La follia delle banche centrali e la necessità di tornare all’oro

New York – James Grant non ha bisogno di presentazioni: il direttore del Grant’s Interest Rate Observer è un perspicace analista nonché eloquente osservatore dei mercati sin da quando ha iniziato a lavorare per il Barron’s a metà degli anni ’70.

Grant ha recentemente vinto il premio Hayek del Manhattan Institute per il suo libro più recente The Forgotten depression, e il premio alla carriera Gerald Loeb.

Epoch Times ha affrontato con Jim Grant diversi argomenti, tra cui i disonorevoli precedenti dei banchieri centrali, la deflazione, l’oro, il sistema aureo, i tassi di interesse negativi e il divieto di contanti.

L’ultima volta che abbiamo parlato, nel 2014, era scettico sul rialzo del mercato azionario, ma non aveva voluto sbilanciarsi. Che ne pensa ora?

«Sì, il mercato azionario non sta passando un buon momento».

«La Fed è stata più che felice di costringere i mercati finanziari a seguire il suo piano di indurre maggiori consumi attraverso prezzi delle attività più elevati. Il pensiero era di creare i cosiddetti stimoli, cioè, bassi tassi di interesse e una grande quantità di banconote da un dollaro; i valori immobiliari sarebbero cresciuti, i prezzi delle azioni aumentati, i tassi di interesse sarebbero caduti e la gente, essendo più ricca sulla carta, si sarebbe sentita abbastanza ricca da poter spendere. E questa era la teoria. Un grande disegno chiamato ‘effetto canale bilanciato dal portafoglio’. Qualcosa di molto tecnico».

«E in effetti, i prezzi degli immobili sono aumentati, i prezzi delle azioni anche. I rendimenti obbligazionari sono scesi. Anche i rendimenti dei titoli spazzatura sono scesi al 5 per cento nel 2014 o 2015. Quello che sta succedendo ora è che i mercati stanno dicendo ‘basta’. Invece di un effetto ricchezza, c’è un effetto che inverte la ricchezza».

«Parte dei nostri problemi derivano dai tentativi della banca centrale di espropriare il mercato, in precedenza libero, in favore di qualche agenda politica macroeconomica, con il risultato di distorcere i prezzi e quindi alterare le terminazioni nervose della finanza, che indicano cosa è rischioso e cosa no. Quindi, penso che sia la causa primaria di alcune delle nostre difficoltà: la manipolazione dei tassi di interesse, dei mercati e, di conseguenza, la distorsione del giudizio».

Il giudizio sta tornando e le persone si stanno svegliando ora

«Non è solo un risveglio: ci sono anche le leggi dell’aritmetica al lavoro».

James Grant (Epoch Times)
(James Grant)

«Credo che questo crollo del prezzo del petrolio e dei metalli base e di altre materie prime stia costringendo a un effetto leva: forza i produttori a economizzare, e ci sono stati effetti domino in tutto il mondo, come tutti sappiamo. Quindi non è stata solo una sorta di rivalutazione agonizzante da parte dei mercati, un rendersi conto della necessità di un ‘risveglio’. È stato un risveglio forzato, il dover avere a che fare con problemi di aritmetica reali, che hanno messo le persone di fronte a prezzi più bassi e maggiori debiti reali».

Quello che sta accadendo ora nel settore delle materie prime è la classica deflazione del debito

«Credo che questo sia importante da distinguere quando si parla di calo dei prezzi. Da un lato, c’è il debito sotto pressione, che come conseguenza ha quella di costringere le persone a vendere le cose per pagare interessi e capitale. Una società ha preso in prestito troppo denaro e se i prezzi delle cose che vende vanno giù, questa società è obbligata a vendere maggiore quantità di quelle cose, anche a prezzi più bassi, solo per mantenere i banchieri a bada e per rimanere solvente. Così il debito guida la produzione».

«Quindi, in un mondo di spietati debiti, i prezzi tendono a scendere. Il lavoro tende a diminuire e i salari a cadere. Le rimanenze vengono liquidate e, di conseguenza, più produzione è gettata sul mercato. E questo abbassa i prezzi. Si tratta di una spirale deflazionistica ed è un po’ quello che sta accadendo ora».

«Ma il punto in cui i nostri banchieri centrali sono perennemente confusi sono gli effetti positici della nuova tecnologia che causano la caduta dei prezzi. Potremmo chiamarlo progresso e loro si sono opposti a quella cosiddetta deflazione».

«Il modo in cui l’hanno fatto è stato creando credito sufficiente per innalzare il livello generale dei prezzi, del 2 per cento l’anno, come loro sperano. Così i banchieri centrali creano credito sufficiente ad alterare i prezzi e i valori patrimoniali, rendendoli più alti di quello che sarebbero altrimenti.

