L’italiana che protegge i disabili alle Nazioni Unite: una storia di vita

Quando Daniela Bas dice di sentirsi benedetta per aver avuto i miglior genitori del mondo, non è tanto facile dubitarne. Questa signora 54enne, nata e cresciuta in Italia, è attualmente direttrice della Divisione per le Politiche sociali e lo sviluppo presso il Dipartimento per gli Affari economici e sociali (Desa) delle Nazioni Unite, un organo che, tra le sue principali responsabilità, ha il compito di tutelare i diritti delle persone portatrici di handicap.

«I miei genitori non mi hanno mai vista come una bambina disabile, ma piuttosto come una persona che poteva superare qualsiasi sfida», afferma la Bas, che quando aveva sei anni è stata colpita da un cancro alla colonna vertebrale, a quei tempi quasi sempre fatale, che l’ha resa paraplegica. Questa condizione permanente l’ha colpita appena venti giorni prima che i medici italiani eseguissero il delicato intervento chirurgico alla spina dorsale che le ha salvato la vita.

«Crescendo – ricorda la Bas – piuttosto che sentirmi amareggiata per le mie limitazioni fisiche, mi sono sentita molto fortunata a essere sopravvissuta… La mia convinzione sul perché alla fine sono sopravvissuta, è divenuta che la vita voleva darmi una missione. E, naturalmente, i miei genitori mi hanno sempre incoraggiata a vedere la mia vita in quel modo».

Cinque mesi dopo il suo sesto compleanno le venne comunicato che non avrebbe mai più potuto camminare: per avviare la sua missione avrebbe dunque avuto bisogno dell’aiuto dei suoi genitori. Nonostante le sue nuove sfide, la madre Maria e il padre Silvano, volevano che andasse alla stessa scuola locale in Friuli che avrebbe frequentato se non si fosse ammalata.

Quando le autorità scolastiche comunicarono loro che i regolamenti governativi vietavano ai bambini affetti da handicap di frequentare la scuola normale assieme ai bambini non disabili, i suoi genitori cercarono con gentilezza di persuadere i funzionari a fare uno strappo alla regola. «I miei genitori sono persone decisamente non polemiche, pertanto non si sono mai messi a discutere con le autorità dell’istituto», ha affermato la Bas.

«Piuttosto – continua – hanno cercato di trasmetter loro dolcemente, con l’energia interiore propria di un genitore devoto e amorevole, la loro convinzione che avrei avuto la forza, la capacità e la grinta per riuscire nella loro scuola. Hanno fatto loro comprendere che, nel mio cuore, nei miei sentimenti e nella mia personalità, ero la stessa bambina che ero stata prima di ritrovarmi sulla sedia a rotelle». È stato così che le autorità convennero di mettere da parte i regolamenti e permisero alla Bas di frequentare la scuola.

Sebbene alcuni dei giorni di quegli anni di scuola, dall’asilo fino alle superiori, non siano sempre stati felici, lei considera nel complesso positiva la sua esperienza scolastica. «Negli anni 60, la cultura in Europa per quanto riguarda una persona disabile era differente da quella di oggigiorno. Ricordo che ci sono stati dei giorni in cui non venivo trattata con gentilezza da alcuni compagni di classe, e ricordo ancora di un insegnante delle elementari che non riusciva a nascondere la sua sensazione che non facessi parte della scuola».

«A volte, purtroppo», aggiunge, «sono le cose negative a rimanere nei nostri ricordi. Tuttavia, rammento soprattutto i molti buoni amici e insegnanti che ho avuto. E sarò sempre grata per la conoscenza e il senso sociale che ho acquisito. Cosa ancora più importante, sono grata per la libertà che ho percepito quando ho imparato come diventare una persona indipendente».

LA SUA MISSIONE

Dopo il diploma di scuola superiore nel 1980, la Bas conseguì, nei sei anni consecutivi, la laurea e il dottorato presso la rispettata Università degli Studi di Trieste. Fu da lì che la sua missione ebbe séguito. «Ho studiato – racconta – i rapporti internazionali con un occhio su come applicare i miei studi a beneficio delle persone disabili e ho scritto la mia tesi per il dottorato nel 1985 sull’impiego nel lavoro delle persone con disabilità fisiche e sull’eliminazione delle barriere architettoniche».

Quella tesi e il percorso di carriera successivo, divennero parte della missione che aveva ormai da tempo ritenuto essere il suo destino. Nel 1986 l’Onu assunse la Bas in qualità di funzionario nell’Unità per le persone disabili di Vienna.

Citando gli eventi fortuiti che hanno favorito l’ottenimento di quella carica, la Bas spiegao: «Il 1981 fu l’anno internazionale delle persone disabili. Due anni dopo, nel 1983, l’Onu dichiarò il periodo dal 1983 al 1993, ‘decennio per le persone con disabilità’. Nel 1986, la mia storia personale e la mia tesi di laurea che era stata favorevolmente recensita da molti esperti del settore, mi collocarono nel posto giusto al momento giusto».

La Bas racconta che sebbene lei avesse molte esperienze memorabili riguardo a quell’impiego, c’è un episodio in particolare, che si verificò nel piccolo Stato multietnico della Bolivia circa tre anni dopo la sua assunzione dalle Nazioni Unite, che ritiene rimarrà sempre nel suo cuore e nella sua mente. «Quando, secondo quanto prevedeva il mio incarico, feci visita a un bambino di sei anni ricoverato all’ospedale, constatai immediatamente che ciò di cui i miei colleghi mi avevano per l’appunto preventivamente informata, era orribilmente vero».

