Il Movimento Occupy a Hong Kong è terminato tre mesi fa. Ma non per tutti

«Torneremo», promisero lo scorso dicembre i manifestanti pro-democrazia quando la polizia stava sgomberando le loro tende dalle strade di Hong Kong, dopo quasi tre mesi di proteste di piazza. Tuttavia, alcuni attivisti non se ne sono mai andati.

Hong Kong ha visto la più grande protesta di massa di sempre della sua storia da fine settembre a metà dicembre 2014: centinaia di migliaia di cittadini hanno tenuto in pugno le strade principali dei distretti di Admiralty, Mong Kok e Causeway Bay. Conosciuti come ‘Occupy Central’ o il Movimento degli Ombrelli, i manifestanti chiedevano che Pechino non influenzasse l’elezione del prossimo governatore della città.

Dopo innumerevoli comizi pubblici, un dibattito televisivo tra i leader studenteschi e i funzionari governativi e settimane di scontri con la polizia, il sostegno della cittadinanza ha iniziato a scemare. Una ordinanza del tribunale è stato il colpo di grazia per l’improvvisato campeggio, con la polizia che davanti agli occhi dei media smantellava le tende rimanenti e arrestava i manifestanti.

Le autorità non hanno però spazzato via completamente Occupy da Hong Kong. Tre mesi dopo ci sono alcune scintille di resistenza, sparse per la città, a sostegno del diritto di protestare e a dimostrazione che per quanto possa aumentare il controllo politico, le libertà fondamentali di Hong Kong rimangono.

PUBBLICITÀ GRATUITA PER LA DEMOCRAZIA

Chiunque passi davanti agli edifici del governo di Hong Kong nel distretto di Admiralty incontrerà Bob Kraft. Parroco in pensione di 57 anni, è un veterano dell’esercito americano e manifestante a tempo pieno dal mese di settembre. Ha allestito un gazebo e una tenda lungo Harcourt Road, un tempo fiancheggiata da file ordinate di tende colorate.

«Ogni giorno, migliaia di automobili passano qui, davanti al Consiglio Legislativo (LegCo). È una pubblicità gratuita per la libertà e la democrazia», ha detto riferendosi agli accampamenti improvvisati che attualmente fiancheggiano il marciapiede di Tin Mei Avenue, vicino al Parlamento di Hong Kong.

Al signor Kraft piace fare nuove amicizie e spesso si siede davanti ‘all’Università Democratica’ – un’accogliente biblioteca decorata con biglietti scritti a mano, opere d’arte e tutto l’armamentario per protestare – per parlare della politica di Hong Kong con la gente del posto, così come con i turisti in giro per la città.

«Siamo impegnati, stiamo lavorando duramente per la democrazia e non abbiamo paura», ha detto Kraft. Uno dei suoi compagni di protesta è Bassineo Lau, conosciuto anche come ‘Il padrone di casa’ (come lui stesso si definisce). La coppia è riuscita a convincere la polizia a farli restare laddove tutti gli altri sono stati fatti sgomberare. La motivazione è che stanno facendo, a detta loro, è una ‘protesta’ (cosa che a Hong Kong è legale) e non una ‘occupazione’.

Lau, 60enne pensionato locale, dice alla polizia che non ha una casa e questo rende loro più complicato mandarlo via. Nel frattempo, si è dato il compito di portavoce e di guida non ufficiale del luogo di protesta. «Il nostro piano è quello di riconquistare lentamente Tamar Park», ha detto riferendosi a uno spazio verde accanto al Parlamento, dove un tempo i manifestanti avevano piantato le tende. Il cosiddetto ‘Occupy LegCo’ consiste anche nell’avvicinarsi alla passerella soprelevata che gli impiegati usano per andare al lavoro, dall’uscita della metropolitana.

Al picco delle protesta il distretto di Admiralty, secondo un censimento online non ufficiale, vedeva sul suo suolo oltre 1800 tende. A partire da venerdì scorso ci sono 149 tende, in aumento dalle 78 rimaste il 16 dicembre, quando lo sgombero è diventato realtà. Circa un centinaio di manifestanti – pensionati, studenti, casalinghe, falegnami e artisti – sono rimasti.

Sebbene nel sito dell’Occupy LegCo i sostenitori della democrazia tengano le loro riunioni occasionali di gruppo, in termini di manifestazioni attive viene fatto poco per infrangere l’atmosfera serena e quasi meditativa. Tuttavia, la loro presenza tra gli alti grattacieli rimane una testimonianza di quello che è avvenuto in precedenza.

