‘Morte al Partito’, la parola più censurata su WeChat in Cina

Un recente rapporto ha riscontrato che le parole più censurate su WeChat cinese, nota app che unisce messaggistica, blogging e piattaforma social, sono legate al Partito Comunista Cinese.

Citizen Lab, un gruppo di ricerca di Toronto che analizza gli effetti delle scelte politiche nel cyberspazio, tra giugno 2014 e marzo 2015 ha scaricato oltre 36 mila messaggi da WeChat e ha analizzato le cancellazioni dei messaggi dovute alla censura cinese.

Ecco alcune delle parole chiave più censurate: ‘Morte al Partito’, ‘Bo Xilai’, un importante funzionario cinese caduto in disgrazia, ‘mantenimento della stabilità’, tipica espressione utilizzata dal regime cinese per giustificare la repressione, ‘libertà di stampa’ e ‘Zhou Yongkang’, noto funzionario cinese da poco condannato all’ergastolo per corruzione.

I risultati, pubblicati il 20 luglio, mostrano che il popolo cinese rimane attento alle questioni politiche sensibili. Ci sono «elementi di prova secondo cui i filtri di revisione automatica impediscono la pubblicazione di post con alcune parole chiave nella lista nera. Gli esempi includono il ‘4 giugno’, la parola ‘principino’ e le parole chiave relative al ‘Falun Gong’», si legge nel rapporto. È evidente che quindi il movimento per la democrazia del 1989 e l’attenzione verso il Falun Gong, una disciplina meditativa perseguitata dal regime cinese dal 1999, sono temi caldi.

Già nel 2013 WeChat si era fatta conoscere per la censura della parola chiave ‘Falun Gong’. Se in Cina si digitava questa parola chiave utilizzando una connessione vpn o normale, ecco la risposta: «Il tuo messaggio non può essere inviato a causa delle politiche, delle leggi e dei regolamenti locali». Wechat si era scusata affermando che era solo un inconveniente tecnico, ma la situazione rimane. Attualmente anche ‘Li Hongzhi’, il fondatore del Falun Gong, è una parola chiave censurata su WeChat.

Secondo il rapporto, WeChat viene considerato pericoloso dal regime perché gli utenti possono parlare in piccole stanze, private, con la possibilità di pubblicare contenuti video, registrazioni e immagini. Per gli utenti di Wechat questo è meno rischioso «soprattutto se confrontato con la portata molto più ampia di Weibo, dove il messaggio di un singolo utente potrebbe rimbalzare in modo imprevedibile attraverso la piattaforma decine di migliaia di volte in pochi minuti».

Tra le altre parole chiave censurate ci sono ‘Deng Xiaoping’ e il suo alleato riformatore ‘Hu Yaobang’, ‘Ling Jihua’, l’ultima tigre finita dietro le sbarre e infine ‘Xu Caihou’, vicepresidente della Commissione militare centrale, vittima della campagna anticorruzione di Xi Jinping.

La ricerca ha stabilito anche che i post vengono censurati anche per spam, ma in misura notevolmente ridotta.

Il rapporto ha comunque precisato che i risultati potrebbero essere sovrastimati o sottostimati. Il primo motivo può essere ricondotto al fatto che sono stati presi in considerazione 48 utenti già noti per i loro post sensibili e altre persone note che promuovono molto del loro contenuto. Ma dal momento che lo studio non ha preso in considerazione i post rimossi entro mezz’ora dalla pubblicazione, la censura potrebbe essere molta più alta.

Citized Lab ha sottolineato che questa ricerca è solo il primo tentativo per capire il tipo di contenuto sensibile e saranno quindi necessarie ulteriori ricerche.

Immagine di WeChat fornita da Shutterstock

 
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