Perizia: i marò colpevoli sono Andronico e Voglino

A uccidere i pescatori indiani a bordo del St. Anthony non sono stati ‘i marò’. Almeno non Salvatore Girone e Massimiliano Latorre: secondo una perizia indiana in possesso di Epoch Times, sarebbero stati i marò Renato Voglino e Massimo Andronico.

A pagina 10 del documento 7, che l’India ha allegato alle carte presentate al Tribunale di Amburgo, nei punti 6 e 7 si stabilisce che due proiettili «parzialmente sfigurati» estratti dai corpi dei pescatori appartenevano a due dei fucili esaminati dalla perizia. E sono le armi di Voglino e Andronico, due dei sei marò presenti sulla nave Enrica Lexie il 15 febbraio 2012.

Questo screenshot mostra i due punti in questione. Andando a controllare gli item 1.4 e 2.3, si tratta dei proiettili danneggiati presi dai corpi dei pescatori, mentre i n.11 e 14 sono rispettivamente dei fucili con sigla B 18584 H e B 18896 H, che leggendo l’allegato 3 presentato dall’India, appartengono ai signori CW-35 e CW-36.

Nel documento vengono nominati anche altri CW, che sono chiaramente delle persone, fino e non oltre il numero 60. A fine testo c’è una lista numerata di 60 persone. I numeri 35 e 36 corrispondono a Renato Voglino e Massimo Andronico.

Se quei fucili appartengono a CW-35 e CW-36 e questi sono Andronico e Voglino, allora la perizia sostiene che sono stati i loro proiettili a uccidere i pescatori.

La tesi che vede colpevoli Voglino e Andronico era già stata sollevata da Repubblica che citava il rapporto dell’Ammiraglio Piroli, un rapporto italiano fatto a posteriori e quindi non ritenuto attendibile dalle autorità italiane (né tantomeno indiane), secondo una fonte vicina alla Farnesina. Ma sui media la tesi non era mai stata attribuita all’India stessa, per quanto è noto a Epoch Times.

La perizia stabilisce anche che 4 armi su 6 hanno sparato e sono quelle dei fucilieri Latorre, Voglino, Andronico e Alessandro Conte. Scagionato completamente – in teoria – Girone.

Ma allora per quale motivo l’India ha arrestato proprio Latorre e Girone? Secondo la stessa fonte anonima, che ha seguito la vicenda nei suoi primi capitoli, la parte italiana ha sostenuto che sono stati Latorre e Girone a sparare fuoco d’avvertimento contro un’imbarcazione sospettata di essere pirata.

L’India ha arrestato Latorre e Girone e lasciato andare gli altri, prima ancora di effettuare le perizie. Fidandosi, quindi, della versione italiana, secondo cui a sparare contro una nave – che per l’Italia era di pirati – sarebbero stati i due, più noti, fucilieri.

Si può supporre che l’India abbia accettato di arrestare solo due marò per motivi diplomatici, evitando scontri troppo duri tra i due Paesi, o per ingenuità. L’Italia aveva garantito che gli altri quattro fucilieri di marina sarebbero stati a disposizione dell’India, qualora un Tribunale avesse richiesto degli interrogatori.

In seguito, l’India ha davvero richiesto di interrogare gli altri quattro ma l’Italia ha acconsentito soltanto a interrogatori a distanza, tramite video. L’India ha insistito molto – e senza successo – per interrogarli dal vivo. Alla luce di questa perizia, il motivo sembrerebbe evidente: l’India avrebbe voluto arrestare e condannare i colpevoli, e rispedire a casa gli altri. La lentezza clamorosa nei procedimenti giudiziari indiani sul caso potrebbe anche essere spiegata dal fatto che l’India avesse – forse consapevolmente – in mano due innocenti, mentre i colpevoli non avrebbero potuto apparire in Tribunale.

Forse l’Italia ha consegnato di proposito all’India due innocenti, contando sul fatto che non sarebbero mai stati condannati, per salvare dalla giustizia in territorio straniero i due colpevoli.

La perizia indiana citata rientra anche difficilmente all’interno di ricostruzioni complottistiche della vicenda. Vari commentatori italiani hanno sostenuto che l’India abbia manomesso, anche pesantemente, alcune prove. Ma – a rigor di logica – se l’India avesse voluto manomettere delle prove, ne avrebbe fabbricate a sfavore di Latorre e Girone, e non di altri due uomini che non può toccare.

Le perizie, comunque – ricorda la fonte – non sono verità assoluta, e capita spesso che ve ne siano di contrastanti, presentate dalle due parti di un processo.

 
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