La segregazione del regime cinese contro il popolo uiguro

Recentemente, le autorità municipali della città di Yining – nello Xinjiang, la più occidentale delle provincie cinesi – hanno inviato ai 440 mila abitanti un comunicato generale che intima di consegnare tutti i passaporti al locale Ufficio di pubblica Sicurezza.
L’emittente internazionale tedesca Deutsche Welle ha riferito che il rifiuto di consegnare i documenti da parte dei cittadini entro il 15 maggio, ne avrebbe comportato il loro invalidamento. Riguardo a questa normativa – del resto solo l’ultima di una lunga serie di politiche repressive perpetrate dallo Stato a partito unico cinese – non è stata fornita alcuna spiegazione.

La città di Yining, chiamata anche Ghulja, è situata vicino al confine sino-kazako nel nord-ovest dello Xinjiang, che è la più grande provincia della Cina e ospita 47 della 55 minoranze etniche che vivono nel Paese. Tra queste vi è anche la minoranza degli Uiguri, che – con una popolazione di oltre dieci milioni di persone – costituiscono quasi la metà degli abitanti della regione.

Il popolo turco musulmano degli uiguri viene perseguitato dal Partito Comunista – per motivi razziali e religiosi – sin dal 1949, anno in cui il regime comunista cinese ha preso il potere. Persino adesso, diversi decenni dopo i peggiori episodi della dittatura maoista, gli Uiguri vengono spinti dai media statali ad abbandonare i loro costumi tradizionali (la barba lunga per gli uomini e il velo per le donne) e subiscono persino l’obbligo di allevare maiali, animali considerati impuri nella cultura musulmana.

IL CONTROLLO DEGLI SPOSTAMENTI

Dilshat Rexit, portavoce del Congresso Mondiale degli Uiguri, ha spiegato alla Deutsche Welle che «Il governo cinese è preoccupato del fatto che gli Uiguri, dopo essere ritornati da un viaggio all’estero, possano avere una migliore comprensione della loro condizione e una maggiore volontà di opporsi al governo». Il regime cinese ha perciò reso standard questa pratica di rifiutare i documenti di viaggio alle persone riconosciute come dissidenti.

Più in generale, in altre parti della Cina gli uiguri sono considerati terroristi e viene spesso rifiutato il servizio quando cercano di prenotare un viaggio, di comprare un biglietto per l’aereo o il treno.
«La restrizione sui passaporti mostra la totale mancanza di fiducia del governo, dal momento che la sua autorità nello Xinjiang è messa in discussione» ha dichiarato Rexit.

Tsering Woeser, nota scrittrice e attivista tibetana, ha a sua volta raccontato alla Deutsche Welle che le sue richieste inoltrate dal 1997 per il rilascio di un nuovo passaporto sono state rifiutate numerose volte; l’ultimo tentativo è stato nel 2012, quando un funzionario della polizia le ha detto che l’Ufficio di pubblica Sicurezza l’aveva collocata nella lista nera dei viaggiatori all’estero. «La mia vita non è fortemente influenzata [dalla nuova normativa, ndr] perché non io ho un passaporto» ha commentato la Woeser, che ha dovuto rifiutare numerosi inviti lavorativi negli Stati Uniti e in Germania a causa della sua impossibilità di viaggiare.

‘EDUCAZIONE BILINGUE’ O DISTRUZIONE ETNICA? UN RAPPORTO UIGURO FA CHIAREZZA

A parte la confisca dei passaporti di Yining, le politiche linguistiche ed educative nello Xinjiang sono indice della volontà del Partito Comunista Cinese di isolare le minoranze e contemporaneamente di privarle delle loro identità culturali.

Gli Uiguri sono una popolazione turca, la cui lingua e cultura mostrano diverse somiglianze con quelle dei popoli dell’Asia centrale del Kazakistan, Uzbekistan e di altri Paesi.
Secondo un rapporto pubblicato il 20 maggio dall’organizzazione Uyghur Human Rights Project (Uhrp), «Il Partito Comunista Cinese si arroga il diritto definire l’identità uigura» con l’obiettivo di assimilare gli Uiguri a una «Più ampia identità appartente allo Stato cinese».

Uno dei maggiori fattori di discriminazione dell’identità uigura è costituito dalla cosiddetta politica di ‘educazione bilingue’, che formalmente dichiara l’uguaglianza tra la lingua uigura e il mandarino, ma in pratica emargina gravemente la prima.
Un rapporto, intitolato ‘L’opinione uigura sull’educazione: La politica assimilativa della ‘educazione bilingue’ della Cina nel Turkestan orientale’, comprende quattro saggi scritti da altrettanti giovani uiguri. I redattori descrivono le loro esperienze nell’ambito di questa politica che «Prevede la transizione degli studenti uiguri di ogni ordine e grado, dall’istruzione impartita nella loro madrelingua all’insegnamento in lingua cinese, con conseguente rimozione dell’idioma uiguro da tutte le aule. Una politica che evidentemente rappresenta un attacco fondamentale nei confronti di una distinta identità uigura».

