Infermieri: le nostre carriere non sono valorizzate. Sciopero il 23 febbraio

Confermato lo sciopero nazionale degli infermieri del 23 febbraio indetto dai sindacati di categoria delle professioni infermieristiche.
Il nodo principale riguarda il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, ritenuto sottoscrivibile solo dalle sigle confederali Cgil, Cisl e Uil, ma non da sindacati di categoria quali Nursing Up e Nursind, che hanno proclamato lo sciopero.

Cgil, Cisl e Uil, secondo i sindacati infermieristici, rappresentano principalmente categorie lavorative con mansioni meno specifiche di quelle invece chiamate a svolgere oggi dagli infermieri, che rivendicano quindi l’appartenenza a un profilo professionale ben definito.

Abbiamo intervistato Mauro Carboni, coordinatore provinciale di Roma del Nursing Up, per capire le motivazioni e le ragioni dello sciopero.

Prima di tutto: lo sciopero del 23 febbraio è confermato?

«Sì, la parte dei sindacati del comparto che ha proclamato lo sciopero, i sindacati di categoria Nursing up e Nursind, ha confermato lo sciopero, perché al momento non ci sono i presupposti per riaprire in maniera efficace una trattativa».

Quali sono i motivi iniziali che hanno portato alla proclamazione dello sciopero?

I punti che hanno portato alla proclamazione dello sciopero, dopo nove anni di blocco dei contratti, sono diversi; il primo è riferito alla parte economica, che sembra si sia risolto giovedì o venerdì con l’intervento della Commissione delle Regioni (il Consiglio delle Regioni), che ha trovato la parte dei finanziamenti che mancavano, ma solo per arrivare all’aumento di 85 euro previsto, cosa per noi assolutamente insufficiente. Lo Stato, con la legge di bilancio, aveva trovato i fondi per le funzioni centrali, ma per quello che riguarda le regioni, gli enti locali e le aziende sanitarie, aveva per il cinquanta per cento dato ovviamente la responsabilità alle regioni.

Ma il problema del sindacato di categoria infermieristico non è solamente di natura economica (anche se quello economico rimane uno dei problemi più importanti): è legato anche ai contenuti normativi di questo contratto. Perché è un contratto che si rinnova dopo nove anni, e dopo un enorme cambiamento nell’ambito delle professioni sanitarie non mediche, sia da un punto di vista formativo (perché oggi tutti i professionisti sanitari non medici sono laureati, quindi il profilo formativo si è alzato non di poco), che di responsabilità.
Le responsabilità sono ormai sovrapponibili a quelle della professione medica. Basta andare a vedere le sentenze del 2015 e del 2016 della Cassazione, per capire l’elevato livello di responsabilità che viene attribuito in modo particolare agli infermieri, sia per quello che riguarda la parte in autonomia che in ambito collaborativo.

Tanto per citarne una: dal 2015, l’infermiere viene considerato dalla Cassazione responsabile se non segnala un errore nella terapia che è stata prescritta dal medico, quindi deve avere la capacità di capire di che tipo di terapia si tratta, e poi affermare che è sbagliata.

Quindi c’è una crescita di responsabilità…

È una crescita di responsabilità. Addirittura nelle motivazioni della sentenza si stabilisce che l’infermiere non è mero esecutore materiale delle prescrizioni impartite dal personale medico, ma praticamente, per non incorrere in responsabilità, diventa suo compito intervenire direttamente sulla prescrizione medica errata o incompleta.
C’è stata un’altra sentenza del 2017, secondo cui l’infermiere è penalmente responsabile (così ha ritenuto la Cassazione) dell’errata assegnazione del codice di triage [i codici colore gravità al Pronto Soccorso, ndr].
Oggi ovviamente, tutti questi professionisti, in particolar modo gli infermieri, sono costretti a pagarsi un’assicurazione personale, per la responsabilità civile verso terzi. Sono costretti a pagarsi la formazione. Quindi ovviamente ci sono degli elementi importanti che questa bozza normativa del contratto non prevede.

Il principale punto di non incontro?

