Morte sospetta in Francia getta ombre sui cannabinoidi sintetici

Dagli anni ’60, chimici e biologi di tutto il mondo hanno intensificato i loro studi sul sistema endocannabinoide e sui cannabinoidi sintetici; queste ultime molecole imitano quelle prodotte dal corpo umano, così come quelle contenute nella pianta di marijuana, e vengono prodotte con la motivazione di migliorare lo stato di salute della popolazione.

Questo è risultato in un crescente numero di farmaci cannabinoidi prescritti per dolore, nausea, sclerosi multipla e diabete, e ha anche creato un commercio parallelo a livello globale di cannabinoidi sintetici, che mirano a rafforzare gli effetti psicotropi della marijuana, con gravi rischi per i consumatori, secondo i rapporti rilasciati lo scorso anno dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (Cdc) degli Stati Uniti.

Secondo alcune persone, la sperimentazione di queste molecole può andare avanti perché esercitano azioni «naturali» nel corpo umano, ma in realtà si sono dimostrate essere un rischio per la vita. Il 15 gennaio, il ministero della Salute francese ha spiegato che una molecola che agisce sui sistemi naturali e che aiuta a combattere il dolore, relazionata al sistema endocannabinoide, ha causato la morte cerebrale di una persona, mentre altri cinque hanno avuto gravi problemi neurovegetativi. Questo è avvenuto tre giorni dopo l’inizio della prima sperimentazione con dosi ripetute su persone sane.

Il noto biologo e chimico Raphael Mechoulam, ha spiegato che quello che viene definito come sistema endocannabinoide influenza sia il sistema nervoso centrale (Snc) che i processi periferici. Ha inoltre riferito che gli studi si stanno ora concentrando sul suo rapporto con «ansia, depressione, neurogenesi, sistema di ricompensa, cognizione, apprendimento e memoria», secondo una sua pubblicazione del 2012 sul Centro Nazionale per le Informazioni Biotecnologiche negli Stati Uniti.
Per far capire la complessità del sistema, Mechoulam ha sottolineato che «gli effetti sono a volte bifasici – dosi più basse provocano effetti che sono opposti rispetto a quelli osservati a dosi elevate» spiega lo scienziato, aggiungendo che molti composti sono stati identificati nel cervello, ma «solo pochi sono stati studiati per la loro attività nel sistema nervoso centrale».

Nel 1964, Mechoulam riuscì a isolare una forte sostanza psicoattiva che si trova nella pianta di cannabis, il delta-9-tetraidrocannabinolo, o semplicemente Thc. Circa venti anni dopo identificò due recettori distribuiti nel corpo umano nel sistema nervoso e nel sistema immunitario, mediante i quali l’organismo riceve e assimila i cannabinoidi, e genera quindi effetti che si traducono ad esempio nel livellare l’euforia e la depressione. Questi sono i recettori CB1 e CB2.

La sua scoperta ha consentito di trovare diverse molecole generate internamente dal corpo umano, che utilizzano questi stessi recettori, e che hanno effetti simili a quelli delle sostanze cannabinoidi della pianta di marijuana. Vengono chiamati endocannabinoidi, e i più conosciuti sono le molecole anandamide e 2-arachidonoilglicerolo (2-AG), più noto come 2-AG. I recettori CB1, CB2, e le molecole endocannabinoidi sono parte del sistema endocannabinoide.

Questo ha portato alcuni a sostenere, parlando dei nuovi farmaci in produzione, che la somministrazione di molecole sintetiche implichi un processo naturale, per il fatto che si legano ai recettori CB1 e CB2 del corpo umano.

AZIONE A CATENA DEI RECETTORI

L’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (Airc), spiega che le molecole agiscono soprattutto sul recettore CB1, diffusissimo nel cervello, specialmente nella corteccia cerebrale. «Ciò spiega gli effetti più comuni del fumare marijuana, fra cui l’euforia, la diminuzione dell’ansia e dello stress e un’aumentata interazione sociale, tutte funzioni legate alla corteccia frontale».

