Cina, scalata al controllo degli oceani

Recentemente il regime cinese ha confermato quello che gli analisti militari avevano predetto da anni: la Cina ha firmato un accordo con Gibuti, uno Stato nel Corno d’Africa, per costruirvi una base militare. Hong Lei, portavoce del ministero degli esteri del Partito Comunista cinese (Pcc), ha annunciato che il 21 gennaio la base fornirà supporto logistico per l’esercito cinese, contribuendo alle operazioni antipirateria. Tuttavia, a dispetto delle parole, è probabile che quest’operazione costituisca un grosso business; la Cina sta infatti cercando di ottenere, a suon di offerte, l’accesso ai punti strategici commerciali e la base di Gibuti rappresenterà un passo importante per il raggiungimento dei suoi obiettivi.

Un giornalista (il cui nome non è stato rivelato) ha menzionato nella trascrizione del Ministero degli esteri che oltre all’accordo della base, il Pcc ha firmato una trattativa con Gibuti che istituisce una «zona di libero scambio, che espande il ruolo di Gibuti per il trasbordo di merci negli scambi tra la Cina e il mondo e consente alle banche cinesi di operare a Gibuti».

L’anno scorso il regime cinese aveva già fatto capire qualcosa. Il 2 aprile 2015, la Cina aveva infatti inviato la sua fregata Type 054A Linyi per aiutare a evacuare 449 cittadini cinesi provenienti dallo Yemen, che erano stati poi trasferiti a Gibuti. E mentre il mondo guardava le navi che evacuavano nell’operazione, la Cina stava inviando tre navi da guerra, 800 marinai e una squadra delle forze speciali per tenere delle «pattuglie antipirateria» nel vicino Golfo di Aden. Da quel momento Gibuti ha permesso alle forze navali di rimanere nella regione e l’ambasciatore cinese in Pakistan, Sun Weidong, ha dichiarato che in quel momento le navi da guerra cinesi avrebbero «tenuto i pirati a distanza da uno dei corsi d’acqua più importanti del mondo». Inoltre, sempre nello stesso periodo, la Cina ha cominciato a chiedere a Gibuti sia l’accesso al porto speciale che i diritti nelle basi.

Apparentemente non c’è niente di speciale se un Paese vuole avere una base militare a Gibuti – soprattutto se si pensa che la Cina sta prendendo parte ai pattugliamenti antipirateria nelle acque vicine. Anche gli Stati Uniti, la Francia e il Giappone hanno delle basi militari lì, e le utilizzano come area di sosta per l’antiterrorismo e le operazioni antipirateria. In realtà la Cina è interessata a Gibuti molto probabilmente perché intende avere una sua presenza militare in tutti i principali centri nevralgici del commercio marittimo. Questo perché chiunque abbia il dominio di queste zone, controlla il flusso del petrolio e quasi il 90 per cento del commercio mondiale. Proteggere questo sistema è uno degli obiettivi principali degli Stati Uniti sotto la ‘Pax Americana’; anche il regime cinese sta cercando di creare un sistema simile, ma serve più da vicino i propri interessi negando allo stesso tempo quelli degli altri.

L’idea è che chi protegge i canali del commercio globale ottiene anche un’influenza sul commercio globale. La replica di questo sistema da parte del Pcc sta preoccupando alcuni esperti della difesa, poiché mentre gli Stati Uniti offrono il proprio servizio gratuitamente e consentono il libero accesso a tutti, il sistema cinese potrebbe essere più selettivo. Difatti il Pcc sta già negando sia l’accesso aereo che marittimo ad altre Nazioni nelle acque rivendicate nel Mar Cinese Meridionale e sta provocando problemi alla maggior parte dei Paesi vicini della regione. La presenza del Pcc nel Mar Cinese Meridionale ha già influenzato gli scambi commerciali nello Stretto di Malacca, in cui passano ogni giorno circa 13,6 milioni di barili di petrolio. Robert Haddick, autore di Fire on the Water: China, America, and the Future of the Pacific [Fuoco sull’acqua: la Cina, l’America e il futuro del Pacifico, ndt], aveva spiegato quest’azione in un’intervista precedente con Epoch Times, facendo notare che «le persone non si rendono conto di questo problema o minaccia perché è così poco familiare».

Le rotte commerciali più importanti del mondo per il commercio del petrolio passano attraverso lo Stretto di Malacca, il Canale di Suez, lo Stretto di Hormuz, il Canale di Panama, lo Stretto di Bab el-Mandeb ­– e il regime cinese sta offrendo denaro per acquisire l’accesso ai porti di questi centri nevralgici. Gibuti è posizionato tra lo stretto di Bab el Mandeb e ogni giorno vengono trasportati circa 3,2 milioni di barili di petrolio.

      Per saperne di più:

Articolo in inglese: ‘CHINA SECURITY: China’s Military Base in Djibouti Is Another Step in Its Push Abroad

 
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