La Cina non può salvare l’economia mondiale

Recentemente la comunità internazionale ha cominciato ad avere una visione pessimistica dell’economia cinese. Alcuni credono che la campagna anticorruzione di Xi Jinping abbia portato instabilità politica e recessione economica. Altri ritengono che la crisi economica sia dovuta all’intervento del regime cinese nel mercato azionario.

Ma non si prende quasi mai in considerazione l’economia cinese come sistema: è strutturato in modo tale che la prosperità diventa difficile da ottenere. Nonostante il pio desiderio di tutti, la Cina non è mai stata l’Arca di Noè in grado di salvare l’economia mondiale.

IL SOGNO CINESE

Con la disoccupazione in aumento e una realtà economica sempre più dura per la classe media e bassa della Cina, molti cinesi ritengono che il Sogno cinese sia una pura illusione.

Pochi cinesi sono consapevoli del ‘Sogno cinese’ di cui si parla all’estero. Questo sogno è stato lo stesso in Europa, in America e in Africa, dove i governi locali hanno fantasticato che il governo cinese avrebbe investito nei loro Paesi per migliorare lo stato delle loro economie e i posti di lavoro.

E la Cina lo ha fatto, in effetti, investendo molto all’estero. I dati della Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e sullo Sviluppo (Unctad) indicano che la Cina è diventata il terzo più grande investitore straniero del mondo nel 2013, dietro agli Stati Uniti con 300 miliardi di dollari e il Giappone con 120 miliardi di dollari. Dal 2005 alla prima metà del 2014, gli investimenti diretti esteri in Cina sono stati pari a 458 miliardi di dollari, mentre gli investimenti previsti ammontavano a 315 miliardi di dollari.

Gli investimenti della Cina hanno avuto un rapido aumento negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Germania. Infatti tra il 2007 e il 2013, gli investimenti cinesi negli Stati Uniti sono aumentati di 14 volte. Tra i 50 Stati degli Stati Uniti, 35 hanno ricevuto investimenti dalla Cina, con lo Stato di New York, California, Texas nelle prime tre posizioni. Gli investimenti cinesi coprono ampi settori, tra cui l’energia, l’immobiliare, l’industria manifatturiera, la finanza, i servizi, le informazioni, l’elettronica, la biotecnologia, i progetti ‘verdi’ e altri, con una creazione di più di 80 mila posti di lavoro negli Usa.

La Germania è diventata anche un punto caldo per gli investimenti cinesi. Nel 2012 la Germania ha rappresentato il 38 per cento dei progetti cinesi d’investimenti esteri diretti in Europa, molto più che la Gran Bretagna e la Francia messe assieme.

Secondo i dati del Portale tedesco delle statistiche, la Cina ha fondato 2.500 aziende in Germania, creando 12 mila posti di lavoro a partire dalla fine del 2014. E il settore bancario d’investimento ha guadagnato molto dal mercato cinese: nel 2014 ha fatturato la cifra record di 5,3 miliardi di euro dalla Cina. Il Merics Cina Research Center della Germania e il Rhodium Group degli Usa hanno pubblicato congiuntamente un rapporto che prevede la Cina come il più grande investitore transfrontaliero a livello mondiale entro il 2020.

La risposta a queste previsioni ottimistiche, secondo chi scrive, è che più alte sono le aspettative, maggiore è la delusione: la recessione in Cina ha turbato tutto il mondo perchè le aspettative del mondo sulla Cina erano troppo alte.

SECOLO CINESE

Pechino vuole salvare l’economia cinese, ma non è in grado di farlo. E il regime cinese è davvero ansioso di diventare la seconda potenza economica del mondo.

Quando Xi Jinping e Li Keqiang hanno preso il potere, il suolo del Paese, i fiumi, i laghi, gli oceani e l’aria erano tutti fortemente inquinati. Gli analisti che hanno predetto che il XXI secolo sarà il ‘secolo cinese’, sono stati disposti ad accettare il fatto che un Paese non possa sostenere lo sviluppo economico se non a due condizioni:

Una è che un tale Paese deve avere enormi vantaggi in termini di risorse. Questo implica una buona consapevolezza della conservazione delle risorse, oltre ad avere sistemi industriali efficienti, come gli Stati Uniti e il Canada; la seconda è che si deve avere una tecnologia all’avanguardia, come hanno ad esempio gli Stati Uniti attualmente, o come aveva il Regno Unito prima della Seconda Guerra Mondiale.

