Diritti umani in Cina. Fermare il genocidio contro il Falun Gong

«Mai più». Spesso queste parole vengono pronunciate dopo che è stata commessa un’atrocità che va oltre la comprensione dell’uomo. È un’espressione che gli americani hanno utilizzato dopo la scoperta delle barbarie indicibili della Germania nazista e anche come grido di battaglia dopo l’11 settembre. L’indignazione è ormai svanita, ma ancora una volta ci si trova inspiegabilmente a pronunciare queste amare parole: una terribile malvagità è davanti a tutti noi e viene da chiedersi se abbiamo veramente imparato la lezione dalla Storia.

La vicenda vede come protagonista Yolanda Yao, una trentunenne della Baia di San Francisco che viveva come una qualunque studentessa universitaria: frequentava un dottorato di ricerca in studi ambientali presso l’Università Normale di Pechino e la vita procedeva tranquilla. Ma nel pomeriggio del 23 ottobre 2011 questo senso di normalità è andato irrimediabilmente perduto, infrangendo sogni e speranze.

Quel giorno, Yolanda ha raccontato che lei e altri tre colleghi universitari erano a pranzo a casa di amici. Improvvisamente sono stati arrestati dalla polizia e portati al commissariato del Distretto di Changping Dongxiaokou di Pechino, dove è stata sottoposta a più di 12 ore di implacabili interrogatori. Yao è stata poi trasferita al centro di detenzione di Pechino del Distretto di Changping e chiusa in una cella con venti altri prigionieri. Il motivo: si rifiutava di rinunciare al suo credo.

Yolanda pratica un sistema di meditazione per la mente e il corpo chiamato Falun Gong. Questa disciplina spirituale è composta da cinque esercizi, lenti e delicati, e da un insegnamento morale fondato sui principi universali di verità, compassione e tolleranza. Il Falun Gong è praticato da oltre cento milioni di persone in tutto il mondo, che ogni giorno sperimentano benefici per la salute e l’elevazione del carattere morale.

Ma in Cina questa pratica è vietata. Una semplice meditazione in un parco o in casa può così trasformarsi in una scelta tra la vita o la morte. Tutto è cominciato nel 1999, quando l’allora leader della Cina Jiang Zemin ha iniziato a reprimere brutalmente la pratica; una soppressione che continua ancora oggi con milioni di famiglie distrutte e una perdita incalcolabile di vite umane e di beni accompagnata da sofferenze inimmaginabili.

INFERNO

«Un vero inferno – ricorda Yolanda rievocando le immagini ancora vive dei suoi giorni di detenzione – Ripensando ai venti mesi più bui della mia vita (oltre 600 giorni e notti) potrebbero non sembrare molto, ma per una persona che ha subito costanti torture fisiche e mentali, è come se fossero infiniti». Di notte dormiva su un pavimento freddo di legno e si addossava agli altri prigionieri per mantenersi calda, ma al mattino si svegliava con dolori strazianti alla schiena. Di giorno era invece sorvegliata da altri detenuti. In quel posto non mangiava nient’altro che cavolo andato a male mischiato con fango e sabbia, e poteva bere solo una tazza di acqua al giorno. Questo è continuato per un mese fino a quando è stata trasferita al campo di lavoro femminile di Pechino.

Qui le condizioni erano molto peggiori. Per Yolanda era «come strisciare in una buia notte ghiacciata senza mai vedere la luce», questa era la disperazione che provava. «I poliziotti del campo di lavoro utilizzavano tutti i mezzi possibili per forzare i praticanti del Falun Gong a rinunciare alla pratica. Ci costringevano a sederci su una sedia da bambino per più di dieci ore al giorno. Questo provocava gonfiore a gambe e piedi, e alla fine l’anca e la schiena avevano ematomi, o peggio ancora, delle lesioni».
L’uso dei gabinetti era così limitato da provocare incontinenza, infezioni del tratto urinario e nei casi più gravi la sua rottura. Nel campo di lavoro Yao era costretta a svolgere lavori pesanti; d’estate le temperature superavano i 35 gradi, mentre d’inverno erano ben oltre sotto lo zero.
Un’altra tortura era la privazione del sonno, che molto spesso i prigionieri del Falun Gong devono sopportare; anche la protagonista di questa storia non ha fatto eccezione e spesso dormiva al massimo tre ore per notte, prima di ricominciare a lavorare in modo estenuante.

