Shen Yun riporta in Italia il Belcanto

Di Alessandro Starnoni

Fatta eccezione per alcuni casi particolari, sembra che dell’interesse per l’Opera e per il Belcanto in Italia, oggi, non sia rimasta neanche l’ombra. Proprio in Italia, la patria mondiale dell’Opera lirica, dove gli echi della voce di Caruso sono ancora udibili nello spazio vuoto dei teatri che hanno segnato la storia del melodramma italiano.

Basta guardarsi attorno, parlare con i giovani italiani, per capire che il disinteresse per la materia è totale. La ‘colpa’, se di colpe si può parlare, si potrà attribuire forse al tempo, quando con il passare degli anni, già a partire dagli anni 60, sono state proposte nuove forme di intrattenimento, nuove concezioni della musica e del canto. Ma non si tratta solo di disinteresse ‘fisiologico’ dovuto al cambiamento dei tempi; nella maggior parte dei casi, sull’argomento, l’ignoranza regna sovrana. E forse, in questo caso, la responsabilità si potrebbe attribuire alle istituzioni, che poco hanno fatto per preservare il nostro patrimonio artistico e culturale e hanno ceduto, anche loro nel tempo, ai benefici derivanti dall’ondata del consumismo, che da metà 900 ha investito quasi tutti i Paesi del globo.

Il cantante infatti, dagli anni 60 in poi, non rappresenta più la ‘voce’, ma è diventato più plausibilmente un personaggio, che dà il via a nuove mode, che piace ai giovani per il modo in cui si veste o per qualche sua caratteristica particolare. Il concetto di cura dell’emissione vocale ha assunto un ruolo del tutto secondario, e la cosa più importante è suscitare un’emozione, positiva o negativa che sia. Oggigiorno sono pochi gli enti, le associazioni o le personalità che in Italia continuano ancora a custodire e a diffondere la tecnica vocale per antonomasia, il Belcanto italiano.

Questo cambiamento, anche se è avvenuto gradualmente, è un dato di fatto, e il motivo più plausibile è che, probabilmente, come ha dichiarato in una passata intervista a Epoch Times il soprano Astrea Amaduzzi, quello che manca adesso in Italia è «l’educazione al bello».
Questo vale un po’ per tutto il mondo ma, come conferma il soprano, in Italia il problema appare più pronunciato: «Da parte di nazioni estere c’è molto più interessamento: è come se stranamente fossero un pochino più raffinati».

Il fenomeno è piuttosto visibile soprattutto sul web, dove sui vari social network, lì dove vengono caricati dei video che mostrano le indimenticabili esibizioni dei più famosi cantanti d’opera italiani della storia, la maggior parte dei commenti critici costruttivi appartengono a persone straniere, per lo più anglosassoni o americani, ma anche spagnoli e sudamericani. L’interesse che traspare dalle loro parole per le questioni tecniche legate alla voce di ogni singolo cantante è ancora vivissimo, e quel che salta all’occhio è che anche i commenti dei più esperti appartengono a persone di nazionalità estera. I nostri giovani hanno dimenticato completamente le loro origini, e l’interesse per il Belcanto si è spostato, nella maggior parte dei casi, all’estero. Più che di ‘spostamento’ però, si tratta di una questione di ‘permanenza’ di questa forma d’arte in una determinata nazione. Il Belcanto infatti, durante la sua epoca di splendore, dall’Italia si era già diffuso in tutto il mondo e, stranamente, in quei Paesi la sua influenza oggi è più forte, mentre la sua culla appare pressoché abbandonata.

Molti maestri italiani di Belcanto si spostano spesso all’estero per insegnare e per tenere le loro Masterclass, perché lì l’interesse da parte dei giovani è senza dubbio più acceso, ma anche maggiormente sostenuto dalle politiche dei rispettivi Paesi; oltre ai Paesi citati in precedenza, tra i cittadini extraeuropei che stravedono per il Belcanto italiano, ci sono anche studenti giapponesi e cinesi. Il maestro e baritono Mauro Augustini — allievo del grande tenore Mario Del Monaco — viaggia spesso in Giappone, «dove c’è rispetto per la nostra cultura e arte, così tanto bistrattate in Italia», da un sistema che a suo avviso «penalizza in particolare la nostra Opera lirica».

