L’immensità del cosmo secondo la teoria della stringhe

Attualmente, si ipotizza che l’universo osservabile con i più potenti telescopi misuri circa 50 miliardi di anni luce, ma l’universo stesso è molto probabilmente più grande della parte finora osservata. Inoltre, l’universo potrebbe essere solo una parte di un cosmo ancora più sconfinato: esiste infatti una teoria affascinante che ammette l’esistenza di molti universi e la possibilità di un’era prima del Big Bang.

Nata nel 1968 e sviluppata nel corso degli anni, la teoria delle stringhe ha sempre suscitato un certo fascino per la sua concezione dell’universo ancora più microscopica e nello stesso tempo macroscopica rispetto alla visione scientifica tradizionale. Per cercare di spiegare questa visione con un linguaggio divulgativo, Epoch Times ha intervistato Gabriele Veneziano, fisico e padre fondatore della teoria delle stringhe. Veneziano è attualmente membro emerito del Cern di Ginevra nonché professore emerito di ‘Particelle Elementari, Gravitazione e Cosmologia’ al Collège de France.

La teoria delle stringhe è stata una delle prime a teorizzare l’esistenza di più universi.

In effetti già nella teoria cosmologica attuale, detta inflazionaria poiché prevede un’epoca di rapidissima espansione, il Big Bang non corrisponde affatto all’inizio del tempo, bensì alla fine della suddetta epoca. La teoria inflazionaria è agnostica sulla questione dell’inizio del tempo. Invece, con la teoria delle stringhe è probabile che si possa continuare ad andare indietro nel tempo senza alcun limite.
Per quanto riguarda il multiverso va osservato che suppone l’esistenza di una sola teoria delle stringhe, e dunque di un unico sistema di equazioni. Al contrario le sue soluzioni, sarebbero estremamente numerose. Ma attualmente non sappiamo se queste soluzioni, che esistono a un primo livello di approssimazione, permangano o meno nel momento in cui si risolve la teoria fino in fondo. Se questo fosse il caso, sorgerebbe la possibilità che, in diverse regioni del cosmo, prevalgano soluzioni diverse di quest’unica teoria.

Cosa significa?

Questo comporterebbe che numerose caratteristiche del nostro modello attuale delle particelle elementari differiscano in altre regioni del cosmo. Per esempio, nella teoria corrente delle particelle, esistono sei quark diversi (i quark sono particelle subatomiche che costituiscono, ad esempio, i protoni e i neutroni). Questo numero, sei, dipende da certe particolarità della soluzione. Per altre soluzioni il numero di quark può essere diverso. Addirittura la dimensionalità dello spazio in cui viviamo, può essere diversa. Infatti, la teoria delle stringhe per la sua coerenza interna ha bisogno di nove dimensioni spaziali e non soltanto delle tre che osserviamo; le sei supplementari possono essere praticamente invisibili, come dei piccoli cerchi non osservabili. Ma in altre parti dell’universo questo potrebbe non essere il caso.

In un lavoro che ho scritto nel 1999 assieme ad altri due collaboratori, Alessandra Buonanno e Thibault Damour, veniva teorizzata l’esistenza di un Big Bounce (grande rimbalzo), in sostituzione del classico Big Bang. Il Big Bounce si è generato dopo la formazione di un buco nero a partire da uno stato iniziale molto semplice, come succede anche oggi nell’universo tramite il cosiddetto collasso gravitazionale. Pertanto, all’interno di ciascun buco nero si produrrebbe un Big Bounce e un nuovo universo.

Questo ha a che fare con i wormholes, i cunicoli spazio temporali che permetterebbero il passaggio da un universo all’altro?

Forse, ma non necessariamente. Il concetto è simile ma più che altro ha a che fare con il fatto che all’interno del buco nero c’è una cosiddetta singolarità, ossia una regione in cui la forza di gravità tende a essere infinita. Come è ben noto ai fisici, la singolarità all’interno del buco nero non è in un punto dello spazio, ma piuttosto in un istante del tempo. Il ruolo di spazio e tempo si invertono quando si attraversa l’orizzonte. In parole semplici, andare verso il centro del buco nero è un viaggio nel tempo con una tragica fine… o forse no?

Infatti, se esiste una singolarità come il Big Crunch (il collasso dell’universo come fine della sua vita, un fenomeno simile ma opposto al Big Bang), il tempo si ferma. È come un istante finale. E quindi se un astronauta finisse all’interno del buco nero, sperimenterebbe la fine di tutto, tempo compreso. Se però si utilizza la teoria delle stringhe, questa singolarità presumibilmente è eliminata dalle dimensioni finite delle stringhe. Avverrebbe invece un Big Bounce per cui il buco nero darebbe origine al nostro universo.

E come si collega questo all’esistenza di molti universi?

Dato che la formazione di un buco nero può avvenire in qualsiasi momento e regione, è possibile la nascita di vari universi. In questi termini nel lavoro del 1999 con i miei due collaboratori abbiamo portato avanti l’idea che possano esistere molti universi ciascuno con le sue caratteristiche.

La teoria delle stringhe è l’unica che teorizza l’esistenza di molto universi?

