL NUCLEARE

Molti esperti si stanno chiedendo se l’Africa, a fronte delle crescenti preoccupazioni etiche e finanziarie attinenti alla sicurezza e alla stabilità, sia pronta per l’energia nucleare. Le preoccupazioni principali sono la corruzione, gli eventi che provocano la diffusione delle radiazioni, come il disastro di Fukushima, i costi elevati, la mancanza di competenza e la gestione delle scorie.

Uno dei primi passi verso l’energia nucleare consiste nell’ottenere accesso all’uranio. L’Africa, dal momento che contribuisce a quasi il 20 per cento della produzione mondiale, non è di certo sprovvista di questo minerale, sono infatti ben 34 i Paesi africani che possiedono giacimenti di uranio. La maggior parte viene estratto in Sud Africa, nel Malawi, in Namibia e nel Niger.

Tuttavia, vi è una reale minaccia alla sicurezza rappresentata dall’aumento dell’accesso al materiale nucleare da parte delle organizzazioni estremiste. Il database degli incidenti e del commercio dell’Aiea, fornisce informazioni sugli incidenti attinenti al nucleare e ai materiali radioattivi.
In questo database, dal gennaio 1993 al dicembre 2013 sono stati segnalati ben 2.477 incidenti, di cui 424 legati al possesso non autorizzato e alle attività criminali connesse. La preoccupazione principale è costituita dalle organizzazioni estremiste che prendono di mira i politici corrotti o gli esperti competenti nell’arricchimento dell’uranio per attaccare o sabotare gli impianti nucleari.

Abbiamo appreso da WikiLeaks come il piano di Al Qaeda sia mirato a procurarsi materiale nucleare e a reclutare scienziati senza scrupoli, con l’intento di costruire delle ‘bombe sporche’. Al momento, la cooperazione tra le organizzazioni estremiste sta aggravando questa minaccia. L’attacco congiunto del 2013 in Niger, alla miniera di uranio Somair di proprietà francese, ne è un esempio.

C’è anche il problema del lascito della rete internazionale di proliferazione nucleare dello scienziato pakistano Abdul Qadeer Khan. Khan, che attualmente è un libero cittadino del Pakistan, era un tempo al centro del mercato nero nucleare globale.

Lo scienziato aveva dei collegamenti in Sud Africa e ha inoltre accettato di fornire alla Libia quasi tutte le infrastrutture e le competenze necessarie per costruire una bomba nucleare. Khan è un esempio del danno che un uomo può infliggere e di quanto possa diffondersi velocemente e ampiamente una rete di proliferazione.

Gli Stati Uniti, attraverso diversi uffici e sovvenzionando alcune organizzazioni multilaterali, hanno cercato di minimizzare la minaccia. Insieme alla Russia co-presiedono ‘l’Iniziativa globale per combattere il terrorismo nucleare’, un’associazione costituita da 86 Nazioni che seguono i principi fondamentali di deterrenza, prevenzione, rilevazione del terrorismo nucleare e risposte obiettive. Fino a oggi, a collaborare con l’organizzazione figurano l’Algeria, la Costa d’Avorio, la Libia, il Madagascar, il Marocco, le Seychelles e lo Zambia.

Gli Stati Uniti, per il controllo del commercio strategico delle attività nucleari, hanno un programma di prim’ordine. Nel mese di agosto, hanno tenuto un seminario in Kenya sulla legislazione della gestione commerciale, sulla tecnologia a duplice uso e sulle armi convenzionali. Le sfide per la sicurezza nucleare sono chiare e l’Africa ha un ruolo da ricoprire.

I GRANDI PROTAGONISTI CHE GESTISCONO LA RICHIESTA DELL’AFRICA

La competenza africana sul nucleare è limitata, per cui stanno cercando un aiuto dall’estero per realizzare le loro ambizioni e questo include potenze occidentali come la Francia e gli Stati Uniti. Tuttavia, in Africa i veri protagonisti sono la Cina e la Russia, assieme ai loro seguaci fornitori di energia nucleare, statali e non.

Il coinvolgimento nucleare della Russia in Africa non è nuovo ed è in rapida espansione. Il presidente Vladimir Putin sembra essere il candidato al successo nell’espansione verso il nucleare del Sud Africa. Dopo la visita di Putin al Cairo nel febbraio 2015, è stato annunciato che la Russia costruirà la centrale nucleare dell’Egitto a Dabaa. Inoltre, la società energetica statale russa Rosatom, ha recentemente firmato un accordo con la Nigeria per costruire una centrale nucleare che sarà operativa nel 2025.

L’espansione complessiva della Cina in Africa negli ultimi dieci anni è a dir poco notevole e lo Stato asiatico ha usato questo slancio per farsi strada nel settore nucleare. Più di recente, la Cina e il Kenya hanno firmato un accordo per la costruzione della prima centrale nucleare nella Nazione dell’Africa orientale, che sarà operativa entro il 2025. Contemporaneamente all’accordo, la China General Nuclear Power Holding Corp ha stabilito che a febbraio darà avvio all’estrazione di uranio nella miniera di Husab di sua proprietà, nella Namibia centro-occidentale.

L’interesse della Cina e della Russia è legato alla proiezione del potere strategico e degli investimenti in Africa, ma è anche motivato dal desiderio di assicurarsi un accesso alle riserve di uranio. Insieme, Cina e Russia stanno infatti conducendo l’iniziativa per la sicurezza energetica globale, e allo stesso tempo, stanno consolidando le loro relazioni politiche e commerciali globali con i Paesi africani e i loro leader. Nonostante le sfide e le preoccupazioni a fronte dello sviluppo dell’energia nucleare, si aspettano che le loro centrali africane, da quelle in Egitto a quelle in Nigeria, raggiungano presto livelli operativi.

 

Scott Firsing è ricercatore in relazioni internazionali presso l’Università di Monash, Australia.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Articolo in inglese: ‘Despite Threats, Africa Is Looking to Nuclear With Russia and China’s Help
Questo articolo è stato precedentemente pubblicato sul sito TheConversation.com.

 
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