Mondiali di sci alpino, Ghedina: Paris e Fill i favoriti per la discesa

Sono iniziati i campionati Mondiali di sci alpino. Dal 6 al 19 febbraio, a Saint Moritz, in Svizzera, 600 atleti di 70 Paesi sono a caccia di una medaglia in una delle cinque discipline in programma: slalom speciale, slalom gigante, supergigante, combinata e discesa libera. La squadra azzurra sarà al via della rassegna iridata con 24 sciatori, 13 in campo maschile e 11 in campo femminile, candidandosi per giocare un ruolo da grande protagonista soprattutto nelle discipline veloci, dopo le eccezionali prestazioni, a gennaio, in Coppa del Mondo.

Su tutte, spicca la vittoria nel tempio dello sci mondiale (Kitzbuhel) di Dominik Paris, che ha bissato il successo dello scorso anno di Peter Fill, che questa volta ha chiuso al quarto posto; ma il vincitore della Coppa di Specialità della scorsa stagione si è subito rifatto la settimana successiva salendo sul podio nelle due discese di Garmisch, che lo hanno proiettato in testa alla classifica della Coppa di discesa anche quest’anno.

L’ex asso della discesa azzurro, Kristian Ghedina, che proprio a Kitzbuhel ha ottenuto uno dei suoi più importanti successi della sua carriera, ha commentato la recente vittoria di Paris nella disciplina regina in prospettiva dei campionati del mondo.

Primo Paris, quarto Fill, per il secondo anno consecutivo sulla Streif è stato un trionfo azzurro…

Quest’anno pensavo che Innerhofer, galvanizzato dal secondo posto ottenuto al suo rientro alle gare nel difficilissimo supergigante del giorno prima, potesse fare una buona prova; anche perché la pista era molto ghiacciata e lui va molto bene sul ghiaccio: stava sciando bene e poi ha fatto un errore all’uscita della Steilhang [spettacolare doppia curva con uscita in contropendenza che portano gli sciatori a sfiorare le reti di protezione, e a volte anche a sciarci sopra, ndr].
Paris, invece, mi è piaciuto un sacco, perché è partito bene a inizio stagione, poi ha avuto un calo, comunque prevedibile, e quando tutti si aspettavano Peter Fill, che è andato bene nella prima prova cronometrata, è uscito lui sciando alla grande.
Paris ha una grande potenza, una grande forza e quella ‘cattiveria’ necessaria, soprattutto, in una pista molto ghiacciata come quella di quest’anno.

Chi sono gli azzurri favoriti per la discesa mondiale?

Dominik Paris, Peter Fill e subito dopo Innerhofer; per quest’ultimo molto dipende da come sarà preparata la pista, perché va molto bene sul ghiaccio ma fa più fatica anche se la neve è compatta ma non ghiacciata. Invece, Paris e Fill hanno dimostrato di possedere le qualità per arrivare sul podio.

[Innerhofer si è ritirato per via del dolore connesso alla frattura del perone; l’intervista è stata condotta prima di questa notizia ndr]

Cosa consiglieresti ai discesisti italiani?

Innanzitutto bisogna sperare che ci sia bel tempo, perché lì manca il bosco. Poi, dico sempre di non pensar troppo a quello che si è fatto e di affrontare la singola gara e dare il massimo, dimenticandosi di tutti e di tutto quello che si è fatto prima. Perché quando inizi a pensare di aver fatto qualche buon risultato e che tutti ti aspettano, e sei convinto di poter far bene, la pressione aumenta in modo esagerato, e può portarti a sbagliare più facilmente. Comunque tutto questo è facile da dire e difficile da mettere in pratica e ognuno deve trovare il proprio metodo per cercare di scaricare la tensione.

Come ci si prepara a questi appuntamenti?

É difficile. Non ho mai capito qual è il metodo giusto. Ho sempre preso gara per gara cercando di dare il massimo. Magari la preparazione viene un po’ impostata al fine di arrivare nella forma migliore nel periodo del mondiale. Però non è matematica, perché possono capitare infortuni o di esagerare con i carichi di lavoro. È chiaro che se vieni da un periodo di risultati costantemente al top, viene tutto più facile. Tuttavia può succedere come a Giorgio Rocca: era arrivato alle olimpiadi del 2006 dopo una serie di vittorie in slalom con la carica emotiva alle stelle; tutti si aspettavano la sua vittoria e ha sbagliato.

Dal punto di vista tecnico com’è la pista di discesa di St. Moritz?

Nella parte iniziale bisogna essere bravi ad essere sciolti e a lasciar correre. Poi nella parte centrale e giù fino all’arrivo ci sono abbastanza cambi di pendenza. Lì diventa fondamentale il tempismo, perché ci sono molti dossi e quando ne sbagli uno diventa difficile riprendere la velocità.

Chi saranno i principali avversari?

Sempre i norvegesi, però più Jansrud che Kilde, poi anche i francesi.

E gli austriaci?

Per loro è stata una batosta mica da ridere sulla Streif [ride ndr] Forse è in atto un cambio generazionale nella squadra austriaca di discesa. Anche tra il 95 e il 97, pur avendo Fritz Strobl che non era male, si parlava di crisi per i discesisti austriaci. Sono periodi… quelli della generazione che andava forte entrano nei camerini e i giovani si devono fare.

E gli svizzeri partiranno avvantaggiati se, come si dice, si sono preparati sul tracciato di gara?

