La rivoluzione geopolitica di Trump

WASHINGTON – Un aspetto fondamentale (tanto ‘rivoluzionario’ quanto ignorato dai mass media) dell’amministrazione Trump rispetto alle precedenti, è l’aver spostato in modo deciso l’attenzione della strategia geopolitica americana dal Medio Oriente all’Asia.
Il 18 aprile, Michael D. Griffin, sottosegretario della Difesa per la Ricerca e l’Ingegneria, ha infatti spiegato ai parlamentari americani quanto sia importante creare dei deterrenti contro un’eventuale aggressione cinese.

Secondo Griffin (che è a capo della ricerca sperimentale per la Difesa) Cina e Russia hanno goduto di un lungo periodo di «vacanze» dopo la fine della Guerra Fredda. Vale a dire che gli Usa hanno smesso di stare al passo e non hanno investito abbastanza nella ricerca e sviluppo del settore Difesa: «I vincitori non imparano mai niente, ma gli sconfitti imparano sempre. La Cina ha compreso pienamente come poter essere una superpotenza: le abbiamo dato noi il ‘manuale’. E Pechino lo mette in pratica».

Russia e Cina hanno investito in tecnologie che hanno il preciso scopo di sfruttare i punti deboli nel sistema di difesa statunitense. Il regime cinese, in particolare, ha sviluppato missili ipersonici, armi laser e altri strumenti (parte di una strategia che gli analisti militari chiamano ‘Anti Access/Area Denial’) allo scopo di impedire agli Stati Uniti di operare nella regione Asia-Pacifico: «La Cina ha sviluppato (o vi è prossima) un sistema di lancio ipersonico per attacchi convenzionali, capace di raggiungere migliaia di miglia oltre la costa e di mettere a rischio i nostri gruppi di portaerei, o le nostre forze di terra impiegate nel mondo – spiega Griffin – A oggi non abbiamo un sistema che possa mettere loro a rischio in maniera corrispondente, né disponiamo di difese contro quei sistemi».

Gli Stati Uniti non potrebbero mai vincere un ipotetico conflitto ‘di fanteria’ contro la Cina, spiega Griffin, ma potrebbero vincere grazie alla superiorità tecnologica. Il Pentagono, infatti, sta sviluppando sistemi autonomi (che non richiedano guida umana) e conducendo ricerche sull’intelligenza artificiale, le biotecnologie, la microelettronica e la guerra informatica. Sia a scopo offensivo che difensivo.

Griffin, in particolare, ritiene importanti le cosiddette ‘armi a energia diretta’, un settore tecnologico in cui gli Stati Uniti sono leader e sul quale il Pentagono, infatti, si sta ulteriormente concentrando. Gli Usa hanno iniziato a sviluppare questi sistemi molti anni fa (il primo utilizzo in zona di operazioni è stato durante la guerra del Vietnam nel 1972), ma prima d’ora non vi avevano mai puntato tutto.
Le armi a energia diretta utilizzano dell’energia altamente concentrata, che può essere sotto forma di laser, microonde o raggi di particelle. Questo tipo di tecnologia è già ora sufficientemente affidabile ed efficace da poter essere usata in battaglia, e gli esperti ritengono che i laser, in particolare, possano prevalere sulle nuove armi ipersoniche del regime cinese.

Per il sottosegretario alla Difesa Usa, sarebbe infine un errore concentrare (come si è fatto da oltre vent’anni a questa parte) investimenti e risorse della Difesa sul Medio Oriente, che per il futuro degli Usa – rispetto alla minaccia di Cina e Russia – è praticamente irrilevante: «Siamo stati occupati in Medio Oriente con il terrorismo e altre questioni, ma questi problemi non costituiscono una minaccia alla nostra esistenza – sostiene Griffin citando la nuova strategia di sicurezza nazionale rivelata da Trump a dicembre – Mentre è la competizione globale con Russia e Cina, a minacciare la nostra esistenza».

 

Articolo in inglese: Pentagon Races To Create New Weapon That Can Deter China, Says Official

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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