«Le guardie ci costringevano a usare un risciò per pestare gli escrementi. C’erano molti vermi del letame, gli escrementi liquidi scorrevano dappertutto e trasudava puzza». Molte volte Yolanda era sul punto di svenire a causa della temperatura elevata, della disidratazione e del lavoro forzato. Una volta, mentre stava trasportando un barile di 35 chili, si è bagnata di pesticidi. All’interno delle pareti, la vita procedeva pulendo latrine sporche.
E per settimane non si puliva; quando poteva si faceva delle docce fredde, anche se era inverno. Per tutta la giornata c’erano sessioni di lavaggio di cervello e i prigionieri erano costretti a guardare i video di propaganda che diffamavano la pratica del Falun Gong e il suo fondatore. Le guardie cercavano anche di costringere i praticanti a firmare un documento, in cui avrebbero garantito di smettere di praticare il Falun Gong; in caso contrario avrebbero subito ulteriori torture.

Purtroppo questa campagna di propaganda del Partito Comunista Cinese e le sue menzogne ??contro il Falun Gong hanno superato i confini della Cina; si è infiltrata anche i Paesi democratici dove molte persone non sono in grado di discernere verità da menzogna.

Molti praticanti del Falun Gong hanno protestato per questi trattamenti disumani: hanno fatto lo sciopero della fame, ma in ospedale sono stati sottoposti ad alimentazione forzata (un tubo collegato al naso in cui viene versato del cibo liquido). Che si tratti di percosse con bastoni elettrici, immersione in acque fognarie, chiusura in una piccola gabbia di metallo, stupro di gruppo o altri metodi, dal 1999 – anno d’inizio di questa persecuzione, sono morti 3.925 in Cina. Ma in realtà il numero potrebbe essere molto superiore, considerata la segretezza di queste informazioni.
Inoltre, alcuni ricercatori dei diritti umani stimano che queste persone siano vittime di un prelievo forzato di organi che alimenta il mercato dei trapianti: si parla di decine, se non centinaia, di migliaia di persone decedute.

SALVATAGGIO URGENTE

Yolanda è stata salvata dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani. Nel 2013, la pressione esercitata dall’estero ha fatto cadere l’infame sistema dei campi di lavoro cinese, ponendo fine alla detenzione di Yolanda e a decenni di strazi.

Ma ora l’incubo è riemerso. Questa volta si tratta dei suoi genitori, Guofu Yao e Xin Liang, che devono affrontare un futuro incerto. La coppia è stata infatti sequestrata dalla propria abitazione il 5 dicembre 2015 e, secondo alcuni testimoni oculari, nell’irruzione erano presenti più di 30 poliziotti in borghese. «Il mio cuore è a pezzi – ha ammesso Yolanda – I miei anziani genitori ora subiranno lo stesso tipo di tortura. [Il ricordo, ndr] della sofferenza mi avvolge ancora una volta in fitte tenebre».

Yolanda spera che le brave persone nel mondo possano ascoltare il suo appello: «Esorto il governo degli Stati Uniti e il popolo degli Stati Uniti a richiamare l’attenzione su questa brutale persecuzione che sta accadendo in Cina in questo momento. È possibile aiutare a far cessare questa persecuzione attraverso e-mail, lettere o chiamando i funzionari del governo locale, chiedendo loro di agire o di farsi avanti su internet e sui social media».

«Ogni voce conta».

Questa scelta è stata fatta innumerevoli volte, in molte nazioni, in tutti i ceti sociali nel corso dei secoli. Quando le persone buone e i diritti umani fondamentali, che servono come il fondamento di ogni società giusta, vengono attaccati, bisogna fare una riflessione: la coscienza di ognuno chiama ad agire. Ci sono persone che vengono perseguitate solo perché vogliono vivere le loro vite secondo verità, compassione e tolleranza. Decine di milioni di persone in Cina sono vittime di un vero e proprio genocidio, tuttora in atto. Non bisogna dimenticarlo.

Di seguito quattro azioni che si possono fare per aiutare Yolanda a liberare i suoi genitori:


Per Approfondire:


Articolo in inglese: ‘Bay Area Resident Yolanda Yao Needs Your Help: Parents Illegally Detained in China

 
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