La Nuova via della Seta secondo Leland Miller

Sotto certi profili l’economia cinese è strana: è un ibrido tra capitale privato e controllo dello stato e solo in pochi investono direttamente in Cina continentale, ma tutti vogliono sapere come si sta sviluppando la seconda economia più importante al mondo.

Infatti la domanda cinese determina i prezzi delle materie prime in tutto il mondo, le operazioni delle multinazionali in Cina influenzano l’economia mondiale e quando lo yuan scende, i principali mercati oscillano.

Gli osservatori della Cina concordano nell’affermare che i dati ufficiali cinesi sono spesso pesantemente ‘viziati’ o fabbricati di sana pianta, ma continuano ad usarli per studiare l’economia e il mercato cinese dal momento che ci sono poche alternative.

Un’alternativa è il China Beige Book International , un servizio analistico che ogni trimestre intervista migliaia di imprenditori e centinaia di banchieri che operano in Cina, raccoglie dati e intervista approfonditamente i dirigenti cinesi.

Leland Miller, fondatore del China Beige Book, parla a Epoch Times del genere di investitori e aziende interessati alla Cina, degli ultimi sviluppi della valuta cinese, dei rapporti tra gli Stati Uniti e la Cina, dei problemi di sovrapproduzione e dell’iniziativa Nuova via della Seta.

Che genere di investitori ed aziende sono interessati alla Cina e ai servizi che offrite?

Alcuni sono privati che vogliono semplicemente tentare la fortuna [in Borsa, ndr], altri hanno in mente una specifica azienda. Nel campo delle vendite c’è grande interesse verso la Cina e in molti bussano alla nostra porta per ottenere informazioni, loro investono quando pensano ci sia un mercato in crescita, in Cina o all’estero.

Le grandi aziende non sono interessate alle fluttuazioni quotidiane del mercato, ma hanno bisogno di comprendere le dinamiche macroscopiche della domanda, del credito e della valuta cinese così da non essere tagliati fuori dal mercato.

C’è una forte domanda di materie prime, noi lavoriamo con diverse aziende che le importano poichè disponiamo di dati normalmente non reperibili, come la capacità produttiva netta. Molte aziende hanno detto: “Beh, non abbiamo modo di verificare i dati governativi…. Se dicono che stanno tagliando la produzione, dobbiamo crederci”. Bene, noi non gli crediamo, in effetti abbiamo svolto ricerche indipendenti e abbiamo scoperto che per quanto riguarda le materie prime sta avvenendo esattamente l’opposto.

Insomma abbiamo diversi tipi di clienti, ma penso ci sia un fattore unificante: sia che si occupino di micro-economia, di macro-economia o che lavorino in qualche settore di nicchia, se non comprendono la Cina, sarà il loro portafoglio a pagarne le conseguenze.

Anche persone che non hanno nessun interesse concreto in Cina sono nostri clienti, perché sanno che devono osservare il mercato cinese per restare al passo con i tempi e non rischiare di essere presi alla sprovvista.

Un numero sempre maggiore di nostri clienti sono interessati a comprendere la Cina da una distanza di 10mila metri, mentre i clienti di lunga data la osservano da 10 metri di distanza. Abbiamo clienti di tutti i tipi, anche corporation, queste hanno un approccio totalmente diverso: vogliono informazioni sui fondi speculativi o altri asset manager e sono a caccia di affari.

Cosa ne pensa degli sviluppi della valuta cinese?

Lo scorso autunno hanno adottato una strategia molto rischiosa sulla valuta, e ha funzionato alla grande, osservandola adesso penso che sia stata una scelta coraggiosa perché sarebbe stato un anno molto diverso se non avesse funzionato. Nel settembre del 2016, i cinesi hanno iniziato a capire che era probabile che la Federal Reserve avrebbe aumentato i tassi nel mese di dicembre, perciò dovevano preparare la valuta per questa eventualità.

Hanno cominciato a muoversi indebolendo la moneta, poi, quando stava per essere eletto il presidente Trump, hanno detto: “Okay, dobbiamo indebolirla finché non viene eletto così potremo rafforzarla in un colpo solo dopo le elezioni”. E’ stata una strategia molto cinica e ha funzionato. Un fatto interessante è che tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017 c’era un’enormità di commenti sul fatto che la Cina aveva legato il suo destino ad un canestro piuttosto che al dollaro e che questa scelta era stata fatta dai cinesi.

