Milan, se il mancato ‘closing’ non è un male che nuoce

Closing o non closing, questo è il problema. Dopo tanti rinvii e proroghe, Fininvest non ha ancora ricevuto dalla Sino-Europe Sports (Ses) la somma definitiva di 100 milioni che sancirebbe il passaggio definitivo di proprietà del Milan di Silvio Berlusconi ai cinesi. Alcuni (decisivi) imprevisti hanno fatto slittare più volte il termine ultimo della transazione e, al momento, l’imprenditore Yonghong Li rimane l’unico possibile investitore. Entro questa fine settimana, riporta il Corriere dello Sport, il Milan vuole una risposta dalla Ses, altrimenti salta la trattativa.

Ma in realtà la vera trattativa è già saltata. Infatti dietro al fondo Ses (che è il nome ‘di facciata’ tramite il quale il regime cinese ha iniziato la trattativa con Fininvest) oltre all’unico imprenditore del quale si conosce il nome, Yonghong Li, al momento del pre-accordo iniziale c’erano due grandi colossi statali cinesi.
In parole povere c’era lo Stato cinese (cioé il Partito Comunista Cinese) che, tramite la State Development & Investment Corporation (Sdic), controllava la società Haixia Capital, che a sua volta controllava il gruppo Huarong (scatole cinesi, è proprio il caso di dire).
Questi due gruppi apparivano nella lista presentata dalla Sino Europe al Milan al momento dell’accordo, e avrebbero dovuto essere i futuri principali investitori del Milan. Di fatto, in questo modo il Milan sarebbe diventato a tutti gli effetti di proprietà statale cinese.

In un articolo di agosto 2016, il Sole24ore ha scritto che senza la presenza di Haixia Capital a fare da garante nell’operazione di acquisto del Milan, i tifosi rossoneri avrebbero dovuto «veramente preoccuparsi».

A oggi pare che, nella transazione di acquisto del Milan, secondo quanto riporta Bloomberg, Haixia Capital non ci sia più. Questo perché, secondo i media cinesi, Pechino ha da poco introdotto nuove politiche per evitare che i capitali escano dal Paese. La Sdic ha lasciato quindi da solo l’imprenditore Yonghong Li, e questo è stato il motivo del ritardo nei pagamenti: la Sino-Europe Sports ha perso completamente il supporto finanziario statale.
A conferma di questo, si è visto che i capitali arrivati finora nelle casse del Milan provengono esclusivamente da Hong Kong. Non c’è mai stato quindi alcun coinvolgimento del governo di Pechino.

A questo punto è difficile che la trattativa continui, quando si sa poco e nulla del nuovo probabile acquirente Yonghong Li. Ed è difficile che lo stesso Yonghong Li riesca a concludere l’affare da solo senza più l’appoggio fondamentale del regime, salvo ripensamenti all’ultimo da parte di Haixia, che potrebbe decidere di continuare (anche se in misura decisamente minore) a fare da sostegno a Ses.

Per molti, il fatto che non ci sia più Haixia Capital dietro la trattativa, è un vero e proprio fallimento nonché grande motivo di preoccupazione. Ma in realtà, considerata l’attuale situazione politica cinese, anche se un personaggio dalla reputazione controversa come Yonghong Li dovesse realmente riuscire a consegnare da solo la somma restante per il closing, tra quelli che potevano accadere al Milan di Berlusconi sarebbe veramente uno dei mali minori.

I tifosi del Milan potrebbero lecitamente ‘preoccuparsi’ se il Milan finisse nelle mani di uno poco conosciuto come Yonghong Li. Ma, al contrario di quello che si potrebbe pensare, avrebbero dovuto «veramente preoccuparsi» solamente nel caso in cui la transazione tra Sdic (con Haixia e Huarong) e Fininvest avesse avuto esito positivo. Perché Sdic avrebbe messo il futuro del Milan in cassaforte solo apparentemente.

