Il mondo delle stampanti 3D visto da un maker italiano

Inventori, maker, capaci di creare ogni tipo di oggetti, sono da qualche anno il nuovo fenomeno nell’universo della tecnologia. E per le stampanti 3D il made in Italy non tarda ad arrivare: su Youtube è emersa la figura di Simone Fontana, uno dei primi giovani nostrani che ha colto l’occasione per cavalcare la cresta dell’onda di questa tecnologia.

«Sono sempre stato uno smanettone, facevo modellismo, mi interessavo a laptop, computer, tecnologie e così via – così Simone racconta il suo percorso che l’ha portato a diventare un maker – Mi faceva impazzire una tecnologia tale che dal nulla crea un oggetto, ne continuavo a parlare, così alla fine ho comprato con mio padre la mia prima stampante 3D [per gli appassionati, una versione open source della i3 RepRap Prusa] l’abbiamo montata assieme, e poi da solo ho imparato quali sono i software che vanno utilizzati».

Dopo un anno e mezzo di sperimentazione il 22enne è entrato a far parte della prima accademia al mondo in modellazione e stampa 3D, la londinese MyMiniFactory, una piattaforma online nella quale gli utenti possono caricare i propri progetti e scaricare gratuitamente modelli 3D. «Sapevo realizzare i modelli base, ma non sapevo creare tutto ciò che mi passava per la testa, allora mi sono detto: perché non partecipare a questo corso? Ho inviato la richiesta, e ora, dopo il colloquio e 3 mesi di accademia, sono nell’azienda».

Quello del design non è l’unico mercato; oramai la stampante 3D può essere utilizzata da chiunque: sperimentatori, architetti, orafi, dentisti, chirurghi sono solo alcuni di coloro che si servono delle nuove stampe in tre dimensioni per i loro prospetti e studi scientifici. A differenza dell’utilizzo dello stampo in metallo, che veniva riempito iniettando la plastica al suo interno ed era anche più costoso, ora basta un click e la stampante può replicare il numero desiderato di modelli.

Di stampanti 3D ce ne sono a bizzeffe, con altrettante modalità di funzionamento, ma per chi non se ne intende, come funzionano? «Detta in modo semplice, solitamente parliamo di un cubo, dotato di motori interni detti ‘passo-passo’, di una testina da cui fuoriesce il materiale e di un piano. Ad esempio l’ultima stampante che ho comprato è la Ultimaker 2: il piano si muove solo dall’alto in basso, e scende man mano che viene creato uno strato. Nel frattempo l’estrusore, dopo essersi scaldato a temperature superiori ai 200°, si muove a destra e a sinistra facendo scogliere il PLA (un termopolimero idrosolubile, tra i più utilizzati), che andrà a formare il modello stampato».

E come si passa dal progetto alla stampa? «C’è un programma centrale che si occupa dello slicing, ovvero il modello computerizzato viene tagliato a fettine, in modo che possa formare il modello reale strato dopo strato. Poi il modello lo carichi in una scheda SD, che inserisci nella stampante». Simone lavora con stampanti che rientrano nel modello FDM (Fused Deposition Modeling), che sarebbe la piattaforma desktop, quella più abbordabile e di buona qualità. «La Prusa i3 che ho comprato l’ho pagata 600 euro. Sui siti di crowdfunding ci sono anche quelle meno costose, a meno di 300 euro per intenderci, però la tecnologia è un po’ come con i telefoni, la qualità sicuramente è diversa. In ogni caso penso siamo sulla strada giusta perché diventino più accessibili».

Praticamente basta la buona volontà di progettare e tutto può essere creato: «Vuoi fare un armadio? Bene, lo progetti e poi lo stampi pezzo per pezzo, magari ci metti due settimane a stamparlo e assemblarlo tutto però lo puoi fare». Di fatto si tratta di una tecnologia capace di creare anche le cose che meno ti aspetteresti, ma che possono risolverti la situazione: «ti dico, io ci ho riparato un frigorifero! Il mio amico aveva rotto il perno, così aveva fatto il modello, io successivamente l’ho corretto per renderlo più resistente e lo abbiamo stampato».

Esistono anche progetti interessanti come la creazione di modelli dei personaggi delle storie, in modo tale che persone con difficoltà come i ciechi possano toccarle «per capire realmente di cosa parla la storia. Il primo esempio di modello creato da una mia collega a MyMiniFactory è quello del Piccolo Principe. Io ne ho implementato uno sempre per le persone cieche, Forza 4. Il gioco si differenzia da quello tradizionale per il fatto che le monete sono forate con figure diverse per diversificarle, e vi sono anche linee guida sulla struttura di gioco. Quindi cerchiamo di utilizzare la stampa 3D anche per altre questioni».

«Per chi vuole capire come funziona secondo me prima di tutto dovrebbe comprarne una e cercare di comprenderne la tecnologia di base. Poi fare i primi modelli in via sperimentale. All’ inizio l’aiuto di internet (Youtube, forum ecc.) per me è stato fondamentale. Poi in Italia abbiamo i FabLab» che sono una sorta di laboratori in cui utilizzano questi tipi di macchinari, in modo tale che si ha la possibilità di «comprendere come funzionano e affacciarsi al mondo delle stampanti 3D e capire se ti piacciono». In poche parole le possibilità di implementazione sono enormi, l’unica differenza sta nella voglia di rimboccarsi le maniche.

 
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