Normalmente, se i prezzi diminuiscono a causa degli aumenti di produttività e del progresso della tecnologia, è una buona cosa

«Si potrebbe pensare di sì, ma non lo è per i banchieri centrali. Avete mai sentito qualcuno fare una distinzione tra il tipo di caduta dei prezzi che gli americani vorrebbero ogni fine settimana durante lo shopping, e quella più preoccupante che ha a che fare col pagamento dei debiti?».

«I banchieri centrali non fanno menzione di questa distinzione. Se tacciono perché ignorano la cosa, non lo so. Ma rimangono in silenzio su questa distinzione cruciale».

Quindi, siamo in uno scenario da deflazione da debito, che la Fed ha contribuito a creare quando hanno alzato i tassi di interesse lo scorso dicembre

«Il rialzo dei tassi ha cristallizzato un movimento dei tassi di interesse che era in corso da un po’. Il rialzo dei tassi era, credo significativo, ma non per i 25 punti base apparentemente insignificanti, o un quarto di punto percentuale».

«Penso che il mondo fosse piuttosto in bilico sul problema del debito, che è poi precipitato per via dei problemi in Cina e del crollo dei prezzi del petrolio».

Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, depone davanti alla House Finance Committee al Rayburn House Office, a Washington, il 4 novembre 2015. (Chip Somodevilla/Getty Images)

«Mi sembra che Janet Yellen e i suoi confratelli della Federal Reserve abbiano semplicemente perso la bussola. Avrebbero potuto alzare i tassi nel 2014 o 2013 ma non l’hanno fatto, e nel frattempo… L’economia si è indebolita nel 2015».

«La Fed, avendo annunciato in precedenza di voler alzare i tassi nel 2015, e dopo aver investito una certa misura del suo prestigio in questo senso, alla fine, quasi come un atto di misericordia per noi che eravamo stanchi di sentire queste cose, ha scelto di alzare di quel mininimo il tasso: un piccolo quarto di un punto percentuale nel mese di dicembre».

«E poi ha annunciato, nell’autocompiacimento, che ci saranno altre quattro mosse di questo genere. “Quattro? Altri quattro movimenti in questo mondo?”, si è chiesto tra sé e sé il mercato.
Per me, questo fallimento è una dimostrazione del fallimento della stessa istituzione di gestione discrezionale degli affari monetari, da parte di questo gruppo arbitrariamente selezionato o, almeno, non auto-selezionato ma certamente selezionato per affinità di mentalità, di ex cattedratici di economia che comandano la politica monetaria».

«Si tratta di un fallimento, loro e dei loro metodi: questi sostengono, praticamente, che si possa prevedere il futuro e dimostrarlo prima che possa passare attraverso l’abile manipolazione del mercato e di questo o quel tasso di interesse».

È da un po’ di tempo che lei si pone in modo piuttosto critico verso la politica della Federal Reserve

«Sono critico sin dal 1914. Non mi piaceva già quando è stata fondata, e non mi piace neanche oggi».

ALTERNATIVE ALLA FED

Che tipo di alternative abbiamo al Federal Reserve System?

«Beh, si potrebbe pensare, tanto per cominciare, di lasciare che i tassi di interesse trovino il loro livello senza l’intervento delle autorità. La tecnica del controllo dei prezzi è generalmente considerata come uno dei più antichi fallimenti nella storia della politica economica. Si cerca di utilizzarla da millenni senza risultati».

«Ci sono precedenti in antiche civiltà: non ha mai funzionato. La gente, per qualche ragione che non riesco a capire, ha rifiutato di richiamare l’analogia tra i tentativi di manipolare i valori patrimoniali e l’istituzione, l’istituzione completamente screditata di controllo dei prezzi. Ma è quello che succede a tutti gli effetti, anche se non si dice».

«Non credo che il denaro debba essere una bacchetta magica manipolata da alcuni per produrre risultati insoliti, o esiti quasi soprannaturali nel mondo del commercio e degli affari. Il denaro non è questo. Il denaro non è una bacchetta magica».

«Si tratta di un bastone di misurazione e dovrebbe essere oggettivo e costante, non manipolato da qualcuno. Mi sembra che, nella storia del denaro, il sistema aureo abbia funzionato molto meglio di numerose alternative imperfette».

«Uno suona del tutto anacronistico, tanto per usare una parola gentile nello sposare questa idea mentre in effetti uno suona più come un brontolone. Ma rimane una mia ferma convinzione, che quando tutto sarà passato, quando si sarà concluso questo esperimento da dottorato di ricerca (la gestione degli affari monetari da parte di ex accademici), il sistema aureo avrà un aspetto molto meno anacronistico e molto più desiderabile di quanto non lo abbia oggi».

