La banconota da 1 yuan è l’ultima vittima della censura cinese

Diverse nazioni stanno sostituendo le vecchie banconote con le monete per aumentare la durata fisica dei soldi e mettere un argine alla falsificazione. La Cina sta sostituendo il proprio denaro in circolazione per le stesse ragioni più una: la censura.

Il 12 gennaio, la filiale della Banca Centrale cinese di Jinan, ha infatti annunciato sul proprio sito che le banche commerciali devono cessare l’emissione delle banconote da 1 yuan, per sostituirle con monete dello stesso valore.

L’iniziativa parte da cinque città della provincia orientale dello Shandong e si allargherà ad altre quattro città, con l’obiettivo di bloccare la circolazione delle banconote da 1 yuan nelle città individuate.

La Banca non ha fornito alcuna spiegazione della decisione, ma molti media cinesi (come la versione online del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito) hanno applaudito alla decisione. I media cinesi hanno rilevato infatti diversi vantaggi nel passaggio dalla carta al metallo: maggiore durata, comodità, igiene (le monete si possono lavare) e difesa dell’ambiente (le monete si possono riciclare).

Inoltre, come spiega il Quotidiano del Popolo, il passaggio alle monete permette di «eliminare il diffondersi di commenti reazionari scritti dai criminali sulle banconote di piccolo taglio» e «ripulire l’ambiente della circolazione della moneta».

L’organo di informazione di Stato cinese non spiega chi siano questi «criminali», né cosa intenda con il fare pulizia nell’«ambiente della circolazione della moneta».

Ma esiste in effetti una parte della popolazione cinese che è molto attiva nello scrivere sulle banconote per informare sulla realtà di una delle persecuzioni in corso.

I praticanti della Falun Dafa (o Falun Gong) – una pratica di auto-miglioramento che comprende esercizi di meditazione e insegnamenti fondati sui valori morali di verità, compassione e tolleranza – subiscono da sedici anni la repressione del regime cinese.

Secondo infatti alcuni dati parziali di minghui.org (organo di informazione specializzato sulla persecuzione contro il Falun Gong), oltre 3.900 praticanti sono stati uccisi e centinaia di migliaia imprigionati.

Per rispondere alla propaganda del Partito Comunista contro il Falun Gong, quindi, alcuni praticanti scrivono sulle banconote dei messaggi con la speranza che altri concittadini li leggano quando fanno acquisti.

I messaggi più comuni sono: ‘Le persone di tutto il mondo sanno che la Falun Dafa è buona’ e ‘Il mondo intero metterà il Partito omicida sotto processo’.

I praticanti del Falun Gong scrivono questi messaggi correndo gravi rischi: nel novembre 2013, due praticanti della città di Yichun, Liu Yanhua e Wu Wenjin, sono stati entrambi condannati a dieci anni di reclusione per aver speso banconote su cui erano scritti dei messaggi sul Falun Gong.

La reazione del popolo del web cinese al ritiro delle banconote da 1 yuan si è dimostrata duplice, con certi che preferiscono le banconote e altri le monete.

Ma l’opinione pubblica digitale cinese sa, naturalmente, che una delle ragioni dell’intervento diretto contro la carta moneta è la censura.

E i commenti non sono affatto teneri: un utente soprannominato ‘Concentrato a essere una brava persona per 30 anni’, ad esempio, scrive su Sina Weibo (il Twitter cinese): «Le spiegazioni che ingannano l’opinione pubblica sono quelle rifilate con maggior facilità»; mentre un utente della provincia di Anhui di nome ‘Mentire’ aggiunge: «La vera ragione non è né igienica né finanziaria: è il fenomeno prevalente dei commenti reazionari, che possono essere troppo facilmente scritti sulla banconota da 1 yuan».

 

Articolo in inglese: China’s Latest Target of Censorship— the One Yuan Banknote

 
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