Localizzata la fonte del nostro senso di orientamento

Gli scienziati della University College London (Ucl) hanno identificato la parte del cervello che ci indica la direzione da seguire per raggiungere una meta: l’intensità del segnale che emmette predice la qualità del nostro senso di orientamento.

Fino ad ora è stato impossibile conoscere il motivo per cui alcune persone hanno un maggior senso dell’orientamento. L’ultima indagine, finanziata dalla Wellcome Trust [fondazione caritatevole ndte pubblicata nel Current Biology [giornale scientifico ndt], mostra che l’intensità e l’affidabilità dei ‘segnali homing’ nel cervello umano variano da persona a persona, e possono predire la nostra abilità ad orientarsi.

Per direzionarti con successo verso un luogo, hai bisogno di sapere in quale direzione stai andando e quale direzione prendere. Ad esempio: «Sto andando a nord ma voglio dirigermi verso est».

Che i mammiferi possiedano delle cellule cerebrali in grado di segnalargli la direzione in cui vanno, è noto: è parte della scoperta per cui il professore della Ucl, John O’Keefe ha ricevuto il premio Nobel per la Psicologia e Medicina nel 2014.

Ma secondo l’ultima ricerca, la stessa parte del cervello, chiamata corteccia entorinale, ci segnala sia la direzione nella quale andiamo sia quella da seguire per raggiungere la destinazione; quindi non ti dice solo dove stai andando, ma anche la direzione in cui dovresti andare in futuro. In altre parole, i ricercatori hanno scoperto da quale parte del cervello deriva il nostro senso dell’orientamento ed hanno elaborato un modo per misurarlo attraverso la risonanza magnetica funzionale.

«Questo tipo di ‘segnale homing’ si pensava esistesse da anni, ma fino ad ora è rimasto puramente una speculazione», spiega Hugo Spiers, dottore della Psicologia Sperimentale della Ucl, che ha condotto lo studio. «Le indagini sui tassisti londinesihanno mostrato che la prima cosa che fanno quando elaborano un percorso è calcolare quale direzione devono seguire. Ora sappiamo che la corteccia entorinale è responsabile di questi calcoli e la qualità dei segnali che essa produce sembra determinare il livello di orientamento delle persone».

Per l’indagine è stato chiesto a sedici volontari sani di muoversi in una semplice stanza quadrata simulata sul computer. Ogni parete presentava scenari differenti e ogni angolo conteneva un oggetto diverso. I partecipanti sono stati collocati in un angolo della stanza; mentre percorrevano una certa direzione gli è stato chiesto come dirigersi verso l’oggetto situato in un altro angolo.

«Lo scopo di questo semplice test era identificare l’area del cervello attiva nel momento in cui i partecipanti stavano considerano le differenti direzioni», afferma il dottor Spiers. «Ci siamo sorpresi nel vedere che l’intensità e la densità dei segnali del cervello provenienti dalla corteccia entorinale influenzavano notevolmente il comportamento delle persone in un compito così semplice. Ora abbiamo bisogno di studiare quest’effetto in compiti di navigazione più complessi. Tuttavia mi sarei aspettato delle differenze nell’attività entorinale per avere un maggior impatto su compiti più complessi».

Martin Chadwick, dottore della Psicologia Sperimentale della Ucl, ha affermato: «I nostri risultati forniscono prove a sostegno dell’idea che la nostra ‘bussola’ interna si adatta a seconda degli spostamenti nell’ambiente. Ad esempio, se giri a sinistra la tua corteccia entorinale dovrebbe metabolizzare, conformemente, il cambiamento della tua direzione. Se ti perdi dopo aver girato troppe volte, probabilmente è perché il tuo cervello non riesce a stare al passo e ad adattarsi alla nuova direzione».

La corteccia entorinale è la prima parte del cervello colpita dall’Alzheimer; i risultati dello studio possono così aiutare a spiegare perché le persone presentano difficoltà nel ricordare eventi recenti nelle prime fasi della malattia. I ricercatori sperano di sviluppare una semplice soluzione così da poterla utilizzare per aiutare le prime diagnosi e monitorare l’avanzamento della malattia.

John Isaac, dottore e capo del Dipartimento di Salute Mentale e Neuroscienza alla Wellcome Trust, ha detto: «I neuroscienziati hanno fatto grandi progressi nel comprendere come l’orientamento nello spazio, largamente riconosciuto quest’anno dopo il premio Nobel, e questa ricerca è ancora un altro passo in avanti. Il motivo per cui alcune persone hanno un maggior senso dell’orientamento è intrinsecamente interessante, ma ci aiuta anche a spiegare cosa non funziona nelle persone che presentano dei problemi degenerativi al cervello come la demenza. In Gran Bretagna circa 850 mila persone convivono con questa malattia, molti dei quali sperimentano un peggioramento nelle loro capacità di orientamento, lasciandoli persi e confusi».

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Articolo in inglese: Scientists Locate ‘Homing Signal’ in the Brain, Explaining Why Some People Are Better Navigators

 

 
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