Anche la teoria dell’inflazione, che cerca di descrivere l’universo come omogeneo e isotropo, prevede che, se si potesse andare ben oltre l’orizzonte cosmologico, ossia il limite di osservabilità dell’universo da parte di un osservatore terrestre, potrebbero esistere universi molto diversi dal nostro.

Dove valgono altre leggi fisiche?

Sì, potrebbe esistere anche questa situazione. L’inflazione è una teoria troppo qualitativa per rispondere a questa domanda, la cui risposta dipende dalla teoria fondamentale sottostante. Effettivamente se si combina l’inflazione con la teoria delle stringhe, in cui possono esistere molte soluzioni diverse, si arriva all’idea del cosiddetto ‘landscape’, in cui l’inflazione tenderebbe a scegliere varie soluzioni in modo casuale in varie regioni dello spazio-tempo. Quindi, mettendo insieme inflazione e la teoria delle stringhe con tutte le sue soluzioni, si arriva nuovamente all’idea del multiverso, ossia un insieme di universi che coesistono ma in dimensioni parallele, quindi ognuno in un proprio spazio-tempo ben separato dal nostro.

La teorizzazione del multiverso costituisce anche una possibile risoluzione del problema della costante cosmologica, una forma di energia che può spiegare l’accelerazione dell’espansione dell’universo attraverso la relatività generale.

In pratica, l’universo sarebbe in costante espansione accelerata, ma c’è qualcosa che non quadra considerata la massa dell’universo.

Esatto. La densità di energia (detta oscura) che darebbe questa espansione accelerata dell’universo è molto piccola dal punto di vista della fisica elementare microscopica. E questo è un grosso mistero.

La teoria delle stringhe fornisce a priori un enorme numero di possibilità per questa quantità e l’inflazione permette di realizzare in varie regioni dell’universo tutti (o quasi) questi diversi valori. Se questo è il caso, nel nostro universo deve esserci un valore dell’energia oscura compatibile con la formazione delle galassie, delle stelle e, infine, di esseri intelligenti. Questo è il principio antropico secondo il quale certe leggi della natura sono determinate dal requisito di permettere la nostra esistenza. Dal punto di vista antropico e del multiverso è quindi inutile cercare di calcolare il valore dell’energia oscura dalla teoria: sarebbe solo uno di una miriade di valori ammessi.

Quanto sono piccole le stringhe?

In questa teoria, esiste solo questa lunghezza fondamentale e il tempo associato, usando la velocità della luce. Tutta la fisica delle stringhe, ruota intorno alla lunghezza fondamentale che è la dimensione minima della stringa. Per rapportarla a delle dimensioni convenzionali, si pensa che corrisponda a 10^-34 metri. Per avere un’idea delle sue dimensioni, l’atomo di idrogeno misura 10^-10 metri. Pertanto la stringa è un milione di miliardi di miliardi di volte più piccola di questo atomo. Nella storia dell’universo, questa lunghezza potrebbe aver variato. Comunque oggi corrisponde a circa dieci volte la lunghezza di Planck che è considerata la minima lunghezza di cui possiamo parlare con le nozioni usuali di spazio e di tempo.

Questo potrebbe dimostrare che la stringa è un costituente fondamentale della materia?

Se vogliamo. Andando giù verso la scala di Planck, gli effetti della stringa intervengono prima di quelli che derivano dalla gravità quantistica. Mentre nella vecchia teoria quando si arriva alla scala di Planck non si sa cosa possa succedere, la stringa, intervenendo prima, modifica la vecchia teoria. In altre parole, la teoria delle stringhe ‘scherma’ dai problemi irrisolti della gravità quantistica.

La vera lunghezza fondamentale, a mio avviso, è quella della stringa. Quella di Planck, si estrapola a partire dall’unificazione delle forze fondamentali; è legata alla forza delle interazioni. Quella della stringa invece corrisponde veramente alle dimensioni minime di una stringa.

Sono argomenti che reputo interessanti e affascinanti anche per un pubblico vasto e non specializzato, per questo sto scrivendo un libro sulla teoria delle stringhe.

Bene. E se si rivelasse falsa?

La cosa interessante è che la vecchia teoria delle stringhe era nata per spiegare le interazioni forti, che in seguito sono state comprese attraverso la scoperta dei quark e dei gluoni, particelle subatomiche che tengono incollati i quark e garantiscono la stabilità dei costituenti del nucleo atomico. Questa prima versione della teoria delle stringhe non ha funzionato poiché prevedeva l’esistenza di particelle a massa nulla per le interazioni forti, che sappiamo non esistere.

Viceversa, nella reinterpretazione di questa teoria, le particelle a massa nulla sono identificate con il fotone e il gravitone e corrispondono alle forze elettromagnetiche e gravitazionali: forniscono una teoria quantistica dell’elettromagnetismo e della gravità. Ma anche in questa nuova versione sussistono potenziali problemi poiché esistono altre particelle a massa nulla e di conseguenza altre forze a lungo raggio che non sono state ancora osservate. Tuttavia, dal momento che non sappiamo risolvere la teoria delle stringhe fino in fondo, non conosciamo il ‘fato’ di queste nuove particelle a massa nulla. Se scopriremo che hanno una massa, la teoria delle stringhe resta in piedi, altrimenti sarà respinta come fu il caso della versione iniziale del 1968.

 

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