L’espressione ‘fabbrica del mondo’ è stata usata sia in riferimento al Regno Unito che alla Cina. Il Regno Unito ottenne questo appellativo grazie al suo vantaggio tecnologico durante la Rivoluzione Industriale, mentre il titolo della Cina di ‘fabbrica del mondo’ si riferisce solo a questo Paese come a un impianto di assemblaggio: non può essere confrontato con la situazione del Regno Unito di un secolo fa. Una volta che il costo del lavoro e della terra non saranno più a buon mercato in Cina, il capitale internazionale si dirigerà altrove: ovunque i costi siano più bassi.

La prosperità della Cina deriva dai vantaggi in termini di costi, di terreno e del mercato del lavoro. Al fine di aumentare lo sviluppo economico, la Cina ha consumato sconsideratamente le proprie materie prime, con il risultato che l’acqua, il suolo e l’aria sono seriamente inquinati, mentre i minerali sono esauriti. Secondo le statistiche da parte della Commissione di Riforma e Sviluppo, la Cina ha 118 città con risorse esaurite – circa il 18 per cento di tutte le città – con un impatto su 154 milioni di persone.

Un altro punto importante è che la Cina ha soldi da investire all’estero, perché Pechino stampa denaro. Si è così guadagnata un altro ‘titolo’: il più grande Paese del mondo che stampa denaro.

A gennaio 2013 il 21st Century business Herald della Cina, ha condotto un’analisi statistica dei dati M2 (un dato indicativo della quantità di moneta in circolazione) dal 2008 al 2012 presso le principali banche centrali del mondo. La conclusione è stata che dal 2009 l’offerta di moneta della Banca Centrale cinese ha superato il Giappone, gli Stati Uniti e la zona euro. La Cina è diventata la più grande macchina da soldi del mondo. Nel 2012 la nuova offerta di moneta del mondo era più di 26 miliardi di yuan, con la Cina che ne ha fornito quasi la metà.

RECESSIONE

La Cina si è aperta al resto del mondo da quasi 40 anni. Prima del 2008 i Paesi sviluppati sognavano tutti che la Cina diventasse il loro paradiso investimento e il più grande mercato di materie prime. Ma dopo aver scoperto meglio la Cina, l’hanno abbandonata uno dopo l’altro.

Dopo la crisi finanziaria del 2008, molti Paesi hanno nuovamente riposto le loro speranze sulla Cina, questa volta per ‘salvare’ l’economia globale. Tuttavia, queste persone hanno intenzionalmente ignorato che, rispetto ai Paesi che volevano essere ‘salvati’, come l’Unione europea, la Nuova Zelanda, o il Sudafrica, la Cina è un Paese molto più povero, con oltre 800 milioni di persone che spendono meno di 1 euro e 80 centesimi al giorno. Senza considerare il forte inquinamento ambientale e un welfare quasi inesistente.

Il 22 gennaio 2015, un articolo in lingua cinese del Wall Street Journal intitolato il Capitale della Cina è in movimento, ancora una volta ha evocato questo Sogno cinese, sostenendo: «Abbiamo bisogno di una ‘Bretton Woods Tre’ per sostenere la crescita globale attuale, con la Cina che fornisce il capitale e gli Stati Uniti che ancora ne assorbono una parte sostanziale».

Questo sogno è completamente assurdo. E infatti stiamo iniziando ora ad assistere all’inizio di una recessione di lungo termine dell’economia cinese.

 

Questa è una traduzione abbreviata dell’articolo di He Qinglian pubblicato sul suo blog personale. He Qinglian è un’autrice ed economista cinese di primo piano cinese che attualmente vive negli Stati Uniti. He Qinglian ha scritto ‘China pitfalls‘, che tratta della corruzione nella riforma economica cinese degli anni 90, e ‘The fog of censorship: Media control in Cina‘, che affronta il tema della manipolazione e del controllo della stampa.

Articolo in inglese: ‘China Is Not Saving the World Economy

 
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