L’educazione bilingue è stata attuata attivamente nelle scuole dello Xinjiang negli anni 90: oltre ad aumentare le ore d’insegnamento del mandarino, i programmi di studio locali sono stati alterati nell’ottica di un maggior indottrinamento politico e le pratiche di assunzione sono state modificate in favore degli insegnanti cinesi del gruppo etnico Han, anche nei casi in cui questi insegnanti non erano in grado di parlare l’uiguro. «Per gli insegnanti uiguri, invece, è richiesta fluidità nel parlare sia l’idioma uiguro che mandarino, e gli insegnanti uiguri il cui mandarino è valutato insufficiente non vengono assunti», è spiegato nell’introduzione del rapporto.

«La politica di istruzione bilingue cinese attuata nel Turkestan orientale, in realtà non è affatto bilingue: di fatto è un’istruzione monolingua in mandarino» ha spiegato il direttore dell’Uhrp, Alim Seytoff, in una dichiarazione rilasciata a Washington DC.

Nel 2004, il mandarino è stato imposto come lingua principale di insegnamento nelle scuole elementari e medie dello Xinjiang, e nel 2010 sono stati investiti miliardi di yuan nel finanziamento dei programmi bilingue in 1.700 scuole materne. Il Rapporto afferma che nel febbraio di quest’anno, a seguito degli investimenti erogati per oltre mille nuove scuole materne bilingue, hanno ricevuto questo tipo di istruzione 450 mila bambini.

‘SIAMO TUTTI CINESI’

Sebbene il Partito Comunista Cinese enfatizzi la causa dell’uguaglianza etnica e razziale, in pratica gli studenti cinesi di etnia Han e gli Uiguri ricevono trattamenti e opportunità molto differenti.

Ilham Tohti, rinomato intellettuale uiguro che sta attualmente scontando l’ergastolo in una prigione cinese, ha scritto nel 2013 un saggio sulle dimensioni delle classi nella città di Atush, nel quale rivela che le classi degli studenti uiguri sono costituite in media da cinquanta alunni, mentre quelle degli studenti han ne hanno solo trenta, dato che riflette le differenze di finanziamento a vantaggio dell’etnia Han.

Come spiega un autore uiguro di uno dei saggi selezionati inclusi nel rapporto dell’Uhrp – autore rimasto anonimo e che ha scritto il suo racconto in cinese – il programma di educazione bilingue ha impedito a molti giovani uiguri di acquisire una giusta padronanza della loro lingua madre: «Prima riuscivo anche a pronunciare due frasi [in uiguro, ndr], poi improvvisamente i miei discorsi sono diventati incoerenti e impiegavo molto tempo persino per intuire il senso delle parole più semplici».
Non solo: «Alla domanda sul perché non conoscano la loro lingua madre, molti studenti rispondono senza esitazione: ‘Hai idea dell’intensità del nostro programma di studi? Non riesco nemmeno a organizzare lo studio delle mie le materie, come potrei avere l’energia per studiare la mia lingua?’»

In riferimento agli anni dell’università, l’anonimo prosegue con un’analisi più generale sulla razza e sulla discriminazione della Cina a scapito della cultura e dell’identità uigura: «Così tante persone ripetono continuamente che ‘siamo tutti cinesi’, ma non appena succede qualcosa che coinvolge il nostro gruppo etnico, sono sempre pronti a metterci in carcere. La realtà della vita ci ricorda in ogni istante che non possiamo diventare degli Han, né che possiamo godere degli stessi diritti del popolo Han».

Laddove gli Uiguri e gli altri gruppi etnici stanno rapidamente vedendo sostituite le loro lingue locali con il mandarino, i cinesi Han che vivono nello Xinjiang imparano raramente lo uiguro e viene addirittura negata loro la possibilità di farlo. Gli alti funzionari del Partito Comunista hanno descritto la lingua uigura come incapace di rendere i concetti moderni e hanno persino affermato che l’incapacità di parlare il mandarino incoraggia il terrorismo.

«È evidente come questo modo di pensare sia profondamente radicato e che noi saremo sempre diversi da loro» ha concluso l’anonimo saggista uiguro: «Non importa quanto fluentemente si riesca a parlare il mandarino, non importa quanti dei propri migliori amici siano uomini e donne Han, saremo sempre diversi da loro».

 

Articolo in inglese: www.theepochtimes.com/n3/1366231-how-chinas-regime-is-isolating-the-uyghur-people/

 
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