Il nuovo favore di Papa Bergoglio al Pcc

Con un gesto senza precedenti nella storia del cattolicesimo, il Vaticano guidato da Papa Francesco, avrebbe costretto due vescovi regolarmente ordinati (Giuseppe Guo Xijin e Pietro Zhuang Jianjian) a cedere il passo a quelli imposti da Pechino. Questa è solo l’ultima di una serie di concessioni fatte da Jorge Mario Bergoglio nel tentativo di migliorare le relazioni diplomatiche tra il Vaticano e la dittatura comunista cinese, che – per parte sua – non ha mai riconosciuto al Papa il diritto di nominare i vescovi cattolici nella Cina continentale.

Secondo Asia News, una delegazione del Vaticano è stata inviata in Cina a dicembre 2017, per costringere il vescovo Peter Zhuang dello Shantou a ‘ritirarsi’ o ‘scendere di grado’, e dare così la possibilità al regime cinese di promuovere i propri vescovi, provenienti dalle chiese affiliate al regime cinese.

Il Vaticano e Pechino non hanno relazioni diplomatiche dal 1951, da quando il regime ha preteso che tutti i vescovi cattolici in Cina continentale fossero nominati dal Partito Comunista Cinese, per mantenere un assoluto controllo sulla chiesa cattolica romana. Nel 1957 il regime ha infatti fondato l”Associazione patriottica cattolica cinese’ per rappresentare i cattolici in Cina.

Il Vaticano, sotto la guida di tutti i precedenti papi, si era sempre opposto, rifiutando di riconoscere i vescovi unilateralmente nominati da questa ‘Associazione’ (ed è più che naturale, visto che questa ‘associazione’ altro non è, se non un’emanazione di un partito politico che non solo è ateo, ma che considera ogni religione l’«oppio dei popoli»).

È sempre rimasta comunque in essere la cerimonia per nominare i vescovi, nota come Ordinamento episcopale, considerata molto importante dalla tradizione della chiesa cattolica. E questo è uno dei motivi per cui in Cina esiste ancora oggi una rete clandestina di ‘chiese domestiche’ (che sfuggono al controllo dell”Associazione patriottica cattolica cinese’), i cui fedeli sono rappresentati da vescovi cinesi legittimamente ordinati dal Vaticano, come Zhuang e Guo.

I cristiani cinesi partecipano alla messa della vigilia di Natale in una chiesa cattolica a Pechino, il 24 dicembre 2016. (Wang Zhao/AFP/Getty Images)

Non sorprende, quindi, che il vescovo 88 enne Zhuang sia scoppiato in lacrime udendo l’ordine del Vaticano, e abbia poi deciso di rifiutare di retrocedere e di lavorare al servizio del proprio sostituto – il vescovo dell’Associazione patriottica cattolica cinese Huang Bingzhang – dal momento che quest’ultimo potrebbe destituirlo con facilità in qualsiasi momento. Oltre a essere vescovo dell’Associazione patriottica cattolica cinese, infatti, Huang Bingzhang è anche membro dell’Assemblea nazionale del Popolo, il Parlamento fantoccio del regime cinese.

Il Vaticano di Papa Francesco aveva già chiesto a Zhuang di ritirarsi in una lettera datata 26 ottobre, alla quale Zhuang aveva risposto che, piuttosto, si sarebbe assunto la responsabilità di disobbedire agli ordini del Vaticano.

Dopo aver eliminato Zhuang, la delegazione del Vaticano si è diretta nella provincia di Fujian, per chiedere al vescovo Giuseppe Guo di rinunciare alla carica, a favore del vescovo Vincenzo Zhan Lun dell’Associazione. In precedenza, Guo era scomparso per circa un mese, dopo che lo scorso anno il regime lo aveva costretto a recarsi presso l’Ufficio affari religiosi della città di Fuan.

Bob Fu, fondatore della Ong cristiana statunitense ChinaAid, ha dichiarato: «È vergognoso che i politici del Vaticano mettano i propri interessi politici al disopra di quelli della Chiesa, e si inchinino davanti ai comunisti di Pechino. Questo è un chiaro atto di tradimento nei confronti dei principi cristiani e dei fedeli perseguitati in Cina. Spero che Papa Francesco intervenga e corregga la rotta, prima che il danno diventi troppo grande per porvi rimedio».