«Questo povero bambino – spiega – era stato picchiato dai membri della sua stessa famiglia, così forte da divenire paraplegico… Vedendo che giaceva impotente sul suo letto d’ospedale, picchiato e abbandonato da coloro che avrebbero dovuto amarlo e proteggerlo, incapace di muoversi e con il corpo completamente fasciato, i miei ricordi e i miei sentimenti viaggiarono istantaneamente indietro nel tempo».

«Proprio come questo bambino, ero diventata paraplegica all’età di sei anni. Sin dal primo momento che lo vidi, tornai con la memoria a quando avevo quell’età e mi vidi sdraiata sul letto d’ospedale, affranta e spaventata. Tuttavia, mi resi prontamente conto che, a differenza di questo povero bambino, avevo avuto dei genitori che mi avevano amata, protetta e sostenuta. Sapevo che dovevo aiutarlo».

«Insieme ai miei colleghi», ha ricordato la Bas, «riuscimmo a raccogliere i fondi necessari per fornirgli le adeguate cure mediche e comprargli una sedia a rotelle… Una volta tornata a Vienna, monitoriai i progressi del ragazzo fino a quando appresi con gioia che era stato adottato da una meravigliosa famiglia statunitense. A quel tempo, pensavo che fosse grandioso avere un lavoro che mi permettesse di aiutare le persone come questo ragazzo».

EMPOWERMENT

Tuttavia nel 1995, dopo aver lavorato per l’Unità per le persone disabili delle Nazioni Unite (che nel 1990 si è trasferita assieme alla Bas da Vienna a New York) per quasi dieci anni, la Bas ha preso la difficile decisione di lasciare e iniziare una nuova esperienza.

«Non è stata una decisione facile da prendere. Mi è piaciuto lavorare alle Nazioni Unite e ho apprezzato il lavoro che sono stata in grado di fare per aiutare tante persone. Tuttavia, dopo aver riflettuto a lungo, ho deciso che era tempo di intraprendere un nuovo lavoro e affrontare nuove sfide», ha spiegato.

Negli anni successivi, la Bas ha rivestito la carica di rappresentante italiano presso la Commissione europea per il Turismo sostenibile, ha operato in qualità di membro del consiglio di amministrazione dell’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione Europea a Vienna (di nuovo) e ha lavorato come giornalista e annunciatrice presso una stazione radio-televisiva italiana, concentrandosi sulle esigenze e i diritti dei turisti e dei villeggianti con mobilità ridotta.

La Bas ha descritto ciò che tutti questi lavori avevano in comune: «La missione di tutti questi incarichi era quella di migliorare il benessere delle persone attraverso la promozione di una società inclusiva e accessibile».

Quando nel giugno del 2011, la Bas è ritornata alle Nazioni Unite per assumere quella che è la sua attuale carica, la sua carriera aveva completato un ciclo. «Dai primi giorni che ho lavorato alle Nazioni Unite», ha detto, «a oggi, dove dopo quasi trent’anni mi viene assegnato un secondo incarico, la mia missione rimane la stessa: Cercare di aiutare le persone a superare qualunque ostacolo la vita ha messo sulla loro strada. E dal momento che ho sempre cercato di vivere la mia vita in questo modo, credo di aver dato e di continuare a dare il buon esempio».

Durante questo periodo la Bas mi ha detto di essersi incontrata e talvolta aver lavorato a progetti e programmi connessi alle Nazioni Unite con diverse celebrità e dignitari, tra cui, il suo capo, il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, la regina d’Inghilterra Elisabetta, la principessa Hashemita dott.ssa Nisreen, il fisico Stephen Hawking e il cantante Stevie Wonder.

Per lei, il sostegno di queste persone ben note è molto importante. «Quando le persone note e rispettate dal pubblico esprimono la loro convinzione che le società devono attenersi ai principi di uguaglianza e di dignità per tutti, il loro messaggio sarà ascoltato da un pubblico molto ampio», ha affermato la Bas.

UNA CELEBRAZIONE DELLA VITA

La Bas, appassionata viaggiatrice internazionale, tra le cui destinazioni ci sono Israele, l’India e l’Algeria, afferma che i viaggi che preferisce maggiormente sono le sue frequenti visite in Italia per trascorrere del tempo con i suoi genitori ancora molto attivi.

La famiglia è spesso raggiunta dal fratello Marco, un pianificatore finanziario di quattro anni più giovane di lei. Il fratello, sua moglie e la figlia adolescente si sono trasferiti in America otto anni fa.

«Mio babbo ripara la mia sedia a rotelle e mia mamma cucina i miei piatti preferiti», ha spiegato. «E Marco, la moglie, la figlia e io discutiamo di tutto, dai nostri ricordi individuali del passato, alle cose buone che si verificano nella nostra vita attuale, alle nostre speranze e aspirazioni per il futuro».

«Le nostre riunioni della famiglia Bas», ha aggiunto, «sono semplicemente una celebrazione della vita».

Robert Golomb è un giornalista statunitense. Può essere contattato via email all’indirizzo MrBob347@aol.com e seguito su Twitter @RobertGolomb.

Articolo in inglese: http://www.theepochtimes.com/n3/1734353-raised-to-know-no-barriers-un-official-protects-disabled/

 
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