Si sbagliavano: in realtà non era cambiato nulla e lo yuan è saldamente legato al dollaro. La politica dei sette yuan per un dollaro è estremamente importante per molte ragioni, soprattutto politiche: la politica con il Congresso, la politica con Trump e la politica con la leadership cinese.

L’idea di spingere il rapporto dollaro-yuan il più vicino possibile a sette è una questione fondamentale. Dal momento che questo numero è stato scelto per ragioni politiche ci sono arrivati veramente vicini per poi invertire la rotta al momento giusto, da allora stanno rinforzando lo yuan e sono stati aiutati dal fatto che il dollaro è tuttora in tendenza negativa.

Ma la cosa interessante è che i cinesi avevano previsto quello che sarebbe successo: “Stiamo per dare a Trump il pretesto per dire che siamo dei manipolatori di valuta, ma fino a quel momento, continueremo a indebolirla, e speriamo che non accada nulla di male “. Sorprendentemente, sono arrivati fino a 6,9, lo yuan stava per raggiungere un punto pericoloso, dove penso che i mercati avrebbero iniziato a preoccuparsi ma sono riusciti ad invertire la tendenza al momento giusto. Così hanno avuto il miglior scenario possibile per il 2017, non ci sono stati imprevisti , e il dollaro non è diventato forte come molti pensavano che sarebbe accaduto.

Quindi adesso lo yuan non è in cima alla lista delle preoccupazioni delle persone, ma è solo questione di tempo prima che si ricreino di nuovo le stesse dinamiche, a meno che il dollaro non si trovi in una tendenza negativa a lungo termine.

Cosa ne pensa del futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Cina?

L’amministrazione americana ha capito che la parola ‘Cina’ è radioattiva se usata politicamente, perciò hanno detto che avrebbero combattuto la Cina e salvato i lavoratori americani dalla tirannia dei prodotti cinesi. Poi il presidente Xi e il presidente Trump si sono incontrati a Mar-a-Lago, hanno avuto una bellissima chiacchierata e tutto è cambiato.

Dopo l’incontro, il presidente Trump ha dato ai cinesi del tempo per risolvere la questione commerciale, il problema con il Nord Corea e un mucchio di altre cose. Molti intelligenti China Watchers affermano che il presidente Trump è andato su tutte le furie quando i cinesi non hanno gestito come avrebbe voluto la questione del commercio con la Corea del Nord, e presto ne vedremo le conseguenze.

Vorrei davvero che i cinesi tornassero sui loro passi perché questa faccenda sta acuendo le distanze tra le due diplomazie. Ma la vera partita si giocherà nel Mar Cinese Meridionale, dove gli Stati Uniti sono stati quasi invisibili negli ultimi sei-sette mesi, benché abbiano parlato di alcune operazioni di spionaggio.

Quando il Presidente, la Casa Bianca e l’amministrazione diranno: “Va bene, la Cina non ha intenzione di aiutarci, quindi abbiamo bisogno di un bastone e abbiamo bisogno di un grosso bastone”, allora vedremo dei cambiamenti nel Mar Cinese Meridionale. Ma il fatto che ci sono stati dei rallentamenti nel commercio e che si sta parlando di preparativi bellici è stato interpretato male.

I preparativi bellici di cui si è parlato non sono anti-Cina sebbene siano stati spacciati per tali. Quindi penso che bisognerebbe smettere di dire che il presidente Trump è diventato ostile alla Cina. Non è cosi, pensiamo che succederà? Sì, penso che riguardi il 2018. Ma per ora non credo ci sia stato un grande cambiamento nelle relazioni con la Cina.

I Cinesi stanno veramente affrontando il problema dell’eccesso di produzione?

Ci sono due versioni a proposito: la prima è quella che emerge dai nostri dati, la seconda è legata all’errore che molti investitori fanno immaginando che il mercato delle materie prime in Cina sia monolitico.

Di solito la gente pensa o che stanno tagliando di netto la capacità produttiva o che non la stanno tagliando affatto, quindi quello che osservano non è l’ampiezza del taglio. Quando i prezzi sono aumentati, molti investitori hanno detto: “Guarda, il governo cinese sta mantenendo i propri impegni per limitare l’eccesso di produzione. Guardate, i prezzi stanno aumentando e anche le importazioni aumentano”. Apparentemente, sembra proprio che stiano tagliando la produzione.

