L’attacco alla famiglia sotto il totalitarismo, allora e adesso

 

Il libro Le origini del totalitarismo‘, pubblicato nel 1951 da Hannah Arendt, è probabilmente la migliore fonte per le grandi domande: la vita familiare sotto il comunismo, il nazismo e il fascismo.

La Arendt sottolinea che: «Il governo totalitario… non potrebbe esistere senza la distruzione della sfera pubblica della vita… tramite l’isolamento degli uomini (e delle donne) dalle loro capacità politiche. Tuttavia la dominazione totalitaria… è nuova in quanto… distrugge anche la vita privata. Si basa sulla solitudine, sull’esperienza della totale non appartenenza al mondo, che è tra le esperienze più basilari e disperate dell’uomo».

RUSSIA

Un lavoro recentemente pubblicato dalla Yale University Press sui problemi della famiglia in Russia, Germania, Italia, Spagna e Turchia durante i periodi del totalitarismo è opera di Paul Ginsborg, Family Politics: Domestic Life, Devastation and Survival 1900–1950(La politica della famiglia: La vita domestica, la devastazione e la sopravvivenza dal 1900 al 1950). Tra quelle che sono le sue conclusioni sulla Russia tra la rivoluzione del 1917 e il 1950 ha scritto:

«Il terrore Stalinista è arrivato a ondate con diversi obiettivi. La più famosa è stata quella dei processi politici farsa di Mosca nel 1936 in cui i rivali di Stalin per il potere e gran parte dei membri della vecchia guardia bolscevica sono stati processati e giustiziati…»

«Tuttavia, questa maschera pubblica del ‘terrore’ nascondeva un’altra ondata di repressione… che il lavoro dello storico francese Nicolas Werth ha solo di recente portato completamente alla luce… Tra l’agosto 1937 e il novembre 1938 circa 750 mila cittadini sovietici sono stati arrestati come ‘nemici del popolo’ e uccisi in seguito a sommari processi. Secondo Werth, è stato “il più grande massacro a livello statale mai perpetuato in Europa in tempo di pace”. Le sue vittime erano… (agricoltori)… e principalmente quegli stranieri che avevano cercato rifugio in Unione Sovietica…»

Tra i cinque regimi presi in esame nel libro di Ginsborg, l’Unione Sovietica è stata la più indiscriminata distruttrice delle sue famiglie. Nel 1937-38, al culmine di ciò che Werth definisce «il ‘terrore’ delle persone comuni», venivano compiute mensilmente circa 50 mila esecuzioni, dal momento che la polizia segreta cercava di raggiungere le quote prefissate. Tra il 1929 e il 1953, circa diciotto milioni di russi sono passati nei Gulag. Nel ventesimo secolo, nessun altro sistema di detenzione e di lavoro forzato si avvicina anche solo lontanamente a questi numeri.

Una lettera di una moglie al marito entrambi profondamente fedeli al Partito, Ginsborg coglie involontariamente l’enormità del ‘terrore’ di Stalin. Sofia Antonov-Ovseyenko moglie di Vladimir Antonov-Ovseenko – alto membro del Partito che aveva preso d’assalto il Palazzo d’Inverno a San Pietroburgo e in seguito sarebbe stato ambasciatore sovietico a Praga – venne arrestata nell’ottobre del 1937 e scrisse al marito da una prigione di Mosca, ignara che era stato arrestato tre giorni prima:

«Mio caro, non so se riceverai questa lettera, ma in qualche modo ho la sensazione di scriverti per l’ultima volta… Tutto ciò che so io lo sai anche tu perché le nostre vite sono state inseparabili e armoniose… Quindi, ti prego credimi quando dico che non ho fatto niente di male. Un’altra cosa: è arrivato il momento per Valichka (la figlia di Sofia dal suo primo matrimonio) di aderire al Komsomol (la Lega della Gioventù Comunista). Il mio arresto interferirà senza dubbio con la sua strada… Chiedo perdono a tutti quelli che amo per aver portato loro una tale sventura… Perdonami, mio amato. Se solo sapessi che mi hai creduto e che mi perdoni. Tua Sofia».

Ginsborg continua: «Marito e moglie sono stati fucilati nello stesso giorno (l’8 febbraio 1938). Alla figlia di Sofia… a quel tempo 15enne, non solo è stata rifiutata l’adesione al Komsomol, ma è stata inviata in un orfanotrofio. Nonostante tutto ciò è sopravvissuta».

