M5S presenta risoluzione contro traffico d’organi in Cina

Continua l’impegno del Parlamento italiano per contrastare il traffico d’organi. Otto deputati del Movimento 5 Stelle hanno appena presentato una risoluzione alla Commissione Affari esteri per perseguire il commercio illegale d’organi in Cina e chiedere il rilascio di tutti i suoi prigionieri di coscienza, tra cui i praticanti del Falun Gong, un disciplina meditativa radicata nell’antica tradizione cinese e perseguitata dal 1999.

La risoluzione, firmata Scagliusi, Di Battista, Petraroli, Di Stefano, Sibilia, Grande e Spadon, chiede anche alle rappresentanze diplomatiche di vietare congressi e incontri formativi sul tema dei trapianti d’organi nei Paesi che non rispettano le convenzioni internazionali e di riconsiderare i programmi di formazione per i medici cinesi sulle tecniche di trapianti negli ospedali italiani. Infine chiede anche al Governo di valutare nuovamente i programmi di ricerca sui trapianti tra Italia e Cina.

«Ho ricevuto la segnalazione dalla Doctors against forced organ harvesting [ong di medici contro il prelievo forzato di organi, ndr] e quindi ho ritenuto opportuno depositare questa risoluzione, affinché l’Italia dia il suo contributo a questo fenomeno», ha detto Emanuele Scagliusi, primo firmatario della risoluzione e vicepresidente del Comitato permanente dei Diritti umani alla Camera.

Secondo David Matas, noto avvocato internazionale per i diritti umani che nel 2006 lanciò per primo l’inchiesta sull’abuso dei trapianti in Cina, «la risoluzione dovrebbe aiutare a evitare la complicità italiana nell’abuso», ha detto in un’intervista rilasciata via mail. Matas ha precisato che la risoluzione, da sola, non può risolvere il problema del traffico d’organi ma è un passo nella giusta direzione, in parte poiché richiama l’attenzione sull’abuso.

I parlamentari italiani hanno intrapreso in passato iniziative simili. Nel marzo 2014 la Commissione dei Diritti umani del Senato ha approvato una risoluzione contro il prelievo forzato di organi. Successivamente il 4 marzo 2015, la stessa camera ha approvato una proposta di legge che prevede pene fino a 12 anni di reclusione per le persone che negoziano, vendono o gestiscono illegalmente gli organi provenienti da persone ancora in vita. Il dl prevede anche una multa che va dai 50 mila ai 300 mila euro.

Questa proposta sarà esaminata dalla Commissione della Giustizia della Camera e se promulgata diventerà legge. «Stiamo spingendo affinché venga approvata il prima possibile», ha dichiarato Scagliusi.

Anche Lia Quartapelle (Pd), segretario della Commissione Affari esteri alla Camera e membro della Pafoh (Coalizione di parlamentari contro il prelievo forzato di organi), ritiene che l’Italia dovrebbe accelerare l’approvazione del disegno di legge in via definitiva, raccogliendo un consenso tra le varie forze politiche. Secondo la Quartapelle, sebbene la situazione sul traffico d’organi in Cina sia leggermente migliorata, «il segreto cinese sui sistemi di approvvigionamento di organi, tuttavia, nasconde ancora un quadro spaventoso» ha detto in un’intervista via mail. La Quartapelle ha aggiunto che il traffico d’organi è un problema molto ampio che riguarda anche molti Paesi del Sudamerica, l’India, il Pakistan e l’Egitto e che questo sistema illegale funziona anche perché ci sono acquirenti che alimentano il traffico, in buona parte pazienti europei, statunitensi e sauditi.

Recentemente anche Taiwan ha intrapreso un’azione rilevante. Il 12 giugno 2015 lo Yuan legislativo ha modificato una legge, chiedendo l’interdizione alla professione per i medici coinvolti nei trapianti illegali. La modifica stabilisce anche che i pazienti taiwanesi che si sottopongono a un trapianto all’estero, hanno l’obbligo di fornire una prova legale della provenienza dell’organo trapiantato, al fine di beneficiare delle cure mediche al loro rientro a Taiwan. Secondo Yu Mei-nu, legislatrice del Partito Progressista Democratico di Taiwan, molti taiwanesi si sottopongono a trapianti illegali in Cina e l’emendamento vuole contrastare questo fenomeno.

DICHIARAZIONI PREOCCUPANTI

Il 21 luglio Huang Jiefu, ex viceministro della sanità cinese, durante una conferenza stampa a Hong Kong ha detto che nel 2015 in Cina saranno condotti più di 12 mila trapianti d’organo, su una lista d’attesa di oltre 30 mila persone. Anche se la Cina ha annunciato di porre fine al prelievo di organi dai prigionieri giustiziati entro il gennaio 2015, attualmente non esiste alcuna legge cinese a supporto di questa dichiarazione.

Secondo Torsten Trey, direttore esecutivo della Doctors against forced organ harvesting (Dafoh), la dichiarazione di Huang è provocatoria perché la Cina non segue gli standard internazionali nella donazione d’organi.

«Molti organi inseriti in questo sistema vengono procurati attraverso il personale ospedaliero che si reca dai malati terminali, offrendo alle loro famiglie degli incentivi monetari del valore di uno stipendio annuo. Questa pratica viola i principi guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità, che vieta incentivi finanziari in cambio di donazioni d’organi», ha detto il dott. Trey in un’intervista via mail.

