La ‘profezia’ di Helmut Schmidt, ex leader della Germania Ovest

Mike Gonzalez, senior fellow presso The Heritage Foundation, è corrispondente internazionale di vasta esperienza, nonché editorialista e redattore, che ha lavorato in Asia, Europa e America Latina. Ha lavorato presso la Commissione di Sicurezza e Scambio e il Dipartimenti di Stato durante il mandato di George W. Bush negli Usa. È autore di ‘A Race for the Future: How Conservatives Can Break the Liberal Monopoly on Hispanic Americans’. 

Nel 1990, Helmut Schmidt, ex cancelliere della Germania Ovest, mi disse in un’intervista che la massiccia emigrazione islamica in Europa non lo faceva dormire di notte. Tra una sniffata di tabacco e l’altra, Schmidt raccontava di temere che i musulmani non si sarebbero assimilati, e che questo sarebbe diventato un grosso problema per il continente.

Vale la pena di recuperare i pensieri di Schimdt, dopo che il presidente francese Francois Hollande, facendo visita a Obama martedì 24 novembre, ha chiesto aiuto nella codiddetta guerra francese allo Stato Islamico (Isis). Hollande, che ha espresso molta più convinzione – ed è un eufemismo – dell’inquilino della Casa Bianca nel voler sconfiggere l’Isis, ha detto chiaramente che uno dei problemi da superare è la «complicità dall’interno».

Non citerò direttamente le parole di Schimdt, per rispetto al quarto di secolo che è passato da allora. Ricordo distintamente però di aver pensato che avrei usato quel suo commento come frase iniziale dell’articolo. Alcuni politici europei come Jean-Marie Le Pen dicevano cose simili a quei tempi, ma qui stiamo parlando di un importante social-democratico, che aveva governato la Germania Ovest per otto anni.

Ricordo anche il disappunto da me provato circa mezzora dopo, quando Schmidt mi ha preso in disparte – l’intervista si è tenuta a Seoul, in Corea del Sud, dove Schmidt stava partecipando a un grande dibattito – e mi ha pregato di non usare nell’articolo ciò che mi aveva detto. Spiegava che gli avrebbe causato un sacco di problemi in patria. Ho accettato e ho cominciato l’articolo in un altro modo. Il mondo allora era un posto più a modo e raffinato.

Ma la morte di Schmidt questo mese – per non parlare del fatto che, negli ultimi 10 anni, pare avesse smesso di chiedere ai giornalisti di non pubblicare queste cose – mi svincola dalla mia promessa. Gli attacchi terroristici di Parigi e il fatto che il Belgio si sia virtualmente chiuso a riccio per giorni, per via della minaccia di attacchi, rendono il pensiero di Schmidt particolarmente rilevante.
Dopotutto, nel 2004 Schmidt ha persino dichiarato pubblicamente: «Le società multiculturali hanno funzionato in modo pacifico solo in Stati autoritari. Considerando questo, è stato uno sbaglio per noi importare lavoratori-ospiti da culture straniere, nel nostro Paese, all’inizio degli anni 60».

Naturalmente la Storia deve ancora provare a pieno se Schmidt avesse ragione o no, dato che i governi e le società cercano sempre di correggere il corso degli avvenimenti. Sarebbe tuttavia sciocco sostenere che gli immigrati musulmani in Europa si siano integrati senza problemi: almeno sei dei terroristi di Parigi erano nati o in Francia o in Belgio ed erano cresciuti in uno di questi Paesi.

Non è però solo un problema francese. Un sondaggio condotto dall’agenzia Survation, per conto del giornale inglese The Sun, ha rivelato negli ultimi giorni che un islamico inglese su cinque ha almeno un po’ di simpatia per i «giovani musulmani che lasciano il Regno Unito per unirsi ai combattenti in Siria». I detrattori di questo sondaggio, tuttavia, affermano che i partecipanti potrebbero aver interpretato la domanda includendo il combattere in Siria contro l’Isis.

DIFFERENZE TRA AMERICA ED EUROPA

L’indice di assimilazione proposto da Jacob L. Vigdor del Manhattan Institute dimostra che gli immigrati musulmani in Europa non si assimilano bene quanto quelli che vanno in America. L’indice di Vigdor valuta indicatori economici, culturali e civili, come la disoccupazione, il possesso di una casa, il matrimonio e il servizio militare, ma è imperfetto, dal momento che non misura necessariamente il livello di attaccamento alla patria.

Sondaggi come questo del Pew Research Center, mostrano che una grande parte dei musulmani in Paesi europei si ritengono prima di tutto musulmani. In Gran Bretagna, Spagna e Germania, solo il 7 per cento, il 3 per cento e il 13 per cento rispettivamente, si ritengono in primo luogo cittadini di quella nazione. Lo stesso sondaggio mostra anche che una grande maggioranza di persone in quei Paesi ritiene che i musulmani non vogliano assimilarsi. In un altro sondaggio di Pew, il 46 per cento dei musulmani americani hanno affermato di sentirsi prima di tutto musulmani, mentre il 26 per cento di essi si ritengono prima di tutto americani.

La diffusione del fondamentalismo islamico negli anni 70 e 80 ha reso l’assimilazione più difficile. Ma questo non spiega perché l’Europa abbia maggiori difficoltà rispetto all’America, nel far intregrare gli immigrati musulmani. Ecco alcune delle ragioni:

  • la maggior parte dei Paesi europei, con l’eccezione forse di Francia e Gran Bretagna, applicano lo ius sanguinis (cittadinanza data in automatico solo ai figli di cittadini). È molto difficile diventare tedeschi, italiani, ungheresi o portoghesi. L’etnia e la cittadinanza sono fortemente legati. Come diceva Giuseppe Mazzini nel 19esimo secolo: «Dove c’è una nazione, sia fatto uno Stato»;
  • le politiche socialiste non creano una società dinamica e fluida. Come si può vedere nel grafico di Oecd qui sotto, il Pil procapite americano cresce a un ritmo molto più veloce di quello Europeo, creando occupazione e maggiore prosperità per tutti;
  • molti Paesi hanno nella loro storia guerre centenarie contro i musulmani. Questo vale particolarmente per Spagna, Italia, Grecia e Paesi balcanici, dove gli imperatori islamici hanno governato per secoli; ma è vero anche per Francia, Austria, Ungheria e altri Paesi;
  • forse questo è il punto più importante: le elite intellettuali europee del periodo post-colonialista, hanno mantenuto per il proprio passato un senso di vergogna maggiore di quello americano. E questo crea un problema. Per dirlo con le parole di Daniel Hannan, membro britannico del Parlamento Europeo,  «In fin dei conti, comunque, il miglior modo per sconfiggere una cattiva idea è mediante un’idea migliore. Non c’è sicuramente nessuna idea più squallida di quella propagandata dalla setta mortale che si chiama Stato Islamico. E non c’è nessuna idea migliore, della libertà che è alla base delle società occidentali. Non dobbiamo essere timidi nel dirlo».

È improbabile che Obama e Hollande abbiano discusso di uno di questi problemi. E questo è un vero peccato, se vogliamo sperare che le profezie che Schmidt ha condiviso con me 25 anni fa non si avverino.

 

Copyright The Daily Signal. Questo articolo è stato pubblicato originariamente su DailySignal.com.

 

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