PUTIN

Quasi un quarto di secolo dopo il crollo dell’Unione Sovietica, l’Europa deve affrontare una nuova importante minaccia da parte di Mosca. Parte del problema è che il presidente Putin sembra agire, come l’articolo dell’Economist nel numero del 14 febbraio afferma, secondo modalità diverse «…senza regole inviolabili, né valori universali, senza neppure elementi inflessibili… Ci sono solo interessi. La sua Russia si è laureata nel molestare ambasciatori e assassinare i critici delle invasioni».

Il mondo dovrebbe adoperarsi per far sapere al popolo russo che quando il Cremlino considererà i vicini con rispetto, il loro Paese sarà riaccolto nella comunità responsabile delle Nazioni. Nel frattempo, tutti noi dovremmo prestare attenzione più che mai alle parole pronunciate a partire dal 2009 dai personaggi pubblici eminenti dell’Europa centrale e orientale, tra cui Vaclav Havel che descrive la Russia come «una potenza revisionista che persegue un’agenda del diciannovesimo secolo con tattiche e metodi del ventunesimo secolo».

CINA

La Cina è costituita dai suoi popoli, dalle sue culture e dalla sua storia molto di più che dal suo governo attuale, non eletto. Le critiche che molti di noi in patria e all’estero fanno sono inerenti al governo del Partito-Stato, non alla lunga sofferenza dei cittadini cinesi. Il documentarioFree China, proiettato nel corso di questa commemorazione illustra questo concetto particolarmente bene.

Oggigiorno, la maggior parte degli storici considerano Mao, Stalin e Hitler, i tre peggiori assassini di massa del ventesimo secolo. Chang e Holliday osservano nella loro la biografia di Mao del 2005 che «oltre settanta milioni di cinesi sono morti sotto il suo dominio in tempo di pace». Molti dei problemi di governo attuali derivano dalla fusione del totalitarismo di Mao e delle riforme del suo successore Deng Xiaoping dopo il 1978 in un sistema di «governo leninista misto al capitalismo clientelare». La corruzione e la violenza sono così diffuse in Cina che gli stranieri e le imprese socialmente responsabili si domandano se sia possibile fare affari legittimi nel Paese.

L’artista 53enne Liu Xia è stata agli arresti domiciliari per più di quattro anni senza aver accesso alla posta, alle email e al telefono. Il suo reato è essere sposata al tuttora imprigionato Liu Xiaobo, sostenitore della ‘Carta 08’ in favore della democrazia e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 2010. Recentemente l’artista ha avuto un attacco di cuore e soffre di depressione. Pechino afferma assurdamente che lei non è sotto «alcun vincolo di legge». La sua situazione ricorda la realtà di molti altri in Cina, come l’avvocato Gao Zhisheng, anche lui agli arresti domiciliari mesi dopo la sua ultima scarcerazione, il poeta-prigioniero Zhu Yufu e l’attivista per i diritti umani Cao Shunli, che è morto dopo essergli stato negato il trattamento per la tubercolosi.

Il libro The Slaughter (Il massacro) di Ethan Gutmann pone nel contesto la persecuzione del Falun Gong, dei tibetani, degli uiguri e delle comunità cristiane delle chiese indipendenti. Si concentra soprattutto sulla pratica spirituale del Falun Gong, il gruppo più brutalmente preso di mira dal 1999. Gutmann illustra come sia arrivato a stimare che solamente nel periodo dal 2000 al 2008, siano stati rimossi gli organi vitali di 65 mila praticanti del Falun Gong e quelli di un numero compreso tra duemila e quattromila tra uiguri, tibetani e cristiani delle chiese indipendenti. Nessuno sopravvive al prelievo forzato; tutti gli organi vitali vengono rimossi per essere venduti a prezzi elevati ai ricchi cinesi e ai ‘turisti degli organi’.

Il lavoro forzato è utilizzato per la fabbricazione di prodotti di esportazione in 350 o più campi di lavoro. David Matas e io abbiamo visitato una dozzina di Paesi circa per intervistare i praticanti del Falun Gong che sono riusciti a lasciare sia i campi che la Cina. Hanno raccontato di aver lavorato in condizioni terrificanti fino a 16 ore al giorno senza paga e con poco cibo, dormendo in stanze sovraffollate e subendo torture. I detenuti producono una gamma di prodotti di esportazione in qualità di subappaltatori di società multinazionali. Ciò costituisce una violazione delle norme dell’Omc e richiede una risposta efficace, compresa la disposizione dell’obbligo per gli importatori di provare che i loro prodotti non siano realizzati da schiavi.

