Il maccartismo e Hollywood

Negli ultimi anni gli scrittori, attori e cineasti americani che a cavallo degli anni ’40 e ’50 erano finiti sulla famigerata ‘Lista nera di Hollywood’, hanno avuto spesso la stampa dalla loro parte: la lista nera del senatore Joseph McCarthy è spesso considerata un esempio di censura governativa, un prodotto delle pesanti azioni della Commissione per le attività antiamericane, nata per reprimere il comunismo negli Stati Uniti.  Ma la questione è più complessa: la Storia ha dimostrato che molte delle persone finite sulla lista nera avevano effettivamente operato come agenti sovietici, usando il cinema per rappresentare una narrativa pro-comunista.

Di fronte a una simile ‘rilettura’, alcuni potrebbero inorridire, ma un esame attento rivela l’esistenza di un gruppo di persone, alcune guidate direttamente dall’Unione Sovietica, che caldeggiavano un colpo di Stato negli Stati Uniti. In questo senso, la creazione della Lista nera di Hollywood è stata la risposta all’esistenza questo gruppo, che aveva in parte trasformato l’industria americana dell’intrattenimento in uno strumento di propaganda di un regime criminale e totalitario.

Prima della Seconda Guerra Mondiale molti membri del partito comunista tedesco, il secondo più grande al mondo al di fuori della Russia, avevano lasciato la Germania; molti venivano rifiutati come ‘indesiderabili’ da altri Paesi occidentali, come ad esempio il Regno Unito, e si trasferivano negli Stati Uniti. Dopo il loro arrivo, molti scrittori e cineasti entrarono a far parte del partito comunista americano e negli anni ’30 questo fece emergere dei movimenti che sostenevano l’infiltrazione sovietica nelle arti, nella cultura e nelle istituzioni politiche. L’intenzione dei comunisti era di utilizzare questo metodo per replicare quello che brutali dittatori come Vladimir Lenin e Josef Stalin avevano realizzato con successo nella Russia sovietica: trasformare l’industria dell’intrattenimento in uno strumento di diffusione dell’ideologia e della propaganda comunista.

SOVVERSIONE CULTURALE

Secondo Michael Kazin, professore di storia presso la Georgetown Univesity, questo attacco culturale su larga scala era iniziato nella Hollywood degli anni ’30, con influenti personaggi dell’ambiente cinematografico notoriamente di sinistra come Yip Harburg, autore dei testi musicali del film Il Mago di Oz e della canzone E Russia è il suo nome, usato nel film ‘La canzone della Russia’. Gli artisti pro-sovietici dell’industria cinematografia di Hollywood esercitavano un’influenza psicologica sugli spettatori dei loro film, condizionando i valori e le percezioni che il pubblico acquisiva attraverso la narrativa cinematografica.

Diversi fra questi scrittori, produttori e registi di Hollywood, alcuni dei quali erano iscritti al partito comunista, realizzavano film che esprimevano ideali e ideologie pro-comuniste. In qualche modo, una grande parte delle pellicole della prima epoca del cinema erano veicoli per sottili forme di indottrinamento comunista, utilizzati con l’intento di rimpiazzare i principi occidentali di libertà e di diritti individuali con le ideologie dell’ateismo e della lotta di classe. Tra di loro ad esempio John Garfield, famoso attore che il numero di giugno del 1950 della rivista Red Channels, dedicata a denunciare gli elementi comunisti nell’industria dell’intrattenimento, rivelò essere stato in contatto con 17 differenti organizzazioni comuniste.

L’idea di utilizzare il cinema per trasmettere la propaganda proveniva dal vertice stesso del regime sovietico: nel suo libro Hollywood Missing Movies Kenneth L. Billingsley scrive che Stalin era un appassionato cinefilo e vedeva con entusiasmo la possibilità di utilizzare il cinema come strumento per diffondere gli ideali comunisti, un metodo in uso fin dagli albori del movimento comunista. Era stato infatti lo stesso Lenin a riconoscere l’importanza della manipolazione del pensiero attraverso le pellicole cinematografiche su scala globale. Si racconta che nel 1919, quando sia il cinema che il Comintern (l’Internazionale comunista) erano agli inizi, Lenin disse a Anatoly Lunacharsky, allora commissario per l’educazione: «Devi sempre considerare che, di tutte le arti, la cinematografia è per noi la più importante».