Potrebbero essersi allenati sul percorso, perché il regolamento lo permette… Sicuramente sarebbe un buon vantaggio per loro, soprattutto emotivamente e, se a causa di condizioni meteorologiche avverse il giorno prima della gara si potesse provare la pista solo una volta, aver avuto la fortuna di fare quattro, cinque o sei prove nella pista mondiale quindici giorni prima dell’evento aiuta tantissimo.

Sostieni che se c’è un discesista azzurro in grado di insidiare il tuo record di vittorie, quello è Paris. Perchè?

Mi piace perché è molto tranquillo, con i piedi per terra e ha una grande grinta, che da sempre considero la cosa più importante per un atleta… è uno che spinge sempre. Credo che questo atteggiamento mentale sia fondamentale per ottenere il risultato, più del fare le discese cercando di sciare bene ascoltando lo sci. Ha delle caratteristiche simile alle mie, con il vantaggio forse di essere po’ più alto di me e di pesare sui cento chili, contro i miei 85 di quando correvo.

Quanto aiuta il peso in discesa libera?

Aiuta fino ad un certo punto. Una massa più grande è più lenta a prendere velocità, che però potresti portare fino all’arrivo. Ma se sbagli, e andando lungo in curva devi mettere gli sci di traverso, sei anche più lento a riguadagnare velocità; inoltre, in curva più aumenta il peso più aumenta la forza centrifuga e quindi devi anche essere più preparato fisicamente: ma anche se ti alleni tanto, il corpo umano comunque è fatto per sopportare carichi fino a un certo punto. Sono convinto che se un discesista pesasse 180 chili, come un giocatore di football americano, non so quanto potrebbe essere avvantaggiato, perché se curvando non sopporti la forza che crea tutto quel peso, vai fuori o vai lungo e sei costretto a mettere gli sci di traverso. Sono convinto che, in discesa libera, il peso limite sia sui cento chili.

Come vivi questi successi degli italiani?

Da una parte sono contento, per loro e perché portano in alto il nome dell’Italia. Dall’altra parte mi dispiace, perché non posso essere li a combattere con loro e poter dire anch’io la mia. Anche se ho già fatto il mio, mi piacerebbe confrontarmi ancora. Comunque a tutto c’è un tempo e gli anni passano per tutti. Non si può fare l’atleta fino a cento anni. Oppure puoi farlo, ma devi confrontarti con i tuoi coetanei.

Cosa ti manca di più di quando gareggiavi?

Mi manca la competizione, le gare, la discesa, mettermi in gioco su dei percorsi duri in discesa, dove c’è pericolo. Ho sempre amato il rischio, il pericolo, le emozioni forti, e la discesa provocava sensazioni molto estreme. Non la posso più fare perché, come per tutti gli sciatori che dopo una certa età cominciano a mettere un cerotto qua e là e sono tutti a pezzi, sono sforzi esagerati. Siamo delle macchine da competizione, sfruttate, spinte: più passano gli anni più la metti sotto pressione e più c’è il rischio che si spacchino.

Perché in testa alle classifiche di slalom ci sono sempre più o meno gli stessi atleti e invece in discesa gli esiti sono molto più incerti?

Le componenti in discesa sono diverse e un po’ di più rispetto allo slalom. Per poter andar forte c’è una combinazione di fattori come la pista, lo stato di forma. Le caratteristiche di certe piste si adattano più a un atleta piuttosto che ad un altro: certi prediligono i tratti tecnici, altri quelli scorrevoli, alcuni entrambi. Inoltre conta molto il materiale, gli sci, anche se non è così importante come può essere la macchina nell’automobilismo. In discesa libera è tutto più variabile. Ad esempio, in slalom se c’è la buca non puoi andare sul palo perché ti scarica, mentre nella discesa se la pista si deteriora, si rovina, è molto più interpretabile, si possono fare diverse linee; e anche se sei bravo a sfruttare le condizioni della pista e il tuo stato di forma, non è detto che la tua linea, che tu pensi sia la migliore, sia quella più veloce, mentre nello slalom è quella e basta perché: se la cambi rischi di saltare la porta. In certi passaggi la discesa lascia molto spazio alla creatività.
Mi ricordo che quando ho vinto a Chamonix, nel 97, nella prima prova ho fatto una linea tutta mia contro la volontà degli allenatori, e ho fatto un tempone: si trattava di arrivare più dritti poco prima di un salto; anche se perdevi qualcosa prima per fare quella linea, dopo ne usufruivi dei benefici in un tratto di pista dove dovevi portar fuori velocità. Quella volta gli austriaci hanno studiato la mia linea e il giorno della gara si sono accorciati i distacchi rispetto al giorno della prova perché loro guardando il video hanno copiato la mia stessa linea. Comunque ho vinto lo stesso.

Cortina, la tua città, ospiterà i mondiali del 2021, tu sei testimonial dell’evento, sai già come sarà la nuova pista di discesa libera?

Sicuramente sarà una bella pista. Partirà un po’ più in su di dove partono adesso le donne, per raggiungere il dislivello richiesto. Diventerà una pista diversa, nuova, molto tecnica nella parte centrale, normale la parte iniziale e poi con un po’ di scorrimento nel finale. La parte centrale sarà quella dove bisognerà sciare bene. Poi, sai, sul difficile sbagliano un po’ tutti, invece è sulla parte facile che bisogna cercare di non sbagliare, perché sul facile un minimo errore lo paghi molto di più.

 
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