Un articolo del 2012 dell’Economist sosteneva che la Banca Centrale cinese avesse stimato che tra la metà degli anni 90 e il 2008, dai 16 mila ai 18 mila funzionari e dirigenti delle aziende statali cinesi abbiano «rubato un totale di 116 miliardi di euro circa (sei milioni di euro circa ciascuno)» e concludeva che, «con la trasformazione delle compagnie in organi di governo, il capitalismo di Stato simultaneamente concentra il potere e le corrompe». In effetti, la corruzione è il sistema.

I governi e le imprese di tutto il mondo dovrebbero riflettere sul perché stanno condonando alla Cina la violazione di valori universali al fine di incrementare gli scambi e gli investimenti con il Paese. Il risultato che ne deriva è solitamente un aumento del lavoro dato in appalto e un crescente deficit commerciale bilaterale. Come consumatori, dovremmo trascurare i costi umani, sociali e dell’ambiente naturale sostenuti dai cittadini cinesi per produrre beni?

Uno studio della Banca Mondiale del 2007 ha concluso che l’inquinamento in Cina provoca ogni anno circa 750 mila morti che potrebbero essere evitate. I gas serra, generati dal carbone bruciato dalle industrie di tutto il Paese, vanno a colpire l’ambiente ben oltre i suoi confini. Quasi mezzo miliardo di cittadini cinesi non possono accedere all’acqua potabile.

I democratici di tutto il mondo devono continuare a lavorare per portare i valori universali al popolo cinese, tra cui la parità di dignità per tutti, l’autorità della legge, la democrazia multipartitica, la trasparenza e la responsabilità. Il popolo cinese desidera quelle cose che vogliamo tutti: il rispetto, l’educazione, la sicurezza e la protezione, dei buoni posti di lavoro, l’autorità della legge, un governo democratico e un ambiente naturale sostenibile.

L’ESPERIENZA CECA

In quattro decenni di regime totalitario in Cecoslovacchia, a seguito del colpo di Stato del 1948, l’ideologia ha permeato tutte le sfere della vita, compresa la famiglia. Tutte le decisioni politiche sono state dettate da Mosca.

Come sappiamo, coloro che non si conformavano venivano intimiditi e posti sotto sorveglianza. Le tangenti abbondavano; la presenza di dispositivi di ascolto nelle case impediva alle persone di parlare apertamente; c’erano lunghe code ai negozi; le persone venivano imprigionate perché presentavano reclami o firmavano petizioni. Se un cittadino disertava, la famiglia che aveva lasciato veniva severamente punita. Coloro che socializzavano con i dissidenti venivano interrogati e accusati di sovversione.

Nel corso degli anni 50, Stalin spinse i comunisti cechi a eseguire delle epurazioni. Le vittime includevano cattolici, ebrei, politici democratici, capi militari, così come comunisti di alto rango. Quasi 180 persone sono state giustiziate. Non esisteva il concetto di processo equo. Durante la repressione, dopo il soffocamento della Primavera di Praga, si verificarono ancora più purghe. I funzionari di alto rango del governo, gli artisti, gli scrittori, i leader delle organizzazioni sociali e i riformatori che avevano sostenuto la Primavera di Praga divennero i nuovi bersagli.

PROTESTA SILENZIOSA

Erika Patzer, attualmente in Canada, ricorda le sfide affrontate dalla sua famiglia: «I miei nonni hanno dovuto attraversare momenti molto preoccupanti quando il sistema… è passato dalla… democrazia postbellica al comunismo di stampo sovietico. Possedevano del terreno agricolo nel sud della Slovacchia, tuttavia sotto la politica di collettivizzazione hanno dovuto desistere… Nel 1951, mio nonno è stato portato in carcere per oltre tre mesi. Dopo essere stato rilasciato, i miei nonni si resero conto che era inutile combattere il sistema. Si sentivano sconfitti».

Durante la fine degli anni 50, ricorda un amico canadese che all’epoca viveva a Praga, un diplomatico americano che viveva a Praga aveva notato un uomo spazzare la strada davanti alla sua abitazione. Faceva questa cosa abitualmente, il che suscitò la curiosità dell’americano, il quale, parlando un po’ di ceco, uscì di casa per conversare con lui. Parlando con lui, scoprì che proveniva dalla vecchia aristocrazia e che era ben istruito. Quando i comunisti giunsero al potere, aveva giurato che avrebbe fatto qualsiasi cosa per guadagnarsi da vivere pur di non sostenere il sistema politico. Quella di spazzare strade era la sua protesta silenziosa.