Come funzionerebbe in pratica?

«Il denaro verrebbe definito come un peso di qualcosa, un peso d’oro e si sarebbe in grado di scambiare la valuta governativa rilasciata per quel peso d’oro su richiesta».

«Un altro modo di pensare è semplicemente quello di rimuovere l’Iva sull’oro, che ora lo rende proibitivo come mezzo monetario o, almeno, ingestibile, come mezzo monetario pratico, e lasciare che il mercato trovi la sua migliore soluzione per l’istituzione del denaro».

«Sono sempre più convinto che potrebbe essere la via da seguire. Non si tratta di imporre dall’alto un sistema aureo, come succedeva nei giorni prima del 1914 (ma a dire la verità penso che funzionasse molto bene)».

«Ma sarebbe meglio permettere alle menti più aperte ed evolute degli imprenditori, di inventare un tipo di denaro che combinasse la funzione di incorporamento del valore con la facilità di transazione».

«Io penso che l’oro possa essere utile per entrambi gli usi: sembra quasi essere stato progettato dalla natura per la sola funzione monetaria. Non viene mai distrutto ed è un materiale meraviglioso per il denaro. Si può ridurre di volume quasi all’infinito».

«[Questo implica che, ndr] in nessun anno la produzione dell’oro possa variarne la fornitura, perché la materia non viene mai distrutta. Le otturazioni d’oro ai denti di Cleopatra sono ancora da qualche parte su questo pianeta. Penso che quello che potrebbe sembrare un’idea donchisciottesca, penso che il mondo avendo studiato questo esperimento di passaggio, arriverà a volere qualcosa di più permanente e stabile, e questo vale anche per i tassi di cambio».

«Credo che questo esperimento dei tassi di cambio manipolati e mobili finirà male. Penso che finalmente arriveremo a un mondo di tassi di cambio fissi e di valori monetari fissati».

Qual è lo scenario più probabile?

«Credo che il risultato sarà una serie di cambi fissi e un dollaro stabile definito come un peso di qualcosa, e quel qualcosa potrebbe essere oro. Se mi chiedete come il mondo si evolverà, direi, che si orienterà verso quello a cui ha voltato le spalle finora».

«Vale a dire, tassi di cambio fissi e certezza sul valore delle valute, uno contro l’altro in contrasto con la speculazione e la manipolazione. Questo, e l’unità di valuta denominata in qualcosa definita come un peso fisico, piuttosto che come qualcosa che viene inventato da una commissione di nomina del governo».

«La gente sorride quando si parla di sistema aureo: prima di tutto, lo vede ‘anacronistico’, “Lo abbiamo provato!” Va bene, ditemi: cosa c’è più anacronistico del comando e del controllo?»

«Sembra di stare in Polonia negli anni ’50. Cioé, l’idea di un ‘comitato federale di mercato aperto’ che decide, a porte chiuse, quale debba essere il tasso di interesse di compensazione di mercato in un mondo dominato del dollaro, è per me – lo dico senza mezzi termini – un’assurdità».

Come determinerebbe i tassi di interesse in quel sistema?

«I tassi di interesse si determinerebbero nel mercato. Durante l’epoca classica del sistema aureo (1880-1914), c’erano le banche centrali, naturalmente, tranne che negli Stati Uniti. Negli Stati Uniti, alcune banche che emettevano moneta svolgevano alcune delle funzioni delle banche centrali».

«A quei tempi, le banche centrali stabilivano i tassi di sconto, che avrebbero preso in carta commerciale o avrebbero scontato e, in caso contrario, i tassi di mercato venivano stabiliti nel mercato. Le banche centrali avevano adottato un approccio di neutralità per i rendimenti dei titoli e per i tassi di interesse di mercato. Erano molto bassi, ma erano molto bassi perché l’inflazione era bassa, così come lo erano ciò che oggi chiamiamo le aspettative di inflazione. Non so come questa variazione del 21° secolo possa svilupparsi».

«Sono certo che il modo migliore per scoprire i tassi di interesse sia quello di scoprirli. È quello che noi definiamo la determinazione dei prezzi. Questo fanno i mercati: scoprono i prezzi attraverso la miriade di interazioni tra acquirenti e venditori».

«Sempre più spesso, negli ultimi anni, in particolare dal 2007, i valori finanziari sono stati amministrati dalle banche centrali sia attraverso l’azione diretta sia soprattutto attraverso il potere della suggestione e dell’innesto di idee, nonché della manipolazione psicologica e delle aspettative».

«Quindi, se mi chiedi: “Chi dovrebbe determinare i tassi di interesse?” io rispondo che dovrebbero essere scoperti».

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Articolo in inglese ‘James Grant on the Folly of Central Banking and the Need for a New Gold Standard

 
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