Il tunnel del deficit in doppia cifra cinese

Per anni il mondo si è stupito delle riserve di valuta estera della Cina (con un picco di 4 trilioni di dollari nel 2014) e del basso debito del governo, che ammontava al 21 percento del Pil alla fine del 2015.

Tutto questo però sta cambiando, poiché la spesa fiscale ha toccato il 15,1 percento nella prima metà del 2016 per contrastare la lentezza economica e raggiungere l’obiettivo ufficiale di crescita del Pil.

Goldman Sachs in una nota a un cliente scrive: «La crescita della Cina raggiunta nella prima metà di quest’anno è stata fortemente sostenuta da un’attiva politica fiscale, la quale ha significativamente anticipato la spesa rispetto al budget previsto e sostenuto una forte crescita in investimenti per infrastrutture fuori budget».

China's debt distribution (Macquarie)

Distribuzione del debito della Cina (Macquarie)

Lo Stato afferma che il deficit sul budget di quest’anno è solamente del 3 percento del Pil. Alcune banche centrali vogliono aumentare il valore al 5 percento, perché credono che le politiche monetarie da sole non saranno in grado di sostenere l’economia.
Inoltre, le persone stanno incominciando a guardare differentemente il debito del governo cinese. Secondo le stime della Goldman Sachs, il deficit totale fiscale cinese si sta avvicinando al 15 percento piuttosto che aggirarsi intorno al 3 o al 5 percento.

Goldman Sachs scrive: «Noi cerchiamo di ‘aumentare’ le misure politiche fiscali ufficiali integrando le politiche quasi-fiscali fuori budget allo scopo di ottenere un quadro comprensibile dell’autorità fiscale della Cina».

Per ottenere un valore pari al 15 percento, la Goldman Sachs ha preso visione delle spese totali per infrastrutture, che sono guidate dal governo centrale, dalle imprese di Stato o dalle amministrazioni locali. Le imprese statali sono in debito per un ammontare pari al 101 percento del Pil, e le amministrazioni locali, grazie ai loro mezzi finanziari fuori bilancio, hanno circa un ammontare pari al 40 percento del Pil.

Sottolineando il fatto che le analisi non sono complete ma che riescono comunque a provvedere a una buona approssimazione, la banca scrive: «Specificatamente, noi sintetizziamo gli investimenti di asset in settori come i trasporti, il servizio postale, la tutale dell’acqua e dell’ambiente, e il management di pubblica utilità. Crediamo che la maggior parte della spesa in questi settori sia fortemente guidata dallo Stato».

La teoria regge quando guardiamo ai grafici o agli investimenti di asset dal settore statale, che sono aumentati rapidamente all’inizio dell’anno ma, di recente, hanno fatto marcia indietro.

PARTNERSHIP PUBBLICO-PRIVATA

Dato che le società di investimento privato sono in negativo, il regime sta continuando con gli stimoli fiscali e con il coinvolgimento del settore privato attraverso le cosiddette partnership pubblico-private.

Secondo il media statale Xinhua, la Cina ha intenzione di finanziare 9.285 progetti dal valore di 1,6 trilioni di dollari in infrastrutture tra cui servizi di trasporto e servizi pubblici, come ad esempio degli impianti sportivi. Secondo la Commissione per le riforme e lo sviluppo nazionale, 151 miliardi di dollari saranno sottoscritti per questi progetti alla fine di luglio 2016.

Morgan Stanley, ritiene però che tali iniziative non avranno successo: «Considerando la piccola portata dei progetti che queste partnership hanno in esecuzione, l’ancora bassa partecipazione privata, e l’indebolimento della crescita [del credito], ci aspettiamo che le partnership pubblico-private avranno un impatto limitato sulla crescita degli investimenti in Cina».

Quindi, nonostante i crescenti fallimenti e i pessimi ritorni sugli investimenti, sembrerebbe che le imprese statali debbano fare nuovamente il grosso del lavoro.
Goldman Sachs scrive infatti: «Le imprese statali sono centrali per quanto riguarda la sovra-produttività. Secondo un’indagine ufficiale, il tasso medio di utilizzo di capacità produttiva nel settore manifatturiero ammontava al 66,6 percento nel 2015, in discesa di 4,4 punti percentuali rispetto al 2014. La maggior parte dei settori che devono affrontare la questione della sovra-produttività, come per esempio il siderurgico e il carbonifero, sono dominati dalle imprese di Stato».

Worth Wray, chief strategist alla STA Wealth Management, crede che ci possano essere delle motivazioni a breve termine dietro l’esplosione delle spese di quest’anno: «Se si tratta di guadagnare tempo, fino alla fine del G20 di settembre, fino all’inclusione dello yuan nel paniere delle valute di riserva del Fondo Monetario Internazionale a ottobre, e fino a dopo le elezioni del Presidente degli Stati Uniti a novembre, posso capire perché questo enorme stimolo fiscale e di credito nel 2016 possa avere senso».

A lungo temine però, questa strategia non sarà affatto sostenibile secondo Wray: «Se stanno cercando di resistere a un rallentamento causato dal debito creando ulteriore debito, e sprecando spazio sul bilancio statale, temo che il destino che attende la Cina sarà peggiore di quello del Giappone».

Quindi le folli spese continueranno? Goldman Sachs dice di sì, perché l’amministrazione cinese ha intenzione di raggiungere il proprio obiettivo ufficiale per il Pil nel 2016.

Articolo in inglese: How China Pulls Off Running Double-Digit Deficits

Davide Fornasiero

 
Articoli correlati