La cosa maggiormente critica è la deroga chiesta in questo contratto, alla legge sull’orario di lavoro. Nel 2003 (anno in cui è iniziato un periodo di deroghe), in recepimento di una direttiva europea, è entrato in vigore il decreto legislativo 66, che in qualche modo disciplinava tutto l’orario di lavoro. E ovviamente, a questo l’Italia ha derogato per far fronte alle esigenze delle aziende e degli ospedali, non assumendo. In Italia infatti il personale, nell’arco di questi nove anni, è stato diminuito di migliaia di unità infermieristiche, e per sopperire alle carenze di organico c’era bisogno di una maggiore elasticità dell’orario di servizio. Si è arrivati così di fatto a raddoppiare l’orario di lavoro, raddoppiare i turni, saltare i riposi…

E poi, in riferimento al periodo di deroghe, nel 2014 l’Europa ha pronunciato diverse ammonizioni all’Italia, dicendo “adesso basta, dovete adeguarvi alla normativa sull’orario”.

Adesso ci troviamo in un contesto paradossale, cioè l’Aran, che è l’Agenzia di rappresentanza negoziale (cioè praticamente il governo) ci dice di firmare un contratto fuorilegge, illegale, perché prevede che si chiedano queste deroghe. E questa è una delle importanti motivazioni per cui non abbiamo intenzione di sottoscriverlo.

Cosa chiedete con questo sciopero?

Oggi, quello che noi chiediamo è sostanzialmente il passaggio della nostra categoria professionale, cioè degli infermieri (ma non solo, anche di professioni sanitarie non mediche), da D a Ds. Perlomeno, nell’ambito della cosiddetta scala di carriera, chiediamo il passaggio a un livello maggiore. Perché per noi dopo il Ds non c’è più niente, abbiamo pochissimo margine di avanzamento di carriera. Solo pochissime unità normalmente sono promosse a Ds, diciamo alcuni coordinatori, che dopo un po’ di tempo riescono a passare.
Noi adesso invece chiediamo il passaggio di tutti gli infermieri, di tutte le professioni sanitarie, a Ds. Quindi di riconoscere la libera professione al pari della professione medica. Perché noi, ovviamente, oggi collaboriamo nell’intramoenia con i medici, ma siamo figure di supporto, non abbiamo titolo per una nostra intramoenia, quando invece la potremmo avere tranquillamente, come per esempio nell’ambito degli ambulatori infermieristici.

Chiediamo inoltre di qualificare, presso il governo, il lavoro infermieristico attività usurante. Ci sono tantissime evidenze nell’ambito della letteratura, che sostengono che la professione infermieristica è usurante.

Tra le altre cose, sempre da un punto di vista normativo, auspichiamo la creazione dell’infermiere esperto, dell’infermiere specialista, richiesta già presente in questa bozza di contratto. Ovviamente, noi le chiediamo come professioni fisse e strutturate negli organici degli enti, ma attualmente la bozza di contratto  si limita a menzionare queste due figure come se le volesse creare. In realtà la loro regolamentazione sarà successiva a delle commissioni paritetiche che si faranno in seguito (non si sa quando, perché non è definito) tra parte pubblica e parte sindacale. Si dovranno creare e regolamentare queste figure. Ma già da adesso ci hanno detto che non ci sono i soldi, quindi saranno vuote da un punto di vista economico, e soprattutto temporanee.

Negli ambiti delle funzioni centrali, tra cui quelle delle Forze dell’Ordine, delle Forze di Polizia e dei Vigili del Fuoco, sono state riformate le carriere; quindi non hanno visto il loro stipendio aumentare soltanto delle 85 euro lorde mensili. I Vigili del Fuoco sono arrivati, con il riordino delle carriere, a un aumento medio mensile di 257 euro lordi, quindi se si vogliono trovare i fondi si trovano, basta volerlo.

Noi pensiamo, riteniamo e rivendichiamo che dopo tutto questo excursus professionale di questi ultimi venti anni, con il nuovo profilo di responsabilità nell’ambito del lavoro, della formazione eccetera, vengano rifatte e riformulate le nostre carriere. Perché alle condizioni attuali non possiamo rimanere all’interno di un comparto che in qualche modo ci mette insieme ad amministrativi, cuochi, elettricisti, ausiliari… Stiamo nello stesso comparto ma non siamo la stessa cosa. È per questo che noi chiediamo una contrattazione separata.

 
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