Il narcisismo ‘Social’ del nuovo millennio

Nell’antichità si narrava la storia di Narciso, che con il suo fascino era in grado di ammaliare qualsiasi persona. Il giovane, nato dall’unione di Cefiso, il dio delle acque, e Liriope, la ninfa delle acque dolci, era così bello che secondo il profeta Tiresia non avrebbe mai dovuto vedere il proprio volto.

Nonostante fosse un ragazzo meraviglioso, Narciso era terribilmente crudele. Il suo orgoglio era talmente grande che chiunque lo amasse, veniva respinto in malo modo. La bellezza regalatagli dalla natura e dagli dei si contrapponeva quindi alla viltà del suo carattere.

La storia racconta che, come punizione divina per i suoi comportamenti lontani dalla vera morale umana, il bel giovane finì per innamorarsi della sua stessa immagine e, dopo aver compreso che sarebbe stato impossibile ottenere il proprio amore, decise di lasciarsi morire nel fiume che gli faceva da specchio.

A distanza di secoli, il mito di Narciso porta con sé un’apprezzabile morale, legata all’importanza di pensare anche agli altri, di non vedere se stessi come unico fulcro della vita, né di innalzarsi superbamente al di sopra di tutto e tutti. Oggi invece, il tema del narcisismo torna alla ribalta per via dell’effetto che le nuove tecnologie stanno avendo sulla personalità umana e di conseguenza sulle relazioni interpersonali.

IL NARCISISMO ‘SOCIAL’

In uno studio condotto da Christopher Carpenter, docente di comunicazione presso la Western Illinois University, e pubblicato sulla rivista Personality and Individual Differences, sono state identificate delle importanti correlazioni tra l’uso eccessivo di Facebook e i comportamenti legati ai disturbi di personalità narcisistico e antisociale. I principali sintomi legati a questi disturbi sono l’incapacità di provare empatia verso gli altri, la percezione di sé stessi come eccessivamente importanti e speciali, e una forma di egoismo di cui, di solito, non si è totalmente consapevoli.

Per questo esperimento sociale sono state prese in esame le abitudini, legate all’utilizzo di Facebook, di 292 individui, tra i 18 e i 65 anni. Carpenter ha voluto sottolineare che «il 75 per cento dei rispondenti erano studenti universitari», si legge sul sito web della Western Illinois University dove sono stati pubblicati i risultati della ricerca.

Il ricercatore statunitense ha ipotizzato che la sottoscala del test ‘esibizionismo grandioso’ (GE) avrebbe previsto degli atteggiamenti di auto-promozione, mentre la sottoscala di ‘autorizzazione allo sfruttamento’ (EE) avrebbe trovato una correlazione con dei comportamenti antisociali. GE comprende atteggiamenti di vanità, superbia e tendenze esibizionistiche, mentre EE include comportamenti manipolatori e di sfruttamento emotivo.

I risultati hanno mostrato come un numero eccessivo di pubblicazioni di aggiornamenti di stato, cosiddetti selfie e aggiornamenti delle proprie informazioni del profilo, siano altamente correlati al modello statistico GE costruito da Carpenter e quindi ai sintomi del Disturbo narcisistico di personalità. Per quanto riguarda il modello EE, è emerso un risultato simile: la ricerca di sostegno sociale su Facebook, a cui manca però una corrispondenza rivolta verso gli altri, si correla positivamente alla mancanza di empatia e di rispetto propria del Disturbo antisociale di personalità.

Secondo Carpenter, Facebook offre «la porta di accesso a centinaia di relazioni superficiali e a una comunicazione emotivamente distaccata», continua sul sito web dell’Università americana. Sembra essere quindi «un luogo dove la gente va solamente per riparare il proprio ego danneggiato e cercare sostegno sociale», aggiunge il ricercatore.

Per il sociologo Carol Craig, è anche una questione di cosa i ragazzi imparano, perché l’apprendimento e la stimolazione dei comportamenti non arriva solo dal mondo digitale, ma anche dalle persone più vicine, soprattutto da quelle che educano: «Il modo in cui i bambini vengono educati si sta concentrando sempre di più sull’importanza dell’autostima», lo cita il Guardian. E non è l’unico a pensarla così: una recente ricerca olandese guidata da Eddie Brummelman ha trovato infatti una correlazione tra la sopravvalutazione dei genitori nei confronti dei figli e il loro emergere di tratti narcisistici.

In ogni caso, si è ancora distanti da una vera relazione causa-effetto, la materia necessita quindi di ulteriori approfondimenti. Ciononostante, queste ricerche forniscono degli spunti di riflessione importanti: in una cultura individualistica come quella occidentale, sembra giusto e legittimo dare valore alla totale realizzazione di sè. Ma fino a che punto? Quando questa realizzazione deve essere raggiunta a tutti i costi, scavalcando anche il rispetto e la comprensione degli altri, non si cade nell’eccesso? Perché i social possono essere visti sia come dei ‘potenziatori’ delle proprie attitudini personali, positive e negative, sia semplicemente come degli strumenti utili, ma vanno utilizzati con parsimonia. Non a caso, esiste il proverbio ‘il troppo stroppia’.

 
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