Il paracetamolo attenua la risposta emotiva

Il paracetamolo, un comune principio attivo contenuto nella tachipirina e nella sanipirina, non solo calma il dolore ma ha anche un effetto collaterale che indebolisce le emozione positive. Lo ha dichiarato uno studio dell’Ohio State University, divulgando una notizia mai rivelata in 70 anni d’utilizzo. 

«I partecipanti dello studio che hanno assunto il paracetamolo hanno riferito un minor numero di emozioni forti quando hanno visto delle fotografie molto belle e molto inquietanti, rispetto a quelli trattati con un placebo», ha affermato lo psicologo Geoffrey Durso, in una dichiarazione pubblicata ad aprile scorso dall’Ohio State University. In farmacologia questa sostanza viene chiamata acetaminofene e in Italia si vende in alcuni farmaci come la tachipirina, l’efferalgan, la sanipirina e l’acetamol. 

In altre ricerche precedenti, Durso aveva già dimostrato che il Tylenol, un altro farmaco che contiene paracetamolo, agisce anche a livello psicologico. Visti i risultati del nuovo studio, secondo Durso, «questo significa che l’uso di Tylenol o di prodotti simili potrebbero avere conseguenze più ampie di quanto si pensasse». Lo scienziato ha poi dichiarato che il farmaco potrebbe costituire un fattore esterno che contribuisce a controllare le emozioni umane. 

Al giorno d’oggi il paracetamolo è molto utilizzato da bambini e adulti. L’Ohio State University ha citato un dato dell’Associazione Consumatori dei prodotti sanitari (Chpa), secondo cui in America ogni settimana circa il 23 per cento degli adulti utilizzano farmaci contenenti paracetamolo. Una situazione che forse si verifica anche in altri Paesi. «La maggior parte delle persone probabilmente non sono consapevoli di come le loro emozioni possano essere influenzate quando prendono il paracetamolo» ha detto Baldwin Way, professore di psicologia e membro dell’Istituto di Ricerca di Medicina Comportamentale. 

Lo studio ha monitorato due gruppi composti ciascuno da 41 studenti universitari: al primo gruppo è stato somministrato una dose alta di 1 grammo di paracetamolo, al secondo un placebo. Dopo un’ora, tutti i soggetti hanno visto 40 fotografie, alcune delle quali raffiguravano bambini malnutriti o infelici oppure che giocavano con i gatti. Poi gli studenti hanno valutato le foto con un punteggio da -5 (molto negativo) a 5 (molto positivo). Infine i soggetti hanno visto nuovamente le stesse immagini e le hanno classificate in termini di reazioni emotive: da 0 (poca o nessuna reazione) a 10 (emozione estrema). 

I risultati hanno rivelato che chi ha assunto paracetamolo ha avuto un punteggio medio di 5,85 rispetto a una media di 6,76 del gruppo placebo, in una scala da 1 a 10. «Le persone che hanno assunto il paracetamolo non hanno avvertito gli stessi alti o bassi livelli (emotivi) come quelli che non hanno assunto il placebo», ha spiegato Durso. Il ricercatore ha aggiunto che non si sa se altri antidolorifici, come l’ibuprofene e l’aspirina, abbiano lo stesso effetto, e proprio per questo motivo ha intenzione di studiarli. «I risultati suggeriscono che, in generale, il paracetamolo condiziona le nostre valutazioni emotive e non l’entità dei nostri giudizi», ha precisato il dottor Durso. Lo studio fornisce quindi sostegno a quelle teorie secondo cui esistono dei fattori esterni che possono influenzare o controllare il grado di sensibilità delle persone, sia in positivo che in negativo. 

Il paracetamolo è un derivato del catrame di carbone, ed è il metabolita più attivo della fenacetina, un liquido viscoso di colore bruno nerastro, ottenuto come sottoprodotto quando il carbone viene carbonizzato. Secondo gli studi farmacologici, viene rapidamente assorbito nel tratto gastrointestinale e ha una vita media nel corpo umano da 1 a 4 ore, per poi essere espulso tramite le urine. 

 
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