L’Orfeo, tra mito e leggenda

L’Orfeo, favola in musica, resiste alle intemperie del tempo mantenendo quell’alone di magia che sempre l’ha caratterizzata fin dal momento del suo concepimento. Passata attraverso la penna del librettista Alessandro Striggio e l’orecchio del compositore Claudio Monteverdi è considerata una delle prime opere della storia.

Probabilmente, il segreto di lunga vita di quest’opera, che dal tardo Rinascimento/inizio Barocco ci accompagna ancora ai giorni nostri, sta nella combinazione di più fattori: la presenza del divino, la scelta di rappresentare una popolare tragedia che esalta le qualità di Orfeo (così preponderanti da catturare l’attenzione degli dei) e, infine, la precisione con cui sono stati strutturati il libretto e la musica che accompagna i versi.

L’opera si basa sul famoso personaggio della Tracia che impersonava le qualità divine della poesia e della musica, capaci di calmare le anime più inquiete. Orfeo accompagnò inoltre la leggendaria spedizione degli Argonauti: la sua musica armonizzava ogni cosa.

Si innamorò della bella Euridice, e nel suo racconto emergono i sentimenti naturali d’amore, tristezza e dolore che provava verso sua moglie, morta proprio nel giorno del matrimonio a causa di un morso di serpente.

Dopo la perdita, suonò canzoni talmente tristi che persino le divinità si preoccuparono. Gli venne permesso di scendere negli inferi per recuperare la sua amata: un’impresa molto pericolosa, ma con il suo canto e la sua musica riuscì a commuovere anche Caronte, che trasportava le anime.

L’Opera di Monteverdi è incentrata maggiormente sulla recitazione, cioè racconta i fatti e i sentimenti in modo differente dalle successive opere, che privilegiano invece le arie e sono quindi più melodiche.

Il musicologo Denis Morrier, insegnante al Conservatorio Nazionale di Musicologia a Parigi, nella sua analisi di Orfeo, Striggio e Monteverdi, spiega che la struttura dell’opera obbedisce al principio fornito da Aristotele ne la Poetica, dal momento che il coro interviene strutturando la tragedia.

«L’Orfeo è così costruito simmetricamente in un Prologo di cinque strofe, seguito da cinque atti, con una conclusione corale (stasimo) per ogni atto». Tuttavia il musicologo aggiunge che l’utilizzo dei 5 episodi è un’usanza di Orazio.

Inoltre fa notare che il momento culminante dell’opera è posto simmetricamente nel mezzo del terzo episodio, e coincide con il testo Possente Spirto, cantato da Orfeo per dimostrare le qualità divine della sua musica.

 

Orfeo, son io che d’Euridice i passi

seguo per queste tenebrose arene,

ove già mai per uom mortal non vassi.

O de le luci mie luci serene;

s’un vostro sguardo può tornarmi in vita,

ahi, chi nega il conforto a le mie pene?

Sol tu, nobile dio, puoi darmi aita,

né temer déi che sopra un’aurea cetra

sol di corde soavi armo le dita

contra cui rigida alma invan s’impetra

 

Il musicologo ha anche rivelato che l’opera di Orfeo stampata nel 1609 e nel 1615 a Venezia, presenta importanti divergenze da quella pubblicata originariamente nel 1607 a Mantova per le rappresentazioni del 24 febbraio e 1 marzo 1607.

Morrier nel suo libro ha aggiunto i versi mancanti nell’ultima partitura e le voci dei cori nel finale degli atti. Riguardo al quinto atto, ha riferito che versi e coro sono totalmente differenti, con dislocazioni in diverse posizioni e versi mancanti nella versione più recente.

Si racconta che l’Opera di Monteverdi è nata dopo che l’autore aveva assistito, nel 1600, al matrimonio tra Maria de’ Medici ed Enrico IV di Francia. In quell’occasione era stata presentata con grande successo ‘Euridice’ di Jacopo Peri.

Uno dei presenti, il Duca di Mantova Vicenzo I Gonzaga commissionò a Monteverdi la nuova opera sullo stesso mito, ma con lo stile della scuola fiorentina.

Euridice è considerata un’opera di corte, ideata da Caccini e Peri un anno dopo che quest’ultimo presentasse Dafne. Entrambi sono stati classificati convenzionalmente come i primi melodrammi, anche se non completamente.

Monteverdi è nato a Cremona nel 1567, e morto a Venezia nel 1643, città capitale dell’opera barocca. A differenza di Peri, la sua opera si è evoluta in una composizione di numerosi strumenti più adatti al teatro drammatico, senza perdere la poesia e la sua missione di trasmettere il divino.

Altre opere di Monteverdi sono ‘Il Ritorno d’Ulisse in patria’, ‘L’incoronazione di Poppea’, e ‘Arianna’ (1608).

Prima di evolvere nell’opera, ha composto musica sacra e madrigali (musica e poesia), che ha comunque sempre continuato a produrre.

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