Inoltre ha aggiunto che quando le persone si registrano in un sistema di donazione degli organi normalmente non muoiono entro un periodo di 1-2 anni e quindi, considerando che il sistema di donazione volontaria in Cina esiste da solo circa quattro anni, ciò suggerisce che per eseguire tutti questi trapianti ci sia un sistema basato sulla coercizione. «Il rispetto a parole non è sufficiente. Sono necessari esami, indagini e ispezioni, e la nuova risoluzione è un promemoria per noi».

Secondo Torsten Trey fino a quando non sarà confermata e verificata la fine della persecuzione dei prigionieri di coscienza, come ad esempio i praticanti del Falun Gong, rimane un’alta probabilità che questi gruppi facilmente accessibili e ostracizzati continuino a essere utilizzati come fonte di organi. Inoltre ha aggiunto che Huang non ha dichiarato che la Cina vuole porre fine al prelievo forzato di organi dai prigionieri di coscienza, in particolare dai praticanti del Falun Gong.

JIANG ZEMIN MASSIMO RESPONSABILE

Secondo la Dafoh i prigionieri di coscienza costituiscono la banca d’organi più numerosa nel traffico illegale in Cina. Da anni i cristiani, i tibetani, gli uiguri e i praticanti del Falun Gong sono perseguitati, e rischiano la detenzione in strutture legali ed extralegali in qualsiasi momento. Secondo il Falun Dafa Information Center, centinaia di migliaia di praticanti del Falun Gong sono detenuti all’interno di queste strutture e ciò li rende il più grande gruppo di prigionieri di coscienza in Cina.

La persecuzione del Falun Gong cominciò il 20 luglio 1999 quando Jiang Zemin, allora leader della Cina, lanciò una campagna, tutt’ora in corso, di arresti, diffamazioni, licenziamenti, torture, lavaggi di cervello contro chiunque praticasse questa disciplina. Jiang credeva che il gran numero di praticanti di questa disciplina costituisse una minaccia alla sua sopravvivenza sulla scena politica e molti cinesi hanno partecipato alla persecuzione per via di interessi personali o perché vittime dell’inganno.

Per saperne di più:

Da maggio 2015 oltre centomila persone (quasi tutti praticanti del Falun Gong) hanno presentato denunce contro Jiang Zemin per crimini contro l’umanità e genocidio alla più alta corte e al massimo organo procuratore della Cina. Grazie a una riforma giuridica avviata nei primi giorni di maggio, gli organi giuridici cinesi non possono più respingere le denunce presentate dai cittadini e il numero di denunce è aumentato in modo considerevole nelle ultime settimane.

Jiang è il massimo responsabile del prelievo di organi ai praticanti del Falun Gong poiché ha ordinato la persecuzione. L’avvocato David Matas ritiene che queste denunce siano un passo positivo per portare Jiang davanti alla giustizia.

PROVE SUL FENOMENO

Nel 2006 David Matas e David Kilgour, ex segretario di Stato canadese per l’Asia-Pacifico, hanno condotto un’indagine sul prelievo forzato di organi in Cina scoprendo che il personale militare e sanitario cinese effettuava un’operazione sistematica di rimozione degli organi ai praticanti del Falun Gong ancora in vita a scopo di lucro. Secondo la loro ricerca tra il 2000 e il 2005 sono stati uccisi 41.500 praticanti per questo motivo.

Sempre nello stesso anno una donna ha contattato Epoch Times dicendo che il marito, un neurochirurgo nell’ospedale di Sujiatun in provincia del Liaoning, tra il 2003 e il 2005 aveva rimosso le cornee a 2.000 praticanti del Falun Gong detenuti. «Quando i corpi dei praticanti venivano bruciati segretamente nell’inceneritore che si trovava nel locale della caldaia, alcuni di loro erano ancora in vita», aveva aggiunto.

Un’altra prova riportata da Kilgour e Matas a sostegno di questi crimini è il tempo straordinariamente breve per l’attesa di un organo, cosa che rende la Cina un Paese molto attraente per il turismo dei trapianti d’organo. In Italia l’attesa per un rene è di almeno 2 anni e negli Usa si attende fino a 5 anni. Ci sono state testimonianze dove in Cina è stato possibile ottenere un rene in nove giorni, un trapianto di fegato e di rene in un mese fino ad arrivare a un tempo d’attesa di 48 ore per due trapianti di reni, sfidando il normale tempo d’attesa per la compatibilità.

Questi tempi incredibilmente rapidi inducono a ritenere che in Cina vi sia un’enorme e sospetta banca d’organi, disponibile in qualsiasi momento. «Ciò fa pensare che esista il prelievo forzato e non il sistema delle lunghe attese come in Occidente», ha affermato il dott. Trey. Alla richiesta di un controllo indipendente, il regime cinese si è sempre opposto e non ha mai trasmesso dati convincenti.

A sostegno di questa pratica c’è anche un articolo apparso sulla rivista americana South magazine, che affermava che Chen Guihua, presidente del Third Affiliated Hospital all’Università del Sun Yat-Sen ed esperto nel trapianto di fegato, aveva eseguito 246 trapianti di fegato nel 2005, che corrisponde a un terzo del numero di trapianti realizzato in Cina nei precedenti 12 anni.

Secondo David Matas dal 2001 in tutta la Cina vengono effettuate in modo sistematico le analisi del sangue e gli esami degli organi ai praticanti del Falun Gong detenuti. Ma partire da aprile 2014 la polizia impone queste analisi anche ai praticanti che non si trovano in stato di detenzione. I praticanti vengono arrestati nelle loro case o per strada, portati nelle stazioni di polizia locali per essere sottoposti forzatamente alle analisi del sangue e subito dopo rilasciati. Si ritiene che la polizia faccia questi esami con lo scopo di ampliare la lista dei potenziali donatori, vittime del prelievo forzato.

 
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