MANIPOLAZIONE

Billingsley fa notare che il programma del partito Comunista degli Stati Uniti (Cpusa) diveniva palese osservando personaggi come l’agente e attivista comunista Willi Münzenberg, un ex membro del partito Comunista tedesco che dopo essersi trasferito in America si era inserito a Hollywood come attivista pro-sovietico.

Riferendosi all’industria cinematografica, Münzenberg aveva scritto nel 1925 un articolo per il giornale del Cpusa, il Daily Worker, in cui affermava che «uno dei più pressanti compiti che il partito Comunista deve affrontare nel campo della propaganda è la conquista di questo strumento estremamente importante, che finora è stato monopolio della classe dominante». E ancora: «Dobbiamo portarglielo via e ritorcerglielo contro».
Münzenberg credeva che per i comunisti americani gli anni ’30 fossero il momento perfetto: la Grande depressione era al culmine e, poiché molti americani cercavano sollievo nello svago, Münzenberg aveva individuato un’opportunità di indottrinare il pubblico contro il capitalismo.

Nel suo libro del 1998 Hollywood Party: How the Communist Party Seduced the American Film Industry in the 1930s and 1940s Billingsey scrive che V.J.Jerome, commissario culturale del Cpusa, nel 1935 aveva costituito una sezione ufficiale del partito a Hollywood: un’unità segreta, che permetteva di reclutare clandestinamente nuovi membri del partito, di infiltrarsi nelle associazioni e nei sindacati e di raccogliere fondi per sostenere le cause pro-sovietiche.

Tra questi personaggi eversivi a Hollywook c’era ad esempio il famoso sceneggiatore Walter Bernstein, che nella sua biografia del 1966 affermava: «Avevamo una nostra astuta aritmetica; potevamo trovare degli ‘alleati’ e due diventava uno». In altre parole, attraverso i fronti popolari i non-comunisti erano indotti a portare avanti il programma comunista, e questo era fatto in modo ‘astuto’, senza che i ‘compagni di viaggio’ neppure si rendessero conto di essere stati usati.

Naturalmente le autorità americane avevano poi reagito: il Congresso rispondeva nel 1938 con la costituzione della Commissione di indagine per le attività antiamericane. Il giornalista di Human Events Allan H. Ryskind sostiene che la Commissione «scoprì più di 200 membri del partito a Hollywood», anche se Ryskind racconta che suo padre, a quell’epoca sceneggiatore a Hollywood, credeva che in realtà fossero più vicini ai 300. 
Ryskind dice che, nonostante le indagini della Commissione, verso la metà degli anni ’40 i comunisti americani si erano infiltrati ovunque a Hollywood, anche se la maggior parte di loro restavano ben nascosti, guardandosi ovviamente dal rivelare la propria appartenenza al partito.

SOSTEGNO A DITTATURE CRIMINALI

Nel suo libro Hollywood Traitors: Blacklisted Screenwriters—Agents of Stalin, Allies of Hitler, Ryskind scrive: «Il partito comunista in America non ha mai fatto nulla senza ricevere direttive dal Cremlino. Nulla».

