L’Ucraina dimenticata

Di David T. Jones

A mio avviso, l’Occidente non è capace di ‘contare e camminare’ contemporaneamente. Ci scagliamo sulle crisi del giorno con la stessa frenesia dei preadolescenti, che accecati dal cantante del momento, improvvisamente dimenticano l’idolo dell’anno precedente.

Cosi è stato anche durante gli ultimi mesi: negli Stati Uniti i media continuano a cercare le prove di qualche illecito nell’attività di Trump o nella campagna presidenziale del 2016. Solo il Super Bowl ci ha concesso un giorno di distrazione.
Sul piano internazionale, le testate nucleari e i missili della Corea del Nord si sono ‘dissolti’ per garantire una visione felice delle Olimpiadi invernali (16 giorni di tregua dalla continua contemplazione di un disastro nucleare). L’Europa invece è assorta dalla dimostrazione di forza del governo turco che vuole soggiogare i curdi una volta per tutte, e da una Germania che, ormai esausta, sta cercando da mesi di raggiungere un accordo per formare un governo.

L’Ucraina non suscita più grande interesse. Ma non è normale, perché l’Ucraina non è di certo una questione secondaria: si trova nel cuore dell’Europa orientale e, escludendo la Russia, è il Paese più esteso del continente europeo; ha una popolazione di 44,5 milioni di persone (considerando la Crimea), abbondanti risorse naturali e un grande potenziale economico. E l’indipendenza e la democrazia dell’Ucraina sono a rischio.

IL QUADRO GENERALE

L’Ucraina è diventata indipendente dopo il collasso dell’Urss nel 1990. In seguito è stata afflitta dall’implosione economica e dalla corruzione politica. E da allora ha costantemente tentato di stringere le relazioni con Ue e Nato; creando una situazione che ha sempre imbarazzato il Cremlino.

Tuttavia a novembre del 2013, l’allora presidente Viktor Yanukovych ha iniziato a prendere le distanze dall”accordo di associazione’ siglato con l’Ue, per avvicinarsi invece a Mosca. Gli ucraini, furibondi, hanno costretto Yanukovych (immediatamente fuggito in Russia) alle dimissioni, grazie a una serie di manifestazioni e insurrezioni denominate Euromidan. Le conseguenti elezioni hanno nominato presidente Petro Poroshenko, che tuttora detiene questa carica e potrà essere rieletto a marzo del 2019.

In reazione alla defenestrazione del suo lacchè, Mosca – con spudorata aggressività – ha occupato la Crimea, per poi ‘legittimare’ il proprio atto criminale con un risibile referendum svoltosi a marzo del 2014. Le Nazioni Unite si sono lamentate, ma come era prevedibile non è servito a nulla.

La Russia ha raddoppiato la posta in gioco inviando semi segretamente gli ‘omini verdi’ (soldati dalle uniformi verdi che combattono a volto coperto) in sostegno dei ribelli separatisti dell’Ucraina orientale. Queste forze filo russe hanno occupato il territorio e fondato ‘governi’ indipendenti da quello di Kiev.

A febbraio 2015 gli sforzi dell’Ue hanno portato alla redazione del Protocollo di Minsk, un accordo tra Russia, Francia, Germania, Ucraina, e i separatisti filo-russi che prevedeva il cessate il fuoco nelle aree ribelli, che sarebbero dovute ritornare sotto la giurisdizione di Kiev. Tuttavia nulla di quanto previsto dall’accordo è stato realizzato, e a conti fatti il Protocollo ha rappresentato una tregua nel conflitto piuttosto che un sentiero verso la pace.

GLI ULTIMI SVILUPPI

Frustrato da tre anni senza pace ne vittorie, Poroshenko si sta impegnando con decisione per rafforzare la propria potenza politica e militare. Nel 2016 l’Ucraina è entrata a far parte dell’Area di Libero Scambio dell Ue, per modernizzare e adeguare l’economia, il sistema governativo e lo Stato di diritto dell’Ucraina agli standard europei.
A maggio del 2016, Poroshenko ha firmato il ‘Protocollo strategico di difesa’, che ambisce ad armonizzare, entro il 2020, la dottrina militare, le modalità di addestramento e il funzionamento dell’esercito ucraino con gli standard della Nato.

Politicamente Poroshenko è pronto a ratificare una legge, appena approvata dal parlamento, che lo renderà de facto ‘Presidente in stato di guerra’, concentrando tutte le forze di sicurezza nelle sue mani. La legge pone fine alla farsa secondo cui la guerriglia sarebbe guidata da separatisti anti-Kiev, ed etichetta le regioni controllate dai separatisti come ‘territori temporaneamente occupati’ da milizie riconducibili alla Russia.

Con questa legge l’Ucraina si allontana definitivamente dal Protocollo di Minsk, avendo appurato che un percorso senza meta non porta da nessuna parte.

COSA CI ATTENDE?

Nel corso dei lunghi combattimenti, l’Ucraina ha ristrutturato il proprio esercito e ora è dotata di quello che è stato descritto come uno tra gli eserciti più potenti in Europa.
Lo sviluppo è stato accelerato dalla decisione degli Usa di inviare a Kiev i moderni missili anticarro Javelin, i quali potenziano non solo il sistema difensivo, ma anche la capacità di condurre offensive contro l’esercito finanziato dai russi.
Il prossimo passo potrebbero essere dei missili antiaerei che bilancerebbero, o addirittura ribalterebbero, gli equilibri di forza con l’aeronautica russa.

L’esercito russo non è più l’Armata Rossa sovietica: hanno alcune eccellenti unità speciali, ma ormai Mosca non è più in grado di impegnarsi in missioni di grandi proporzioni.

Quindi, adesso è più che mai necessario mantenere viva una coalizione europea che sostenga l’Ucraina e persista nelle sanzioni contro Mosca, ed esercitare pressione su Kiev, affinché realizzi riforme economiche e agisca contro la corruzione.

Se ottenere il successo militare richiederà un’azione decisa e tutto il coraggio della leadership ucraina, trasformare il sistema politico di questa nazione in una democrazia di stampo occidentale potrebbe essere ben più arduo. E allo stesso tempo molto più importante.

 

David T. Jones è un ex alto funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha pubblicato centinaia di libri, articoli e recensioni sulle questioni bilaterali Stati Uniti-Canada e sulla politica estera in generale. Nel corso di una carriera di oltre 30 anni, si è concentrato su questioni politico-militari, ed è stato consulente per due capi di stato maggiore dell’esercito americano.

Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione di Epoch Times.

Articolo in inglese: The Pain of Ukraine Is Largely Forgotten

Traduzione di Marco D’Ippolito

 
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