Medicina di genere e diversità di trattamento

Oggigiorno la medicina ha constatato la diversità tra uomo e donna dal punto di vista non solo genetico-costituzionale, ma anche nella terapia e nella prevalenza di alcune malattie rispetto ad altre, tanto che è nata la medicina di genere.

Per approfondire il ruolo della medicina di genere e le principali differenze terapeutiche tra uomo e donna, Epoch Times ha intervistato la dottoressa Chiara Bocci, specialista in radioterapia oncologica, responsabile dell’ambulatorio di medicine integrate in oncologia presso gli Istituti Clinici Scientifici Maugeri di Pavia e vicepresidente dell’Associazione di ricerca in terapie oncologiche integrate.

Cos’è la medicina di genere e di cosa si occupa?

La Medicina di genere studia la differenza tra i sessi di alcune malattie. Gli studi stanno evidenziando che non solo l’incidenza, ma anche manifestazioni cliniche, prognosi, progressione e risposta alla terapia hanno caratteristiche diverse nell’uomo e nella donna.

Quali sono le principali differenze tra uomo e donna da un punto di vista terapeutico generale?

Molti parametri fisiologici, tra cui altezza, peso, percentuale di massa magra e grassa, quantità di acqua, pH gastrico, velocità del metabolismo epatico o di estrusione delle sostanze. Questo condiziona la farmacocinetica (l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’eliminazione dei farmaci) e la farmacodinamica (cioè gli effetti del farmaco sull’organismo).

Esistono altre differenze di genere ?

Moltissime: uomini e donne hanno un assetto genetico e ormonale differente. Un ruolo di spicco che sta alla base delle differenti sensibilità a sviluppare malattie sarebbe svolto in particolare dal cromosoma X, che presenta diversi geni direttamente coinvolti nelle risposte immunitarie.
Anche gli ormoni sessuali si crede che svolgano un certo ruolo. La prolattina, ad esempio, è un ormone tipicamente femminile e ‘immuno-stimolatorio’. Poi gli estrogeni, che prevalgono nella donna, hanno una capacità generale di immuno-stimolazione, mentre gli androgeni, tipicamente maschili, di immuno-depressione.

Altri fattori sono l’ambiente e lo stile di vita. Si ritiene ad esempio che alcuni cosmetici possano avere un ruolo nel rischio di incidenza di alcune malattie autoimmuni. Le donne fanno meno attività fisica degli uomini e questo potrebbe determinare una maggiore presenza di citochine infiammatorie, responsabili della maggior presenza nelle donne anche di malattie infiammatorie.
Per quanto riguarda il fumo, ci sono più fumatori tra gli uomini, ma la donna presenta un rischio maggiore di ammalarsi di cancro del polmone, sebbene la prognosi sia migliore.
Per continuare, le donne consumano più farmaci, sono quindi più soggette alle loro reazioni avverse.

Inoltre, la sede o la manifestazione clinica delle malattie può essere differente. Ad esempio il cancro del colon nella donna è localizzato più frequentemente nel colon ascendente, comporta inizialmente meno sintomi ma in seguito si manifesta con caratteri di urgenza.  

Quali sono le malattie più facilmente riscontrabili nei due generi?

Nel maschio esiste una maggiore incidenza di infezioni, mentre le donne sopravvivono maggiormente alle infezioni gravi come la sepsi (ma meno ad altre come l’Hiv).

Inoltre, le donne soffrono maggiormente di malattie infiammatorie e autoimmuni, il rapporto maschio-femmina può arrivare fino a 9 a 1, mentre gli uomini sono più a rischio di sviluppare una malattia oncologica. Il genere femminile è più soggetto a patologie di carattere psichiatrico e alla depressione, che è meno frequente negli uomini. Inoltre, una malattia che colpisce prevalentemente le donne è l’osteoporosi, sebbene costituisca una minaccia anche per gli uomini, che hanno una scarsa consapevolezza di questo rischio. 

Quali differenze si riscontrano nello sviluppo del cancro tra uomo e donna?   

Le analisi riportate in cinque Paesi dall’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro documentano una disparità universale tra i due generi. Gli uomini si ammalano maggiormente di cancro rispetto alle donne e questo rapporto non è specifico di una particolare Paese, popolazione o regione. Trentadue tipi di cancro su trentacinque (fanno eccezione i tumori sesso specifici come il carcinoma dell’utero, della mammella, della prostata eccetera), si manifestano più frequentemente nei maschi, escludendo il cancro alla tiroide, all’ano e la colecisti.

La minore suscettibilità della donna è in parte spiegabile con la doppia presenza del cromosoma X, in cui risiede il maggior numero di geni preposti all’immuno-sorveglianza e anche la maggior presenza di microRNA, sempre implicati nell’immuno-regolazione.

Anche gli ormoni sessuali hanno un ruolo differente: immuno-stimolazione nella donna e immunodepressione negli uomini.

Per quanto riguarda la ricerca oncologica, è risaputo che nei trial clinici siano impiegate poche donne.

Dal 1977 la Food and Drug Administration americana ha escluso la presenza femminile dagli studi. La maggior parte della ricerca preclinica e clinica quindi è stata condotta sul genere maschile e i risultati ottenuti sono stati traslati e applicati al genere femminile.

Come mai?

Negli animali da esperimento la femmina viene preservata in quanto genera la prole e quindi dal punto di vista del costo/beneficio il maschio è sacrificabile con un minor costo. Inoltre, dal punto di vista clinico probabilmente si vuole evitare il rischio di sviluppare anomalie nel feto nella donna sana oppure evitare di introdurre errori, viste le modificazioni che gli ormoni femminili possono indurre ad esempio sul metabolismo epatico in modo differente secondo la fase del ciclo mestruale.

Quello che è successo e che ancora succede è che qualora compaia eccessiva tossicità da un trattamento chemioterapico, la dose e lo schema vengono adattati al caso clinico e al genere femminile.

Attualmente molti organismi nazionali come l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e l’Agenzia italiana del farmaco, oppure altre internazionali come l’Organizzazione mondiale della Sanità e l’Onu, raccomandano attenzione nell’arruolamento per la sperimentazione preclinica e clinica, inserendo in modo equilibrato entrambi i generi nei protocolli sperimentali.

Chiara Bocci, specialista in radioterapia oncologica, responsabile dell’ambulatorio di medicine integrate in Oncologia presso l’Istituto scientifico Maugeri di Pavia e membro dell’Associazione di ricerca in terapie oncologiche integrate.

Per quanto riguarda la chiemioterapia, quali differenze di genere esistono?

Poiché i farmaci chemioterapici sono stati testati prevalentemente sul genere maschile, nelle donne si osserva una differente risposta terapeutica e tossicità. Comunque, le differenze di genere in termini di cura delle neoplasie, anche se riconosciute, sono sottovalutate e non approfonditamente studiate. Per migliorare l’attività e l’efficacia del farmaco, riducendo la tossicità, è necessario quindi migliorare le conoscenze per personalizzare il trattamento chemioterapico e le terapie biologiche in base al genere.

Quali saranno secondo lei gli sviluppi futuri della medicina di genere?

Oggigiorno tutta la medicina andrebbe insegnata e applicata in modo genere-specifico. I progressi in questo campo porteranno non solo a un approccio terapeutico individualizzato ma, verosimilmente, a fare screening e prevenzione differente per i due generi.

 
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