Un turista cinese dalla Cina continentale in visita a Hong Kong per la prima volta ha detto a Epoch Times di aver messo il luogo di protesta a LegCo come prima voce nella sua lista di ‘cose da vedere’. «È impossibile ottenere notizie sul movimento Occupy su internet perché tutto è censurato», ha detto. L’uomo non voleva che il suo nome comparisse nell’articolo per paura di essere interrogato alla dogana al suo ritorno in Cina. «Sono venuto qui a Hong Kong per avere la conferma che le proteste di massa pro-democrazia fossero reali».

FALSI ‘CLIENTI’

Verso le nove di sera, nello sfavillante e illuminato quartiere commerciale e residenziale di Mong Kok sulla penisola di Kowloon, si può essere testimoni di un curioso spettacolo. Circa una dozzina di manifestanti si allineano sullo stretto marciapiede di Sai Yeung Choi South Street, aprono i loro ombrelli gialli e iniziano a urlare slogan del tipo: «Voglio il vero suffragio universale».

A volte, si possono notare sul lato opposto della strada un altro gruppo, ritenuto essere pro-Pechino, che replica loro con degli insulti. A completare il quadro vi sono una decina di poliziotti con il basco e la giacca color blu marino che si aggirano nelle vicinanze, tenendo d’occhio la situazione. La polizia di solito non ha nulla da temere, puntuali come un orologio, poco prima di mezzanotte i partecipanti, principalmente di mezza età, ritraggono i loro ombrelli e corrono a prendere l’ultimo treno per tornare a casa.

Le cose non sono state sempre così rilassate. Alcuni tra i più violenti tafferugli hanno avuto luogo a Mong Kok, fino a quando nel mese di novembre la polizia ha sfrattato i manifestanti. Da allora, nel mese di dicembre in molti sono ricorsi a una protesta più mobile in stile ‘flash mob’, chiamata ‘Gau Wu’ o ‘Shopping Revolution‘.

Tuttavia, in questi giorni la «Gau Wu si è trasformata in una protesta simbolica», ha lamentato su Twitter il giornalista ‘Hong Kong Hermit’ (l’Eremita di Hong Kong), che ha documentato l’azione di Occupy con foto e brevi filmati caricati su Vine ripresi con il suo mini iPad.

DOCUMENTARISTI AMATORIALI

L‘Eremita di Hong Kong fa parte di quei numerosi documentaristi che hanno registrato la lotta per la democrazia in corso a Hong Kong. È regolarmente presente a questi eventi, per poi pubblicare immagini e video, accompagnati da amari commenti, sui vari social media.

«I social media sono un complemento indispensabile ai tradizionali organi di stampa», ha detto l’Eremita in una intervista. Ha chiesto di rimanere anonimo perché è un insegnante di scuola; in passato i sostenitori pro-Pechino hanno fatto passare un brutto quarto d’ora a un insegnante che sosteneva Occupy. «[I documentaristi amatoriali] non possono offrire la stessa copertura degli eventi rispetto ai media professionali, ma possiamo essere in più luoghi e osservare più cose».

Considerando che gli abitanti di Hong Kong hanno sviluppato un senso di delusione nei riguardi dei media tradizionali – spesso visti come un portavoce degli interessi di Pechino – durante le proteste del movimento Occupy c’è stato un aumento del giornalismo dal basso, da parte dei cittadini. I manifestanti hanno postato le proprie foto, i video e gli articoli tramite portali indipendenti o i social media.

C’è un gruppo di giornalisti di lingua inglese presenti su Twitter che è composto da gente del posto e da espatriati che, quasi esclusivamente, supportano il movimento democratico di Hong Kong. L’Eremita ritiene che «la causa è giusta e necessaria».

Il 28 settembre 2014, un trader nativo dei Paesi Bassi ‘LostDutch‘ (Olandese smarrito), è stato colpito dai gas lacrimogeni della polizia e da allora ha iniziato a postare quello che succede. Ritiene che in Europa le manifestazioni non sarebbero state altrettanto pacifiche. Come l’Eremita, anche LostDutch preferisce rimanere anonimo.

Uno studente e manifestante locale, Joel Christian, ha iniziato a tweettare regolarmente dopo aver aderito a un gruppo su Reddit, dove aggiornano continuamente le notizie sugli eventi. In questi giorni, l’Eremita, LostDutch e Christian sono impegnati vicino al confine cinese, dove sono in corso le proteste contro gli scambi commerciali con Hong Kong, a scattare foto delle aggressioni della polizia e a mandare direttamente sul web in streaming i video degli eventi

«Questa è una guerra per procura tra il popolo e il Partito Comunista Cinese e il governo di Hong Kong», ha detto l’Eremita in un momento di pausa a Yuen Long. «Questi gruppi che ci provocano costringeranno il governo ad affrontare le questioni locali, invece di metterle da parte».

Articolo in inglese: Occupy Hong Kong Ended Three Months Ago— But Don’t Tell These Guys

 

 
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