La Cina starebbe vendendo bond Usa per sostenere lo yuan

Guadagna punti il mercato finanziario cinese, ma i timori rimangono. Nonostante la Borsa di Shanghai abbia recuperato ieri il 5 per cento, probabilmente grazie a un aiuto ‘pilotato’, sembra che il regime stia perdendo il controllo.

Infatti, secondo quanto riferito da Bloomberg, alcuni addetti ai lavori hanno confermato che la Cina sta vendendo i buoni del Tesoro americano, allo scopo di contenere la svalutazione dello yuan. Dal momento che il volume di vendita è decisamente elevato, i rappresentanti cinesi stanno parlando alle loro controparti statunitensi per evitare turbolenze nel mercato. Ma sembra che l’esito non stia portando i risultati sperati.

Société Générale stima infatti che nelle ultime due settimane la quantità venduta dei buoni americani abbia superato i cento miliardi di dollari. E non è tutto, perché se questa crescita continuerà, il fatturato supererà facilmente i 500 miliardi di dollari entro il 2015. Un valore molto superiore alla precedente stima di 304 miliardi di dollari con un possibile impatto sui rendimenti dei bond e, di conseguenza, sui mercati finanziari.

Questa mossa è necessaria, ma allo stesso tempo controproducente, come Epoch Times già riportava in un articolo precedente. Da una parte le imprese cinesi, le banche, i cittadini cinesi e gli speculatori internazionali stanno facendo uscire denaro dalla Cina (acquistando perlopiù in dollari). Dall’altra, i dollari nel mercato cinese sono diminuiti a causa del calo delle esportazioni; per questo nessuno vuole scambiare i dollari in yuan.

Per tentare di risolvere questo problema, la Banca Popolare della Cina deve intervenire e sanare il deficit, vendendo le sue partecipazioni in valuta estera liquida (i buoni del Tesoro) per cercare di riequilibrare il mercato tra yuan e dollaro. Questo aiuto impedisce allo yuan un crollo del 10-20 per cento, mantenendo perciò l’economia in equilibrio. E un’economia relativamente stabile, potrebbe consentire alla Cina di essere inclusa nella valuta di riserva mondiale del Fondo monetario internazionale, i cosiddetti Diritti Speciali di Prelievo. Ma ultimamente il Fmi sembra indeciso se inserire la Cina in questo paniere di valute, che include l’euro, il dollaro, la sterlina e lo yen.

D’altra parte, svendere i beni porta alla deflazione con effetti negativi sulle azioni e gli immobili. Per compensare il deficit la Cina ha quindi stampato il denaro a livello nazionale. Ma, ironia della sorte, stampare moneta non fa che aumentare ulteriormente la pressione sulla valuta: si deve ricominciare a stamparne altra, entrando in un circolo vizioso e creando bolle in vari settori.

Pensare che la crisi cinese non possa avere impatti sul resto del mondo non risponde alla realtà: basti pensare alla grave crisi del dollaro in Cina e altrove. Questo poteva non accadere se la Fed avesse fornito trilioni di dollari di liquidità attraverso il suo programma di quantitative easing (una forma di creazione di moneta da parte di una banca e la sua immissione nel sistema economico-finanziario) e acquistando buoni del Tesoro nel processo. Invece il quantitative easing è rimasto fermo da quasi un anno, e il mercato del dollaro e quelli del Tesoro hanno accusato il colpo. È vero che la vendita di grandi quantità di obbligazioni, da parte della Cina, ha evitato una diminuzione dei loro rendimenti durante l’ultima disfatta del mercato azionario, ma potrebbe andare peggio.

Se la Cina continuerà a vendere al ritmo attuale, Citigroup stima che potrebbe aumentare artificialmente i rendimenti del Tesoro su base decennale di oltre l’1 per cento. Una cifra notevole per un sistema finanziario occidentale, che forse ha ottenuto un po’ troppo dai bassi tassi dalla banca centrale.

Per saperne di più:

Articolo in inglese: ‘It’s (Semi) Official: China Sells Treasurys to Support Currency

 
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