Quelli sulla lista nera di Hollywood non erano anti-fascisti, al contrario erano pronti a mutare posizione in base ai cambiamenti della politica sovietica. Ryskind nota infatti che molti membri del Partito Comunista mostravano un comportamento stranamente adulatorio verso il partito nazista di Adolf Hitler: «Quando Hitler inizialmente minacciò la Russia, i membri del partito di Hollywood, seguendo l’ordine di Mosca trasmesso attraverso quartier generale di New York, divennero ferventi anti-nazisti» scrive Ryskind, ma «quando Hitler rivolse i suoi fucili contro l’Occidente – autorizzato dai patti con Stalin del 1939 – si dedicarono anima e corpo per paralizzare la capacità di sopravvivenza delle nazioni anti-naziste». Solo dopo che Hitler tradì Stalin con l’invasione nazista dell’Unione Sovietica nel 1941, i comunisti di Hollywood si volsero nuovamente contro Hitler: «Non erano sinceri anti-fascisti né patrioti americani, come sostengono i loro difensori, ma piuttosto burocrati sovietici: una quinta colonna al servizio di Stalin».

Questa stessa glorificazione dei dittatori e dei massacri di massa continua nella Hollywood di oggi: Ryskind nota che Hollywood ha persino idealizzato personaggi comunisti come Che Guevara e Fidel Castro, il primo dei quali ha ‘giustiziato’ personalmente 180 persone e ha ordinato la messa a morte di migliaia di cubani, inclusi donne e bambini.

Arthur Eckstein, storico americano e professore emerito, sostiene a sua volta che Hollywood e non ha mai interrotto la sua relazione con il partito comunista, sia in senso politico che culturale. Un esempio è un ricevimento tenutosi il 27 ottobre 1997, sponsorizzato da note organizzazioni cinematografiche e dai sindacati del settore, inclusi il Sindacato degli attori e il Sindacato degli scrittori d’America, per celebrare il cinquantesimo anniversario delle prime audizioni della Commissione per le attività anti-americane. I molti ospiti hanno reso omaggio a quelli che la Commissione aveva identificato come i ‘dieci di Hollywood’, anche noti come i ‘dieci ostili’, ritraendoli come ‘martiri’ americani e ‘nonconformisti’ accusati da una tirannia autoritaria.

Durante la serata attori di spicco hanno recitato in ricostruzioni di parti selezionate delle audizioni della Commissione, scelte secondo la narrativa revisionista della dirigenza di Hollywood. Billy Cristal ad esempio ha recitato nella parte dell’attore Larry Parks, che nel 1951 ammise di essere stato un membro del Partito Comunista rovinando la propria carriera, e anche altri attori hanno messo il loro talento a disposizione di questo evento, come John Lithgow e Kevin Spacey. Il ricevimento è culminato con l’apparizione di alcuni dei ‘dieci’, accolti da calorosi applausi.

La relazione sentimentale di Hollywood con il comunismo – un’ideologia che ha condotto a carestie, guerre e genocidi in ogni parte del mondo, e che ha tolto la vita a oltre 100 milioni di persone – continua ancora oggi. E sembra che Lenin sia il prossimo ad essere riabilitato da Hollywood, con Leonardo Di Caprio che sta facendo la corte all’industria cinematografica russa per ottenere il ruolo di un dittatore accusato di aver causato la morte di un numero tra i 60 e i 66 milioni di persone.

In una recensione de I traditori di Hollywood di Ryskind, Allan C. Brownfield scrive: «Qualunque opinione si possa avere del ruolo svolto del Congresso, è difficile comprendere come gli scrittori comunisti che tanto hanno lavorato al servizio di un’altra nazione, e contro gli interessi del loro proprio Paese, siano potuti diventati degli eroi agli occhi di molti liberali. Come si possono rispettare uomini e donne che un giorno dicevano che Hitler era malvagio e il giorno dopo erano pronti ad accettarlo, non in base a una convinzione sincera ma seguendo la radicata abitudine di seguire ciecamente la guida di Stalin?».

Johnathan Gray è uno scrittore, regista e veterano dell’esercito degli Stati Uniti. Questo articolo è stato scritto sotto pseudonimo nel timore che l’espressione delle proprie opinioni possa danneggiare la carriera dell’autore.

Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente quelle di Epoch Times.

Spreading the Red Stain: The Communist Infiltration of Hollywood

Traduzione di Veronica Melelli

 
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