Le persone buone hanno più materia grigia in alcune zone del cervello

L’universo è pieno di misteri che sfidano le nostre conoscenze. Nella sezione ‘Ai confini della realtà: Viaggio nei misteri della Scienza’ Epoch Times raccoglie storie che riguardano questi strani fenomeni per stimolare l’immaginazione e aprire possibilità ignote. Se siano vere o no, sei tu a deciderlo.

Altruismo, compassione e un’avanzata capacità di valutazione di situazioni moralmente complesse: tutto questo ha degli effetti nel nostro cervello, non solo in senso ideologico, ma anche psicologico.

AUMENTO DELLA MATERIA GRIGIA

Le persone con un livello più alto di pensiero etico e morale mostrano un aumento della materia grigia in zone del cervello collegate al comportamento sociale, ai processi decisionali, all’elaborazione dei conflitti, secondo uno studio pubblicato il 3 giugno 2015 sulla rivista PLOS ONE.

Per lo studio, condotto dai ricercatori della Perelman School of Medicine e della Wharton School dell’università della Pennsylvania, sono state utilizzate le fasi del pensiero morale descritte dallo psicologo americano Lawrence Kohlberg (1927-1987). Sono stati valutati 67 soggetti, a cui è stato chiesto di valutare complessi dilemmi morali, come il suicidio assistito e di scegliere la pertinenza di 12 motivazioni logiche fornite. Si sono determinati così gli stadi di pensiero etico di Kohlberg a cui appartenevano i soggetti.

Successivamente i soggetti sono stati sottoposti a risonanza magnetica, per paragonare il volume di materia grigia dei loro cervelli.

«Saranno necessarie ulteriori ricerche per stabilire se questi cambiamenti sono la causa o l’effetto dei livelli più alti di pensiero etico», ha dichiarato in un recente articolo il primo autore Hengyi Rao, ricercatore e professore assistente di neuroimaging cognitivo presso la Perelman School of Medecine.

ESERCIZI DI COMPASSIONE ALTERANO LE RISPOSTE NEURALI

Le persone che si sono impegnate per diventare più compassionevoli mostrano una maggiore attività in zone del cervello coinvolte nell’empatia e nella comprensione degli altri, e in quelle relative alla regolazione delle emozioni e delle emozioni positive.

Lo studio è stato condotto dai ricercatori del Center for Investigating Healthy Minds, presso il Waisman Center dell’università del Wisconsin-Madison, e pubblicato il 21 maggio 2013 su Psychological Science.

L’obiettivo principale dello studio era vedere se gli adulti potevano essere allenati per diventare più compassionevoli. Ai soggetti veniva chiesto di immaginare qualcuno che stava soffrendo e di desiderare che le sofferenze di questa persona venissero alleviate. Hanno cominciato con l’immaginare persone con cui avevano buoni rapporti, per arrivare poi a immaginare qualcuno con cui avevano dei conflitti. Questo esercizio ha insegnato ai soggetti a provare compassione per gli altri, amici o nemici che siano.

Dopo l’allenamento, ai soggetti sono state fatte delle risonanze magnetiche mentre venivano loro mostrate immagini di gente che soffriva. La loro risposta neurale era cambiata, mostrando una maggiore empatia.

«È come l’allenamento per il sollevamento pesi», queste le parole secondo quanto apparso in un articolo di Helen Weng, studentessa laureata in psicologia clinica e autrice principale dello studio. «Utilizzando quest’approccio sistematico, abbiamo scoperto che le persone possono veramente potenziare il loro ‘muscolo’ della compassione e rispondere alla sofferenza altrui con interesse e desiderio di aiutare».

Articolo in inglese: ‘How People With Higher Moral Reasoning and Kindness Have Different Brains

 
Articoli correlati