Restano gravi gli squilibri nella (malsana) economia cinese

Il ribilanciamento dell’economia cinese, dalla produzione al consumo, è davvero una realtà? O la preoccupazione principale rimane ancora l’enorme debito del Paese, con imprese statali quasi in bancarotta ed eccesso di capacità produttiva diffuso? Non è facile rispondere: data la nota inaffidabilità dei dati economici ufficiali della Cina, basandosi solo sui numeri ufficiali si rischia di arrivare a conclusioni sbagliate.

Per fare luce su questi problemi, Leland Miller e la sua squadra del China Beige Book International (Cbb) hanno interpellato migliaia di società e centinaia di banchieri cinesi ogni trimestre, per avere il polso reale della situazione economica.

Il Cbb, che raccoglie dati quantitativi e conduce interviste approfondite con i dirigenti cinesi, giunge spesso a dati completamente diversi/opposti rispetto a quelli ufficiali; ma non sempre. Una delle eccezioni sono stati i dati del primo trimestre del 2017: «I nuovi risultati del primo trimestre del China Beige Book mostrano un’economia sicuramente più forte rispetto a un anno fa, e con delle performance simili a quelli del trimestre precedente. Ma i problemi principali rimangono, e alcuni stanno peggiorando».

Parlando delle buone notizie, per mantenere la stabilità sociale il Partito Comunista Cinese deve assicurare a tutti i costi una disoccupazione molto bassa, e vi è in effetti riuscito nel primo trimestre: «A livello nazionale, il lavoro e la crescita degli stipendi sono rimasti costanti rispetto al trimestre precedente, ma il Partito probabilmente non sta dormendo sonni tranquilli, per quanto riguarda la tanto desiderata stabilità».

A non far dormire i pianificatori centrali, infatti, c’è il problema che solo le imprese statali stanno assumendo (sotto la direzione del governo) mentre quelle private hanno diminuito le assunzioni: «L’aumento dei posti di lavoro è rallentato nelle aziende private, lasciando le aziende statali al posto di guida nell’assicurare l’occupazione. Inoltre, l’aumento della forza lavoro è concentrata nei vecchi settori economici».

NESSUN RIBILANCIAMENTO

Un altro problema è che i funzionari cinesi hanno dato molto peso alla parola ‘ribilanciamento’ nell’ultimo decennio, riferendosi a varie politiche intese a spostare il fulcro dell’economia dall’industria pesante e le esportazioni, al consumo e ai servizi: «È una rivoluzione auto-imposta – aveva affermato il premier cinese Li Keqiang nel suo primo discorso dopo la nomina nel 2013 – Sarà molto doloroso, come tagliarsi un polso».

Ma in base agli ultimi anni di studi del Cbb, il ribilanciamento non è riuscito a materializzarsi nella realtà, rimanendo nel mondo della retorica.
E l’ultimo trimestre studiato non ha costituito un’eccezione: uno degli indicatori dell’ascesa del consumatore cinese, infatti è la vendita al dettaglio, e nel 2017 persino il dato ufficiale della crescita delle vendite al dettaglio è sceso sotto il 10 per cento, per la prima volta in vari anni. Si tratta comunque di un dato talmente alto che i mercati già sviluppati possono solo sognarsi, ma sta scendendo, e non salendo, come ci si aspetterebbe in uno scenario di ribilanciamento.

E i dati del Cbb suggeriscono che il settore della vendita potrebbe essere ancora più debole. Il comunicato infatti afferma: «I nostri risultati più estesi mostrano molto più che il semplice calo della crescita delle vendite. I profitti, gli investimenti, i flussi di capitale e l’impiego si sono tutti indeboliti […] Anche la crescita dei prezzi e degli stipendi è rallentata. I rivenditori hanno preso meno soldi in prestito, nonostante i tassi fortemente più bassi, cosa che indica mancanza di fiducia».

Un altro indicatore è il settore dei servizi. La Cina vuole passare dalla produzione di acciaio e di dispositivi elettronici ai servizi interni di alto livello, come le soluzioni finanziarie e le soluzioni software. Questo approccio migliorerebbe anche l’ambiente fortemente inquinato della Cina. Ma queste speranze sono «premature», secondo il Cbb: il settore manifatturiero è andato meglio di quello dei servizi in tutti gli aspetti, dalle vendite ai profitti, agli investimenti e ai prestiti.

NESSUN TAGLIO

Un altro importante elemento nel ribilanciamento è il taglio dell’eccesso di capacità industriale, specialmente quello relativo a carbone e acciaio: sono necessarie delle riforme tutte basate sul mercato, che richiederebbero alle compagnie che sono quasi in bancarotta di fermare la produzione di certi beni, di smettere di sprecare risorse e di porre fine al calo continuo dei prezzi.

Stando alle dichiarazioni ufficiali, la Cina sostiene di aver raggiunto l’obiettivo che si era posta per il 2016: tagliare 45 milioni di tonnellate di capacità di produzione per il ferro e l’acciaio, e 250 milioni di tonnellate di carbone.
Ma non è vero, secondo la relazione del Cbb: «I dati del China Beige Book mostrano che la capacità netta è aumentata in ogni sotto-settore per ognuno degli ultimi quattro trimestri». Questo significa che pur essendo vero che la Cina ha chiuso alcuni impianti, al tempo stesso ne sono stati costruiti una quantità ancora maggiore di nuovi.

Secondo la società di ricerca Capital Economics, i dati non tornano: «Se le aziende stanno davvero riducendo la propria capacità produttiva, allora una parte della loro forza lavoro non dovrebbe essere più necessaria e venire licenziata». Tuttavia, il livello di occupazione nei settori in eccesso di capacità produttiva è sceso solo del 5 per cento: molto meno del necessario per sostenere i dati ufficiali.

I dati di Cbb, raccolti sul terreno, contraddicono anche le dichiarazioni ufficiali circa le politiche di stretta finanziaria: quest’anno, infatti, la Banca Popolare Cinese ha aumentato leggermente i vari tassi di interesse nei confronti delle banche, portando a un aumento dei tassi di prestito interbancario. Gli analisti della Cina hanno di conseguenza concluso che la liquidità disponibile per i prestiti fosse minore in tutto il Paese.

Secondo Cbb, tuttavia, la stretta finanziaria ha riguardato solo il settore immobiliare, che potrebbe aver avuto un picco. Per tutti gli altri, le condizioni di prestito non sono variate: «Non c’è ancora stata [una stretta finanziaria, ndr], almeno non per le strade. Il costo del capitale è caduto senza freni in quest’ultimo trimestre per le banche, nel sistema finanziario ombra e nel mercato dei bond».

Articolo in inglese: Still No China Rebalancing

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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