Il messaggio Whatsapp sull’Isis denunciato da Renzi: un po’ di chiarezza

Aggiornamento: ‘donna A’ e ‘Roby’ si presentano alla polizia.

Dopo gli attacchi a Parigi, è fisiologico che nelle città principali d’Italia, i cittadini siano più sensibili e attenti a eventuali minacce. Alcuni comportamenti utili – come la segnalazione di bagagli lasciati incustoditi – sono incoraggiati, ma non è il caso di finire nella psicosi collettiva, come invece a tratti sta accadendo.

Abbondano infatti i finti allarmi, ai quali viene data anche abbondante copertura mediatica, compresi quelli già rientrati. A ciò si aggiungono inviti eccessivi alla prudenza, come quello nel messaggio vocale che sta girando su Whatsapp e che il premier Renzi ha smentito e denunciato.

IL MESSAGGIO

Si tratta della registrazione di una telefonata in cui si sentono le voce di tre donne, di cui una giovanissima: le chiamiamo donna A, Roby e Bea (della prima donna non è noto il nome). La registrazione comincia con la donna A che, durante la telefonata, passa il telefono a Roby, la quale spiega a Bea, la più giovane, di avere avuto informazioni da una persona che lavora al Ministero dell’Interno; sostiene che alla tv «dicono un sacco di bugie», la situazione è «tragica» e l’Isis potrebbe attaccare le piazze e i luoghi della movida, dove ci sono molti giovani.

La donna consiglia alla giovane di evitare piazze e luoghi molto frequentati e di mantenersi in zone meno sensibili. Poi raccomanda di diffondere il messaggio.

 

Posted by Kkkkkk on Venerdì 20 novembre 2015

Vanno fatti presenti alcuni dettagli: la registrazione comincia con un «Lo puoi raccontare un attimo a lei?» da parte della donna A, alla quale Roby risponde, «Sì, ma Bea chi?». Sia per il fatto che la prima donna non avesse nominato alcuna Bea, che per il fatto che una telefonata difficilmente può cominciare in quel modo, è lecito pensare che la registrazione che sta circolando su Whatsapp non sia la registrazione completa della telefonata. Di conseguenza, è possibile che la registrazione sia partita da un certo momento in poi, oppure che la parte iniziale sia stata tagliata, con un software di editing.

Sulla pagina Facebook ‘Una vita da social’, gestita dalla Polizia di Stato, si denuncia questa telefonata come una telefonata tra madre e figlia, sebbene a sentire la telefonata, non sembrano esserci elementi che lo facciano pensare, se non il tono materno usato dalla donna. La giovane Bea si riferisce alla donna adulta chiamandola Roby («Roby, che succede?»), il che può rende improbabile il fatto che si tratti di sua madre.

Sia la polizia che Renzi hanno citato il reato di procurato allarme, in riferimento a questa telefonata. Nella registrazione ci sono una quantità abbastanza ampia di dettagli che in teoria dovrebbero portare facilmente all’identificazione delle persone coinvolte, sempre che la telefonata sia autentica e non un qualche tipo di scherzo. 

Al di là del fatto che il contenuto della telefonata contenga una qualche verità o no – le autorità negano – è opinione comune che la paura degli attacchi non dovrebbe portarci a vivere, tra le tante difficoltà della vita, anche con la paura addosso.

*Immagine di Whatsapp concessa da Shutterstock

 
Articoli correlati