«Il 2-AG, in particolare, è un inibitore dell’eccitazione delle cellule nervose che agisce regolando la trasmissione neuronale a livello della corteccia cerebrale. L’anandamide, invece, agisce anche a lunga distanza dal luogo in cui viene prodotto ed è sostanzialmente un modulatore dello stress».

Sempre secondo la Airc, inoltre, grazie agli studi sul sistema endocanabinoide «è possibile, entro certi limiti, estrapolare le basi fisiologiche dell’azione della marijuana (in realtà del suo composto attivo Thc) sull’organismo, in particolare la sua azione antidolorifica (per via della regolazione degli stimoli elettrici a livello dei neuroni) e la sua capacità di far tornare l’appetito ai pazienti con nausea o con gravi patologie in fase terminale (funzione oressizzante)».

I tre tipi di endocanabinoidi, quelli prodotti dal corpo umano, quelli naturali (prodotti dalle piante come la marijuana) e i cannabinoidi sintetici, per produrre i loro effetti si legano tutti ai ricettori CB1 e CB2. Tuttavia non tutti i cannabinoidi hanno gli stessi effetti, dato che la loro azione si svolge con dinamiche ancora sconosciute.

Mentre il Thc della marijuana è un forte psicoattivo, il cannabidiolo (Cbd), altro cannabinoide ottenuto dalla cannabis sativa, ha «effetti sedativi, ipnotici, antiepilettici, antidistonici, antiossidanti, antinfiammatori».

L’Associazione medica italiana, in difesa del Cbd come farmaco, assicura che la sua somministrazione è priva «di effetti stupefacenti sul cervello», quindi è «in grado di interagire in modo positivo con i recettori del sistema cannabinoide endogeno». «Varie forme di cannabis medicinali hanno fornito nella maggioranza dei casi risposte positive in pazienti con diversi tipi di dolore: neuropatico, cronico, post-operatorio, in corso di fibromialgia, artrite reumatoide, sclerosi multipla e cancro», ha aggiunto l’Associazione. Che, tuttavia, nella sua relazione riconosce come  il recettore CB1, in particolare, produca una cascata di reazioni biochimiche responsabili anche di disturbi comportamentali. 

Attribuisce al sistema endocannabinoide effetti protettivi in caso di un trauma acuto o ictus, inoltre alcuni suoi squilibri possono produrre epilessia, o portare a malattie croniche neurodegenerative come il morbo di Parkinson, la sclerosi multipla di Huntington e la malattia di Alzheimer. Le cause del malfunzionamento del sistema endocannabinoide non sono ancora ben chiare.

I cannabinoidi endogeni «possono disciplinare stati di ansia e depressione, stati di sviluppo del cervello, dell’apprendimento e della memoria, il controllo dell’appetito e il controllo della dipendenza», spiega il gruppo Stop Cannabis, e questo funziona in modo sincronizzato, qualsiasi alterazione può avere effetti collaterali.

FAMACI CON CANNABINOIDI

Alcuni dei farmaci cannabinoidi contengono estratti vegetali di cannabis sativa, come il Bedrocan Bedrobinol e bediol. Hanno cannabinoidi anche medicinali come Sativex: Thc 27 mg/mL, cannabidiolo-Cbd 25 mg/mL; Marinol: dronabinol (trans-D9-Thc); Cesamet: nabilone.

Lo spray sublinguale (Sativex) è autorizzato per il trattamento del dolore neuropatico nei malati di Sclerosi Multipla e del dolore intrattabile nei pazienti oncologici, riporta Pagine Mediche.

A sua volta, la Food and Drug Administration statunitense raccomanda il farmaco delta-9-THC, cioè la marijuana come uno «strumento efficace per contrastare i disturbi legati al cancro e gli effetti collaterali delle chemioterapie», secondo quanto ha riportato la Iarc. Questo Thc può essere assunto per via orale o per inalazione (attraverso il fumo di marijuana o spray), ma dato che quando viene ingerito «il Thc viene elaborato dal fegato e gli effetti psicoattivi sono più marcati rispetto alla semplice inalazione, a fini terapeutici [la somministrazione, ndr] viene effettuata preferibilmente attraverso il fumo o per inalazione e meno frequentemente per via orale».

