Usa, l’esito delle elezioni in mano ai millennial

È in dirittura di arrivo uno dei testa a testa meno convenzionali per la Casa Bianca, e una nuova ‘forza votante’ potrebbe deciderne il risultato: i millennial.

Queste elezioni segnano l’inizio di una nuova era politica: i millennial (i nati fra il 1981 e il 1997), raggiungeranno lo stesso numero di aventi diritto al voto dei baby boomers (1946-1964) i quali hanno dominato le elezioni per venti anni. Nel 2016, questi due gruppi costituiranno ognuno circa il 31 percento dell’elettorato, mentre la generazione x (1965-1980) e i cittadini nati prima del ’46 incideranno rispettivamente per il 25 e 12 percento.

Quello che i millenial, altrimenti detti generazione y, faranno con questo nuovo potere – che loro lo sappiano o no – potrebbe decidere le elezioni e, sotto diversi aspetti, la posta in gioco è più alta per Hillary Clinton. Il voto di questi elettori – e quindi probabilmente l’esito stesso delle elezioni – sono in mano alle decisioni, giuste o sbagliate, della Clinton.

Tradizionalmente, i giovani adulti fanno affidamento sui democratici, infatti secondo gli exit poll, i millennial nelle elezioni del 2008 e 2012 sono affluiti in massa in favore di Barack Obama, fornendogli rispettivamente il 67 e il 60 percento dei voti.

Nel 2012, questo forte sostegno si è dimostrato fondamentale per Obama, il quale ha vinto il suo secondo mandato di soli quattro punti percentuali sul repubblicano Mitt Romney. In quel periodo la generazione y rappresentava solo il 19 percento dell’elettorato.

Il ruolo giocato dai millennial per l’elezione di Obama è un dato preoccupante per la Clinton, poiché la candidata democratica non ha cercato di conquistare l’affetto dei giovani sostenitori dell’attuale presidente. In un recente sondaggio d’opinione nazionale dell’università di Quinnipac infatti, solo il 31 percento dei votanti della generazione y ha sostenuto la Clinton nei sondaggi, quando lo scontro era ancora tra quattro candidati.

Ma è sicuro che anche il candidato repubblicano Donald Trump non ha guadagnato il loro affetto, dato che solo il 26 percento degli intervistati lo ha scelto. Al contrario, i candidati degli altri partiti hanno ottenuto dei buoni risultati: Gary Johnson, il candidato libertario è andato molto vicino alle quote della Clinton con il 29 percento, mentre il candidato del partito verde Jill Stein ha ottenuto il 15 percento.

È dall’inizio della campagna elettorale che i millennial affermano di non apprezzare i candidati dei partiti maggiori.

Per questo, la più grande minaccia per la Clinton non è tanto che i millennial votino per Trump, quanto che decidano di spendere il loro capitale politico votando per una terza parte, o in alternativa che non si presentino nemmeno ai seggi.

In elezioni dai toni così accesi, e con la maggior parte dei voti della generazione y in forse come mai prima d’ora, entrambe le evenienze potrebbero rivelarsi disastrose per la Clinton. Secondo molti osservatori se la candidata democratica vuole vincere, ha bisogno di una quota di millennial del 60 percento, simile a quella che aveva permesso la vittoria di Obama nel 2012.

Al momento, i democratici fedeli hanno fatto tutto il possibile per aiutare i giovani a rendersi conto del proprio ‘superpotere’ e per convincerli a salvarli alle urne.

LA SFIDA DELLA CLINTON

Il problema più grande della Clinton è che non piace a questa generazione di elettori. Al contrario, Bernie Sanders, suo principale rivale nelle primarie, era molto amato.

Il naturale appoggio che i millennial tendono a concedere alla sinistra si è riversato quasi interamente sul senatore democratico. Ci sono stati più giovani della generazione y a votare per Sanders che per Trump e la Clinton messi insieme: rispettivamente 2 milioni contro 1 milione e 600 mila.

Il sentimento di lealtà di molti di questi per lo slogan «Bernie or Bust» [Bernie o la rovina, ndt] non è ancora stato dimenticato.

Stephen Crociata, un ventiseienne newyorkese, professionista nel campo dei digital media, è un ex sostenitore di Sanders che non voterà per la Clinton. Crociata, mentre spiegava perché pensa di votare per il candidato libertario, ha affermato: «Io ero pro-Bernie e anti-Hillary. […] Per me è importante non essere ipocrita».