Anche il famoso tenore italiano Marcello Giordani, che nel corso della sua carriera ha cantato l’Opera nei più illustri teatri del mondo, si è avvicinato all’Oriente dopo essere stato invitato a unirsi come partner presso un concorso canoro organizzato da Ntd television, media partner di Epoch Times. Ntd television è insieme a Epoch Times il media in lingua cinese indipendente più seguito al mondo, e proprio come Epoch Times, ha sede a New York. Nei concorsi artistici che Ntdtv organizza, che possono riguardare il pianoforte, il canto o la danza, viene lasciato spazio ai nuovi talenti — per la maggior parte cinesi ma non solo — e il fine del concorso è quello di preservare e diffondere le arti classiche, come la danza classica cinese, il Belcanto e la musica classica, sia orientale che occidentale.

Il tenore siciliano è stato invitato all’evento tenutosi alla Carnegie Hall di New York in qualità di mentore, e ha dichiarato a Ntdtv di essersi sentito come un «padrino» nei confronti dei giovani talenti in gara. Poi ha aggiunto: «Ascoltare questi giovani cantanti provenienti da tutto il mondo è bellissimo e questo significa molto per il mondo dell’opera; ad esempio che l’opera può ancora avere un futuro e sopravvivere, e condividere il palco con questi giovani cantanti è un privilegio per me».

Il Belcanto italiano sopravvive nel mondo (e in Italia), anche grazie a Shen Yun Performing Arts, la principale compagnia al mondo di danza classica cinese.

Sebbene il centro degli spettacoli di Shen Yun sia la danza classica cinese, e lo scopo della compagnia sia quello di riportare in vita, tramite l’autentica danza cinese, la cultura virtuosa e spirituale dell’antica Cina, durante lo spettacolo si assiste anche a esibizioni di canto, da parte di tenori e soprano che cantano in cinese utilizzando la tecnica e lo stile del Belcanto. Un qualcosa di mai avvenuto prima.
Lo stesso tenore Marcello Giordani, quando ha assistito a una performance di Shen Yun in America, è rimasto completamente sorpreso dalla bravura degli artisti e riguardo ai cantanti ha dichiarato: «Sono davvero bravi e cantano questi pezzi veramente difficili in cinese, che non sapevo fossero così complicati […] sono rimasto totalmente sbalordito da questi artisti».

In merito allo spettacolo in generale ha affermato: «È la prima volta che vedo questo spettacolo, e in assoluto è la prima volta che vedo uno spettacolo cinese: sono rimasto completamente travolto da questa meraviglia, mi hanno colpito molto i movimenti così sincronizzati, le danze, le coreografie, l’interazione; è davvero incredibile e sono rimasto sbalordito nell’assistere a questo grandioso, grandioso show».

Il motivo di tanto stupore e della tanta meraviglia presenti nelle parole del tenore Marcello Giordani, è che è uno spettacolo completamente nuovo: completamente differente dall’antica opera cinese (Opera Kunqu e Opera di Pechino) che tra le altre cose ha subito negli ultimi anni la censura da parte del governo di Pechino su tutti gli elementi richiamanti la tradizione; e completamente differente, a maggior ragione, dagli spettacoli finanziati dal governo cinese attuale, che con il pretesto di promuovere la cultura tradizionale promuovono invece il partito comunista. Shen Yun è infatti una compagnia indipendente, con sede a New York, che porta al mondo l’autentica e pura cultura cinese.
Il Belcanto, in parte minore, accompagna gli spettacoli di Shen Yun, che ha scelto tuttavia di utilizzare questa tecnica e questo stile antico per trasmettere al mondo, tramite le liriche in cinese, il suo messaggio di pace.

La compagnia di danza classica cinese Shen Yun Performing Arts si esibirà in Italia a Milano l’11, 12 e 13 marzo 2017.

Epoch Times è fra i media partner di Shen Yun Performing Arts

Per saperne di più:

 

 
Articoli correlati