QUESTIONI DI FEDE

Uno dei nemici del Partito Comunista dopo il 1948 è stata la religione. Durante il 1950 ha prevalso sulle proprietà della Chiesa [in Repubblica Ceca] chiudendo tutti i 216 monasteri e la maggior parte dei 339 conventi. Gli ecclesiastici sono stati assassinati, imprigionati, mandati nei campi di lavoro o assegnati nell’esercito.

Jitka M. chiede: «[La Repubblica Ceca è] l’unico Paese dell’Europa orientale, dove l’80 per cento della popolazione (dicono loro) non crede (in Dio). A confronto della Slovacchia, della Polonia, dell’Ungheria e della Russia… i cechi amano ascoltare [che] il Partito Comunista ha causato tutto questo, ma… perché [hanno] abbandonato la fede? Forse… [trovando] la risposta a questa domanda si potrebbero risolvere il resto dei problemi».

Milan Babiak, anche lui attualmente in Canada, osserva: «La gente con un forte sistema basato sulla fede e sui valori non ha permesso che i comunisti li distruggessero. Hanno continuato ad andare in chiesa, confessare la loro fede e ad agire rettamente in ogni circostanza… Queste situazioni difficili hanno costruito dei personaggi e delle persone molto forti, con buoni valori morali, e che si sono rivelate dei leader nel lungo termine. Hanno cresciuto quei bambini che si distinguevano per onestà e carattere. Queste persone forti sanno che l’equità e la verità saranno ripagate».

LA RIVOLUZIONE DI VELLUTO

Il diplomatico canadese Rob McRae ha scritto da Praga sulla rivoluzione di Velluto del 1989: «Sarebbero accorse migliaia, addirittura centinaia di migliaia di persone… in modo da poter tutti vedere il regime per quello che era, senza equivoci. E questo è avvenuto perché la necessità di vivere nella verità, vissuta da un crescente numero di persone, è stata convertita nel coraggio di agire così».

Per McRae, era come se un’intera nazione di persone stesse pensando come pensava Havel, quando ha detto: «Baso le mie azioni su un filosofia umana abbastanza semplice: devo dire quello che penso. Devo dire la verità. Devo combattere per quelle cose che so che sono giuste».

Originando un cambiamento improvviso e conforme alla vita, attraverso la sola forza della volontà del popolo, la Cecoslovacchia ha contribuito a dimostrare a un mondo cinico e talvolta affaticato che i sogni sono ancora possibili. Quel messaggio risuona ancora per voi oggigiorno.

Nel mondo odierno, dove la violenza è sempre più utilizzata come un mezzo per generare un cambiamento politico, abbiamo disperatamente bisogno di esempi dell’uso efficace della non violenza per realizzare dei grandi cambiamenti. La vostra vittoria e la sua continua influenza, è certamente degna di essere celebrata.

Il defunto presidente Havel continua a essere uno dei leader del mondo più ammirati. È stata la sua influenza a portare, senza violenza, questo Paese e i suoi vicini nella Nato e nell’Unione Europea. Come tanti altri anche io sono d’accordo con il polacco Lech Walesa: «(È stato un) grande combattente per la libertà delle Nazioni e per la democrazia… In Europa si sentirà la mancanza dalla sua straordinaria voce di saggezza».

David Kilgour è co-presidente degli ‘Amici canadesi di un Iran democratico’ e direttore del Consiglio per una Comunità delle Democrazie (Ccd) con sede a Washington. È ex deputato del Partito Conservatore e del Partito Liberale nella regione del sudest di Edmonton e ha anche prestato servizio come Segretario di Stato per l’America Latina e per l’Africa, Segretario di Stato per l’Asia-Pacifico e Vice Presidente della Camera.

Questo articolo è stato adattato da annotazioni consegnate il 25 febbraio 2015 al Senato della Repubblica Ceca a Praga per il ‘?Nono Festival della famiglia in tempi di non-libertà Mene Tekel’?. Per ulteriori informazioni sul progetto Mene Tekel visitare il sito MeneTekel.com.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Leggi l’articolo in inglese: Assault of the Family Under Totalitarianism, Then and Now

 

 
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