Crociata, che voterà per il candidato libertario Gary Johnson, nonostante sappia che è in una posizione difficile, ha affermato: «Io ero pro-Bernie e anti-Hillary. Non credo che Gary Johnson vincerà a meno che non si verifichi un miracolo». Inoltre sostiene che le elezioni sono «più che una semplice presa di posizione nel sistema a due partiti. Io voto per il candidato in cui credo, non solo perché mi piace il candidato A o quello B». Crociata ha detto di aver votato per Mitt Romney nel 2012, e di non aver votato nel 2008: «Sono probabilmente più appassionato ora, data la condizione in cui giace il Paese».

Conquistare i giovani ammiratori di Sanders è stata una sfida più grande del previsto per la Clinton. A giugno, Politico ha analizzato in un articolo gli sforzi della candidata democratica, che includono l’assunzione dei giovani operatori di supporto di Sanders, il lancio di una campagna digitale e l’impiego di Sanders stesso come sostenitore.

Ma, se si guardano i numeri nei sondaggi, questi piani non hanno avuto il risultato previsto.

Rosanna Perotti, professore associato di scienze politiche all’università Hofstra ha dichiarato: «Si sono mobilitati energicamente per far uscire dai giochi Bernie Sanders. Se la candidata democratica non sarà in grado di mobilitare le persone andrà incontro a parecchie difficoltà».

LA STAGIONE DEL CORTEGGIAMENTO FINALE

Dato che la debolezza della Clinton fra i millennial si è protratta fino al rush finale, la sua campagna ha recentemente lanciato un’azione per provare a convincere i giovani contrari che le loro preferenze attuali potrebbero favorire Trump.

In un articolo di commento intitolato ‘Questo è ciò che i millennial mi hanno insegnato’, pubblicato il 19 settembre da Mic, un sito web diretto ai millennial, la candidata democratica ha scritto: «Ho bisogno che voi lavoriate con me».
Lo stesso giorno, la Clinton stava tenendo un discorso all’università Temple di Philadelphia nel quale esortava gli aventi diritto al voto, dicendo: «Le elezioni si avvicinano e abbiamo bisogno che ognuno scenda in campo. Il non votare non è un’opzione poiché giocherebbe solamente in favore di Trump».
Nel discorso ha toccato una serie di questioni centrali per i millennial, come la fine del razzismo sistematico e il cambiamento climatico. Inoltre, la candidata ha enfatizzato come stia lavorando con Sanders su un piano per «rendere le università pubbliche gratuite per le famiglie lavoratrici e per eliminare i mutui per tutti».

La sua campagna ha recentemente istituito delle sezioni di ‘Studenti per Hillary’ nei campus delle università con l’obiettivo di registrare tre milioni di giovani elettori.

Inoltre, il 19 settembre la Clinton è apparsa nel programma ‘Morning Joe’ sulla Msbnc, nel tentativo di dissuadere i millennial sostenitori di un terzo partito dal votare per questo: «Prima di lanciare un [facendo il gesto delle virgolette ndr] ‘voto di protesta’, pensateci bene […] Pensate a come potrebbe essere il Paese e se vi sentireste a vostro agio con Trump alla presidenza per quattro anni».

E ancora: «Votiamo Hillary Clinton come presidente. E il giorno dopo, mobilitiamo milioni di persone intorno all’agenda progressista. […] La piattaforma più progressista della storia delle politiche americane».

Altri democratici di rilievo si stanno precipitando ad aiutare la candidata del loro partito. Barack e Michelle Obama, Bill Clinton e la senatrice progressista Elizabeth Warren hanno tutti intitolato dei raduni in onore dell’ex segretario di Stato.

Nella mattinata del 26 settembre, prima del primo dibattito per la presidenza, il presidente ad interim della Commissione democratica nazionale Donna Brazile ha evidenziato la situazione del ‘Morning Joe’ affermando: «La Clinton ha una sfida ancora aperta con i millennial. Questa generazione è assolutamente vitale per il suo successo».

Il messaggio di uscire e votare viene attualmente trasmesso ai millennial su tutti i canali, con la speranza di raggiungerli nei rispettivi ‘terreni’.

Il 21 settembre YouTube ha lanciato una campagna per spronare la generazione y al voto, arruolando l’aiuto di molte giovani youtubers. Il tema è un neutrale ‘Vota nella vita reale (#voteIRL), ma l’impacchettamento è nettamente liberale. Inoltre, destinati ai millennial, piattaforme di social media come YouTube, Twitter, Facebook trasmetteranno in diretta i dibattiti, mentre Snapchat ha collaborato con TurboVote, l’applicazione per la registrazione dei votanti, per offrire un mezzo per la registrazione al voto su Snapchat in un minuto.