ACCONTENTARE IL REGIME CINESE A OGNI COSTO

Epoch Times ha chiesto ripetutamente all’ufficio stampa del Vaticano un commento sulla vicenda, senza però ottenere alcuna risposta.

Intanto, la notizia della retrocessione forzata dei due vescovi è stata confermata dal cardinale Giuseppe Zen, stimato ex vescovo di Hong Kong, ritiratosi nel 2009, che negli ultimi anni ha svolto un ruolo importante, nel mettere in discussione le varie concessioni di Papa Francesco verso il regime cinese.

Il 23 gennaio 2017,  l’86enne Giuseppe Zen si è recato a San Pietro insieme ad altri firmatari, per consegnare personalmente a Papa Bergoglio una lettera, in cui gli si chiedeva di interessarsi delle disperate condizioni in cui versa le Chiesa cattolica clandestina in Cina. Stranamente, a Giuseppe Zen è stato negato il privilegio di incontrare direttamente il Papa, tradizionalmente concesso agli ex-cardinali del suo rango.

L’allora cardinale di Hong Kong Giuseppe Zen in Piazza San Pietro, il 6 marzo 2013. Il cardinale in pensione, che ha 86 anni, avrebbe visitato il Vaticano il 23 gennaio 2018 e avrebbe atteso nel freddo di Piazza San Pietro per consegnare personalmente una lettera a Papa Francesco. (Philippe Lopez/AFP/Getty Images)

Ma, d’altra parte, il Vaticano di Papa Francesco, ha ripetutamente manifestato la chiara volontà di riconciliarsi con il regime cinese a ogni costo: da quando Bergoglio è stato eletto nel 2013, il Vaticano ha fatto diverse concessioni al regime cinese, come la visita del Papa in Cina nel 2014, o l’annuncio del febbraio 2017 sul raggiungimento di un accordo con Pechino, sulla questione della nomina dei vescovi. Recentemente, questo giornale ha riportato la notizia di un arcivescovo – noto per la forte opposizione alla dittatura di Pechino – che Bergoglio ha rimosso da un importante incarico in Vaticano.

L’avvicinamento di Papa Francesco al regime comunista cinese si discosta nettamente dalla linea dei suoi predecessori, a partire da Giovanni Paolo II, noto per aver giocato un ruolo storico chiave nella caduta del comunismo in Polonia. E, sebbene diversi papi prima di Francesco abbiano tentato di riallacciare le relazioni con la Cina, nessuno ha mai potuto accettare che il Partito Comunista Cinese privasse il Vaticano del potere di ordinare i propri vescovi.

Ma la nomina dei vescovi, è una questione che non riguarda solo il Vaticano e il governo cinese: il destino della rete della chiesa cattolica clandestina in Cina (che si stima raccolga dai 5 ai 10 milioni di fedeli) è ancora incerto, e i vescovi sono stati abbandonati dal Vaticano. Mentre il regime cinese ha arrestato centinaia di preti e vescovi e distrutto diverse chiese.

L’accordo tra il Vaticano e Pechino riguarda anche Taiwan, con cui attualmente la Santa Sede intrattiene rapporti diplomatici. In parte, è perché il regime cinese non ha mai riconosciuto l’autorità del Vaticano in Cina, che la Santa Sede ha mantenuto buone relazioni con Taiwan, e attualmente è tra i pochi Paesi che riconoscano formalmente la sovranità nazionale di Taiwan, almeno finora.
Gli osservatori ipotizzano che il Vaticano sarebbe disposto a rinunciare alle relazioni con Taiwan, per garantirsi un accordo con il regime. Ma che, d’altra parte, un simile gesto sarebbe considerato un atto di tradimento, non solo nei confronti di Taiwan, ma anche verso i 240 mila cattolici taiwanesi, che – diversamente dai cattolici ‘continentali’ – sono da sempre liberi di praticare apertamente la propria fede e di riconoscere solo l’autorità del Vaticano.

 

Articolo in inglese: Pope Francis Appeases Chinese Regime, Depriving Persecuted Underground Catholics of Their Bishops

Traduzione di Marco D’Ippolito

 

 
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