Cina alla conquista dell’Fmi?

La Cina vuole avere sempre più voce in capitolo nei tavoli della comunità internazionale e probabilmente sta negoziando in segreto per realizzare una futura egemonia nel mercato finanziario. 

In superficie la Cina vuole essere inclusa nella valuta di riserva del Fondo, i Diritti Speciali di Prelievo (Dsp). Il pensiero del direttore del Fmi Christine Lagarde sull’inclusione del renminbi nel paniere Dsp non è una questione di ‘se’ ma di ‘quando’, ha detto David Lipton, primo vicedirettore generale del Fondo monetario internazionale. Il passo successivo, ma separato, potrebbe essere un aumento del potere di voto nell’Fmi. 

Alcuni temono che questo piano costituisca una minaccia all’egemonia americana nel sistema finanziario, ma è anche vero che gli Usa controllano l’Fmi e la Banca mondiale. Inoltre la Cina possiede tanti dollari ed è quindi vulnerabile a una svalutazione del dollaro, qualcosa che la Fed può controllare attraverso varie forme di quantitative easing.

La Cina arriverà a chiedere un aumento dei voti nell’Fmi in un’ottica di rafforzamento? 

Giovanni Andrea Cornia, professore di Economia dello sviluppo all’Università di Firenze, dice di no. «Il Fondo monetario è nelle mani degli Europei, con fondo di maggioranza degli Usa. Sarà una gara dura che cedano un aumento dei voti». Piuttosto ritiene che la Cina utilizzerà l’Asia Infrastructure and Investment Bank (Aiib) ed è inevitabile che cercheranno di imporre il renminbi come moneta di scambio nel mondo nei prossimi anni. 

L’Aiib è un’organizzazione fondata da Cina e India nel 2014, che ha da 50 a 100 miliardi di dollari che possono concedere in prestito. Questa banca presterà denaro ai progetti del Governo e al settore privato in Asia, per lo più per le infrastrutture. L’ampio consenso sul tema è che l’Aiib sarà dominato dalla Cina e molto probabilmente non sarà abusato per scopi politici cinesi. Tuttavia c’è chi crede che in realtà l’Aiib sia creato dalla Cina per sfidare l’egemonia finanziaria degli Stati Uniti. 

Secondo Francesco Timpano, direttore del Centro studi di Politica economica e monetaria ‘Cespem Mario Arcelli’ dell’Università Cattolica di Piacenza, che la Cina arrivi o meno a chiedere un aumento dei voti, la trasparenza è importante. «La Cina è certamente un player forte. D’altro canto però credo che alla Cina dovrebbe essere chiesto di fare chiarezza sul suo sistema finanziario che invece, anche per le vicende recenti, è sicuramente un sistema finanziario molto anomalo». 

«Il principio generale è che è meglio averli seduti al tavolo che fuori, soprattutto su un tema importante, poiché sono convinto che il sistema finanziario cinese sia potenziale fonte di un’ulteriore bolla. Credo che lì ci sia un problema serio, lo dico da tempo, è un sistema finanziario governato fondamentalmente dagli interessi economici, ma anche politici, governato da pochissimi, che può nascondere situazioni di disequilibrio, che sono delle potenziali bombe dal punto di vista finanziario». 

Timpano spiega che il recente sobbalzo del mercato azionario cinese è un segnale fortissimo di grande instabilità che prima o poi potrà avere un impatto sui mercati e anche sul futuro. «L’espansione dell’economia cinese è sostenuta dal sistema bancario cinese, e anche l’espansione cinese all’estero è sostenuta dal sistema bancario cinese. Siamo sicuri che sia equilibrato?»

 
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