LENTA NEI SONDAGGI

La Clinton deve superare due difficoltà per conquistare i voti dei millennial: corteggiare i sostenitori di Sanders facendoli tornare nel ‘gregge’ democratico, e portare a votare tutti i giovani che non lo hanno mai fatto.

Il tasso dei votanti fra la popolazione più giovane, dai 18 ai 24 anni, misurato dall’Ufficio del censimento degli Stati Uniti, è rimasto più basso rispetto a quello della generazione più vecchia in ogni elezione presidenziale fin dal 1964. Inoltre, col passare del tempo, il livello di coinvolgimento è diminuito: dal 50,9 percento del 1964 al 38 percento nel 2012.

Come se non bastasse, i giovani di oggi semplicemente non credono nel sistema. Uno studio pubblicato a luglio dall’Istituto di politica di Harvard intitolato ‘L’agenda dei millennial per il prossimo presidente’, ha rilevato che quasi ogni punto misurato evidenzia una frattura fra il governo e la generazione y.
I loro sondaggi hanno riscontrato che meno di un quarto dei millennial (il 23 percento) crede che il governo federale faccia la cosa giusta, e solo il 18 percento lo crede per il Congresso.

La dissonanza fra i due candidati principali non sta aiutando la questione. Il tasso di impopolarità della Clinton era del 60 percento quando sono stati effettuati i sondaggi, il doppio del suo tasso di popolarità (31 percento). Per Trump la situazione era ancora peggiore con un 74 percento di impopolarità e un 18 percento di popolarità.

Perotti dell’università Hofstra sostiene che «i giovani non si trovano a loro agio in entrambi i partiti maggiori».

Victor Gonzalez, un ventisettenne di Fort Myers, in Florida, incarna i sentimenti di molti del suo gruppo: «Odio Trump e odio la Clinton», perché penso che «Hillary non sia affidabile» e che «Trump promuova il razzismo».

Gonzalez dice che voterà per Johnson, il candidato libertariano e ex governatore del New Mexico: apprezza la sua proposta di tassazione e invoca un governo meno forte. Inoltre è fan del candidato alla vicepresidenza di Jonhson Bill Weld, ex governatore del Massachusetts.

Un altro punto di svantaggio per la Clinton è che i millennial sono in difficoltà economica, e, negli ultimi otto anni, al governo ci sono stati i democratici. La generazione y è entrata nel mondo del lavoro di pari passo con la Grande recessione e, nonostante sia stata la generazione più istruita della Storia, ne sta ancora soffrendo.

Secondo la Ricerca dell’Ufficio per il Censimento sulla popolazione attuale, effettuata da economisti del gruppo ‘Giovani invincibili’, il salario medio reale per i millennial è sceso o è rimasto stagnante negli ultimi dieci anni, in quasi tutti i più grandi settori nei quali lavorano gli appartenenti a questa categoria, tranne che in quello per la cura del benessere.

A complicare la situazione c’è il fardello del mutuo degli studenti. Secondo una ricerca pubblicata in agosto su Wells Fargo, il 34 percento dei millennial deve sostenere un affitto universitario, che si aggira in media intorno ai 20 mila dollari. Fra questi studenti, il 75 percento afferma che si tratta di un impegno «ingestibile».

OSTACOLO O ANCORA DI SALVEZZA

In elezioni con tutte queste incognite, potrebbe essere azzardato prevedere chi rimarrà alla fine. Ci sono state prime pagine di giornali che dichiaravano che i latinos, i neri, le donne, le donne non sposate, la Pennsylvania e Facebook possono ognuno decidere il destino dell’America per i prossimi quattro anni.

Tuttavia, è importante che la generazione y sia entrata nell’età politica, ed è previsto che il suo potere crescerà ancora e che i politici vorranno assicurarsi il suo appoggio. I problemi dei millennial diventeranno i problemi della nazione.

Per quanto riguarda il presente, la generazione y non sembra aver compreso l’importanza del suo potere, ma lo schieramento democratico sta tentando con forza di sensibilizzarla. Per la Clinton, i giovani americani possono rappresentare il più grande ostacolo o l’ancora di salvezza.

 

Articolo originale: How Millennials Vote, or Don’t Vote, Could Determine the Presidency

Traduzione di Davide Fornasiero

 
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