In effetti, stanno tagliando la produzione lorda, ma la produzione totale è aumentata ogni trimestre ed è cresciuta in quasi ogni settore. Stanno aumentando la produzione ed è molto intuitivo se si osserva con attenzione. C’erano molte industrie che ridevano guardando le relazioni economiche che abbiamo ottenuto dalle aziende: trimestre dopo trimestre avevano sempre più merce in magazzino, minori introiti, nessun profitto e produzione maggiore. Sembrava una barzelletta.

Adesso improvvisamente il mercato si trova in una condizione molto buona e non hanno intenzione di fare tagli alla produzione. Ha senso che non stiano tagliando, ma la ‘narrativa’ vuole che il governo cinese stia lavorando duro per tagliare la produzione, e questa è una pura invenzione. Abbiamo seguito molto da vicino il carbone, l’alluminio, l’acciaio e il rame e le dinamiche ci sono chiare da oltre un anno. Non stanno riducendo la capacità di produzione netta.

Un aspetto sta nelle differenze tra i sottosettori: ad esempio tra il carbone e l’acciaio c’è una differenza per quanto riguarda l’interesse a lungo termine verso i due materiali; con entrambi c’è il problema potenziale dell’eccesso di produzione, ma il carbone sta uccidendo le persone e fa diventare neri i polmoni della gente.

L’idea che i cinesi possano continuare a commerciare il carbone così come fanno con l’acciaio, senza subire ripercussioni, non è realistica, credo che nel corso del tempo assisteremo a una ritirata dal settore del carbone. Non si sa invece quando vedremo cambiamenti nei settori di acciaio e alluminio, ma buona parte di questi mercati potrebbero essere influenzati dalle azioni commerciali degli Usa, attualmente la storia più interessante sono i pronostici degli investitori.

Gli investitori stanno facendo previsioni basandosi sui prezzi e il più delle volte li interpretano in maniera scorretta, non prendendo in considerazione la decrescita dei singoli sotto-settori. In realtà stanno aumentando la produzione e portando più merce online.
Prendono i vecchi prodotti o quelli che non sono stati usati e li mettono offline, ma ne inseriscono, ne producono o aggiornano degli altri. Quindi la dinamica complessiva è che stanno mettendo online più prodotti, ma poi danno molto risalto alla parte che hanno messo offline o che hanno eliminato.

I cinesi sono abituati a piazzare il tritolo dentro blocchi di ferro giganti e a farli esplodere, per dimostrare che il governo sta facendo qualcosa. La strategia è rimasta invariata nel 2017, per ora non stanno realmente tagliando la capacità produttiva, stanno semplicemente cercando di sfruttare un momento favorevole e per questo ci sono fluttuazioni giornaliere impressionanti (dal 5 all’8 per cento) nel mercato delle materie prime e ciò ha sbalordito tutti. Ma gli osservatori saranno ancora più impressionati quando capiranno quello che è successo in realtà nel corso dell’anno passato.

Cosa ne pensa del progetto della Nuova via della seta?

Qual è il vero scopo dell’iniziativa? L’obiettivo è quello di aumentare l’influenza cinese all’estero, e in un certo senso riciclare le eccedenze di beni e servizi causate dalla sovrapproduzione. Realizzerà alcune delle sue premesse, ma è un progetto valido? Farà quello che tutti si aspettano che faccia? Certamente no.

È un progetto di grande portata, farà parlare di sé per molti anni, ma alla fine porterà a dei cambiamenti fondamentali? La risposta è no: i cinesi non sono mai stati in grado di rientrare in maniera sostenibile dei propri investimenti. Inoltre stanno attirando l’ira di molti stati che si aspettavano che le infrastrutture sarebbero stato realizzate dalla manodopera locale mentre attualmente stanno adoperando ditte e lavoratori cinesi che stanno lavorando piuttosto bene.

La situazione è diversa rispetto a tre anni fa e l’idea che i cinesi avevano troppa influenza e che bisognava limitare i loro investimenti si è ribaltata. Inoltre penso che se la Nuova via della Seta non fosse effettivamente un’iniziativa del presidente [sic, ndt] Xi sarebbe stata ridimensionata drasticamente.

Devono realizzarla, potrà giocare un certo ruolo e vale la pena stare a guardare, ma l’idea che sia una svolta epocale mi ricorda quanto è successo con la Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture che due anni fa ha sollevato un putiferio, ma alla fine non ha prodotto alcuna svolta decisiva. Un fattore chiave del progetto sarà l’inefficenza della burocrazia cinese in azione all’estero.

Articolo in inglese: Leland Miller on Pressing China Issues

Traduzione di Marco D’Ippolito

 
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