La Turchia è instabile, e la colpa è anche dell’Europa

Negli ultimi anni la Turchia è saltuariamente comparsa al centro dei notiziari, tra proteste anti governative e attentati terroristici. Come quello di Ankara, che ha provocato circa 95 morti tra i manifestanti pacifici anti-governativi il 10 ottobre.

Il Governo ha attribuito l’attentato all’Isis, mentre una parte del pubblico lo attribuisce al Governo stesso, secondo Repubblica.

RESPONSABILITÀ EUROPEE

Anni fa la Turchia era a un passo dall’entrare in Europa e secondo Fabio Grassi, ricercatore di Storia dell’Europa orientale all’Università La Sapienza di Roma, una importante causa alla base dell’instabilità turca di oggi è proprio la «slealtà e disonestà smaccata dell’Unione Europea», e in particolare di Francia e Germania, che si sono opposte all’ingresso della Turchia nell’Unione nel 2005, quando il governo di Ankara aveva i «massimi meriti» per potervi entrare, nel bel mezzo del suo più grande processo di democratizzazione.

«Certo – precisa Grassi – la storia non è una scienza sperimentale. Non è che possiamo andare in un laboratorio, rifare l’esperimento e cambiarlo», ma è plausibile sostenere che l’ingresso nell’Ue avrebbe dato un grande prestigio al governo Erdogan, e quindi una maggiore stabilità al Paese, ottenibile senza il bisogno di quel maggiore autoritarismo che invece si è visto negli anni successivi.

LE PROTESTE

Le proteste contro il governo Erdogan, durante le quali sono esplose due bombe sabato scorso, sono proteste democratiche contro il suo governo repressivo, ma sono anche espressione di volontà di indipendenza di una parte dei curdi.

Il problema dei curdi del sud-est del Paese è considerabile in modo separato dalle semplici istanze democratiche, in quanto non sarebbe risolto automaticamente da un governo meno autoritario, secondo Grassi, che spiega come l’indipendenza non sia sempre il sogno di entità che si sentono oppresse dal governo centrale. Ad esempio «non è che i catalani sono angariati da Madrid», afferma.

CHI C’È DIETRO L’ATTENTATO

Sebbene il Governo abbia subito individuato l’Isis come responsabile, in molti hanno dubbi e una minoranza accusa lo Stato stesso. L’Isis ha come nemici i curdi (la cui parte pacifica stava manifestando), in particolare quelli armati del Pkk, che sono anche nemici di Erdogan. Ma il governo turco, membro Nato, è nemico anche dell’Isis, al netto del ragionamento ‘il nemico del tuo nemico è tuo amico’.

In ogni caso per Grassi «a rigor di logica», la teoria delle ‘bombe di Stato’ non è la più probabile.

«Non si capisce quale vantaggio politico ne trarrebbe il partito di governo nel compiere una strage contro gli avversari […] a meno che non si voglia fare proprio una politica di terrore».

Indipendentemente da chi abbia compiuto l’attacco, una situazione di caos e violenza può far comodo a qualcuno: «Per certe ali militariste del Pkk va anche bene, e in qualche modo per Erdogan», che potrà agitare lo spettro della patria in pericolo, da proteggere con un governo forte. Questo specialmente in vista delle prossime elezioni, che secondo i sondaggi sembrano prefigurare la stessa situazione instabile delle elezioni di giugno, in cui Erdogan non aveva ottenuto sufficienti consensi da formare un governo.

 
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