EFFETTI COLLATERALI

Numerosi cannabinoidi sintetici circolano anche tra la popolazione, e sono stati sperimentati dai consumatori di psicofarmaci. La ricerca medica ha scoperto che producono «agitazione (nel 35 per cento dei consumatori), tachicardia (29 per cento), sonnolenza o letargia (26 per cento), vomito, e confusione», informa il Cdc negli Stati Uniti, oltre a casi di morti, come descritto nel rapporto.

A essere pericolosi però non solo gli effetti dei cannabinoidi sintetici che imitano a quelli del corpo umano e delle piante, ma anche la stessa cannabis, come la ‘skunk’, una combinazione più forte responsabile del 25 per cento dei pazienti con psicosi che esistono oggi in Inghilterra, secondo uno studio pubblicato dal King’s College di Londra.

Altri effetti collaterali della marijuana e dei suoi cannabinoidi sono l’alterazione dei neuroni nelle aree del cervello che regolano la dipendenza, e a lungo termine causano danni cerebrali nella regione corrispondente alle funzioni della memoria e dell’apprendimento, secondo uno studio della dottoressa Jodi Gilman, ricercatrice presso il Centro Generale di Medicina per le Dipendenze nel Massachusetts. Questi effetti sono più evidenti in chi inizia a consumarla prima dei 16 anni.
Inoltre, uno studio del Murdoch Research Institute of Australia relaziona questa droga a molti casi di schizofrenia.

L’utilizzo di cannabinoidi, secondo ulteriori studi, è fortemente correlato a un aumento del numero di persone con problemi penali, e con denunce di donne secondo le quali queste sostanze provocano sentimenti instabili e deterioramento nelle relazioni.
Gran parte dei medici consiglia perciò, ai pazienti che chiedono il trattamento con cannabinoidi, di valutare anche altre alternative che abbiano meno effetti collaterali, come l’agopunura e la meditazione: hanno un costo minore per la società, e sono state integrate con successo in diversi programmi di salute.

MORTE CEREBRALE

Il 15 gennaio il governo francese attraverso il Ministero della Salute ha riferito che in relazione alla prima sperimentazione di un farmaco definito come «una molecola» che agisce sul sistema endocannabinoide, si è verificato un «incidente di eccezionale gravità nel contesto di un test» di «una molecola».

Questo ha causato la morte di una persona che era in buona salute prima della sperimentazione, e ne ha lasciate altre cinque ricoverate in gravi condizioni con ripercussioni neurologiche. L’indagine è in corso.

La National Security Agency dei medicinali (Ans) ha autorizzato il 26 giugno 2015, nel laboratorio Biotrial a Rennes, in Francia, la prima sperimentazione (Fase 1) negli esseri umani di una nuova molecola sviluppata da laboratorio BIAL, un gruppo farmaceutico portoghese. Il Ministero della Sanità ha riferito che si trattava di una molecola «destinata a trattare i disturbi dell’umore e d’ansia e malattie neurodegenerative».

Le autorità francesi hanno giustificato l’autorizzazione del farmaco osservando che «in questa fase, le indicazioni su un medicamento sono molto generali […] è una molecola che agisce sui sistemi naturali che aiutano a combattere il dolore, si chiama sistema endocannabinoide».

Probabilmente un cannabinoide sintetico che imita un endocannabinoide, dal momento che hanno scartato che si trattasse di molecola di marijuana o suoi derivati.

Il 7 gennaio 2016, la molecola dello studio clinico è stata somministrata ripetutamente negli alimenti a 90 persone, in dosi variabili e differenti. Dal 10 gennaio hanno cominciato ad arrivare in ospedale pazienti con gravi problemi neurologici. Almeno sei persone sono state colpite. Il laboratorio ha interrotto la sperimentazione l’11 gennaio e il Ministero della Salute ha annunciato il 15 gennaio che «uno dei pazienti è in condizioni critiche, considerato dai medici in stato di morte cerebrale».

*Immagine shutterstock

 
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