Questo perché, attualmente, quando si parla di affari con il governo cinese, si dovrebbe tenere anche in conto con quale dei ‘due governi’ cinesi si sta trattando e di quali sono i reali interlocutori cinesi. Da qualche anno, è infatti in atto in Cina, da parte del presidente Xi Jinping, una dura guerra anti-corruzione che si combatte nell’ambito di una feroce lotta tra fazioni opposte all’interno del Partito Comunista Cinese stesso.

In questo conflitto di potere, Xi Jinping sta declassando tutti i funzionari corrotti appartenenti alla fazione degenerata dell’ex leader del regime Jiang Zemin, sotto il cui mandato, nel 1995, è nata proprio la Sdic; e sotto il cui mandato, nel 1999, è stata lanciata una crudele persecuzione, su vasta scala (100 milioni di persone in tutta la Cina), nei confronti della disciplina spirituale Falun Gong.

Jiang Zemin è già stato denunciato per questo sia in Cina che in altri Paesi per crimini contro l’umanità. Gli apparati ed ospedali militari cinesi citati nella nota indagine dell’avvocato canadese David Matas, accusati dell’orrendo crimine di prelievo forzato di organi (ai danni dei prigionieri di coscienza e a benefico del mercato nero dei trapianti) sono di fatto ancora gestiti dalle mani insanguinate e dalla fazione oscura dell’ex leader del regime Jiang Zemin. Il Parlamento Europeo e altri Paesi tra cui l’Italia, si sono mossi da tempo in tal senso emanando leggi nei loro Paesi per cercare di porre fine a questa atrocità.

Tornando agli ‘affari’, nel 2014 il presidente della Sdic Yu Jianping è stato indagato per sospetti trasferimenti in tangenti alle autorità di regolamentazione dell’energia.
C’è quindi un tentativo da parte di Xi Jinping di combattere la corruzione all’interno del Partito con vere e proprie ‘purghe’ nei confronti dei funzionari ‘ex-tigri’ del regime nonché ex guardaspalle di Jiang Zemin. Proprio per questi suoi sforzi, Xi è stato anche oggetto di più tentativi di colpo di Stato falliti, operati dalla fazione di Jiang.

Liu Tienan, in passato uno dei massimi funzionari economici della Cina, era una di queste ex-tigri di governo: ha lavorato per una filiale di Sdic, ed è stato destituito e condannato all’ergastolo a dicembre del 2014 per corruzione.
In qualità di direttore dell’Amministrazione Nazionale dell’energia, Liu Tienan aveva aiutato il gruppo di Jiang ad accumulare enormi ricchezze tramite il controllo dei prezzi petroliferi. A sua volta, Liu Tienan, aveva stretti rapporti con Zeng Qinghong, ex potente burocrate del Partito ed ex spalla di Jiang Zemin.

Anche se molti di questi funzionari corrotti  ̶  posizionati in punti strategici della piramide di potere del regime proprio dall’ex leader Jiang Zemin  ̶  hanno già smesso di operare, la guerra alla corruzione di Xi Jinping è ancora in corso, proprio perché Jiang Zemin sta ancora controllando diverse importanti istituzioni governative da dietro le quinte.

Alla luce di questa a dir poco complicata situazione, fare affari nella Cina odierna è dunque ancora altamente rischioso. Proprio per via dell’esistenza di questa crepa nel Partito, e soprattutto perché una delle due fazioni, quella di Jiang, appare destinata a cadere in disgrazia. Se il Milan, o qualsiasi altra società dovesse cominciare a essere gestita dal denaro sporco di una di queste ‘tigri di Jiang’, è ragionevole immaginare che il futuro della società non si prospetterebbe affatto roseo.

Questo non sembra essere il caso di Yonghong Li, che risulta un normale investitore privato. Ma il rischio di incappare in uno di questi personaggi corrotti diventerebbe molto più alto, se nella trattativa partecipasse direttamente il regime cinese con Sdic, Haixia Capital e Huarong.

 
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