L’isteria coronavirus

A meno che il coronavirus non diventi una pandemia letale a livello globale, è lecito pensare che l'isteria e la paura del coronavirus causeranno molta più sofferenza del virus stesso.

Di Dennis Prager

Ultimamente sembra di passare incessantemente da un’isteria all’altra. In realtà non è esattamente così, perché spesso la società moderna è soggetta contemporaneamente a molteplici forme di isteria.

L’ultima naturalmente è quella legata al Covid-19, la malattia causata dal nuovo coronavirus. Oltre alla Cina, dove ha avuto origine il virus, alcune delle principali città italiane e giapponesi sono attualmente in stato di blocco. Il Giappone ha chiuso tutte le scuole, mentre nello stato di Washington, al momento della stesura dell’articolo, sono decedute 6 persone a causa del virus. In risposta la Florida e San Francisco hanno dichiarato lo stato d’emergenza.

Amazon ha chiesto ai suoi 798 mila dipendenti di annullare immediatamente tutti i viaggi non essenziali, sia nazionali che internazionali; mentre molte conferenze d’affari nazionali e internazionali sono state cancellate:

  • Il Google News Initiative Summit di fine aprile a Sunnyvale, California.
  • Il Microsoft Mvp Global Summit dal 15-20 marzo a Bellevue e Redmond, Washington (ora sarà un evento online).
  • Il Global Marketing Summit di Facebook, dal 9-12 marzo a San Francisco.
  • Il Mwc (Mobile World Congress) di Barcellona, indicato come «il più grande evento mondiale di hi-tech mobile».

Nel frattempo secondo il Time, «la borsa statunitense è crollata quasi del 12 percento, e le società quotate in borsa hanno perso circa 3 mila 500 miliardi di dollari. Per le borse è stata la peggior settimana dalla crisi finanziaria dell’ottobre 2008».

Inoltre secondo Markets Insider, «lo scorso martedì, quando il coronavirus ha scosso i mercati a rischio, il rendimento dei buoni decennali del Tesoro è diminuito come mai prima d’ora in un solo giorno, poiché gli investitori si sono riversati sui titoli sicuri».

Se queste tendenze continueranno, è probabile che l’economia mondiale entri in uno stato di recessione, se non di depressione.

Tuttavia, a meno che il coronavirus non diventi una pandemia letale a livello globale, è lecito pensare che l’isteria e la paura del coronavirus causeranno molta più sofferenza del virus stesso.

Tutto questo porta a tre domande:

  1. Perché non c’è una reazione sobria e misurata al virus?
  2. Cosa ha causato questo isterismo?
  3. Perché ci sono così tante persone in preda al panico?

Alla prima domanda si potrebbe rispondere che sta avvenendo perché le cose non vengono osservate nella giusta prospettiva.

A questa influenza, come alla Sars e all’influenza suina prima di essa, è stato dato un nome. Ma ogni anno decine di migliaia di persone muoiono a causa dell’influenza generica stagionale. Ad esempio secondo il Cdc, tra il 2017 e il 2018, solo in America sono decedute per l’influenza circa 61 mila persone, ma poiché questa non aveva un nome speciale, a parte le persone vicine ai defunti, nessuno se n’è preoccupato.

Nel 2003 c’è stata l’isteria per la Sars che, almeno secondo i dati ufficiali, ha ucciso un totale di 774 persone in 29 Paesi, ed è anch’essa nata in Cina.

Nel 2009 l’Oms che dovrebbe essere ribattezzata Organizzazione mondiale dell’isteria, ha innalzato il livello di allerta pandemica mondiale al massimo livello possibile a causa dell’influenza suina (una variante del virus H1n1).

Secondo il Cdc, l’influenza suina ha infettato circa 61 milioni di americani, uccidendone 12.269, mentre a causa dell’influenza stagionale del 2010-2011 sarebbero deceduti 37 mila americani; nella stagione 2012-2013 43 mila, e nell’inverno tra il 2017 e il 2018 la comune influenza avrebbe ucciso addirittura 61 mila cittadini statunitensi.

Riguardo alla seconda domanda si può ben dire che l’isteria sia stata scatenata in buona parte dalla stampa.

In pratica i media hanno riportato senza sosta ogni nuova diagnosi del coronavirus, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7. Per fare un esempio il The Globe e il Mail, i due quotidiani canadesi più letti hanno scritto: «Il Covid-19 si diffonde così rapidamente che un ricercatore di Harvard ha dichiarato che dal 40 al 70 percento degli adulti del mondo saranno infettati», tralasciando però il fatto che essere «infettati» nella stragrande maggioranza dei casi non mette neanche lontanamente a repentaglio la vita delle persone.

Riguardo alla terza domanda: questo è effettivamente un fatto sconcertante.

Non so bene perché la gente si faccia prendere dal panico così facilmente, forse è un qualcosa di insito nella natura umana, o forse si tratta del potere che la stampa esercita sulle persone. Forse è perché la vita è diventata talmente facile nel mondo moderno che la gente considera scontata una vita senza malattie letali o morti premature. In ogni caso si tratta della già menzionata incapacità di osservare le cose nella giusta prospettiva.

In realtà, attualmente ci sono diverse cose per cui gli americani dovrebbero essere seriamente preoccupati. Ad esempio, il disprezzo per l’America e il capitalismo che viene inculcato ai giovani americani dalle scuole elementari sino all’università sarebbe una buona ragione per farsi prendere dal panico. L’enorme debito che stiamo irresponsabilmente accumulando sulle spalle delle generazioni future per mantenere i programmi assistenziali potrebbe essere un’altra buona ragione per farsi prendere dal panico. Come anche la spaventosa sessualizzazione precoce dei bambini, che già a 5 anni vengono incoraggiati a scegliere il proprio genere sessuale, e radunati nelle biblioteche pubbliche per essere sottoposti a un’ora di insegnamento gender.

Tuttavia, la maggior parte degli americani non si preoccupa affatto di queste cose.

È stato un presidente democratico, diventato poi un idolo dei liberali, che durante la Seconda guerra mondiale ha detto agli americani: «Non abbiamo nulla da temere se non la paura stessa».

Dennis Prager è un conduttore di talk-show radiofonici a livello nazionale e un opinionista.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: We Go From Hysteria to Hysteria

Per saperne di più:

 
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