Il genocidio dei cristiani in Medio Oriente

In Medio Oriente, la persecuzione nei confronti dei cristiani per mano degli estremisti islamici, ha raggiunto le proporzioni di un vero e proprio genocidio. La fuga dei cristiani verso i campi migranti gestiti dall’Unione europea, per rifugiarsi da violenze, stupri e schiavitù, finisce spesso per tramutarsi invece in una nuova minaccia alle loro vite.

Secondo alcune ricerche descritte nel libro ‘The persecution and Genocide of Christians in the Middle East’, a cura di Ronald J. Rychlak e Jane F. Adolphe, la popolazione dei cristiani in Iraq e Siria è stata sterminata in appena poco più di dieci anni: da un milione e 400 mila cristiani presenti in Iraq prima dell’arrivo delle truppe statunitensi nel 2003, il numero si è ridotto oggi a circa 250 mila, molti dei quali sono sfollati e vivono come rifugiati.
Mentre in Siria, dei quasi due milioni di cristiani che una volta vivevano nel Paese, circa poco più della metà (tra 1 e 1,5 milioni) vivono adesso come rifugiati, principalmente in Giordania, Libano e Turchia: Paesi dove i cristiani non hanno diritti di reinsediamento.

I campi di immigrazione, si rivelano spesso essere dei luoghi di persecuzione per i cristiani, e nel libro si legge infatti che subiscono «persecuzione e discriminazione da parte degli altri rifugiati anche nei campi migranti delle Nazioni Unite nella regione, quindi, li hanno evitati […] La sopravvivenza dei cristiani che fuggono dall’Isis dipende dalla Chiesa e da altre organizzazioni di carità private».

Rychlak, professore all’Università di Giurisprudenza del Mississippi, commenta così in un’intervista: «Quel che sta accadendo in Medio Oriente, non l’avrei pensato possibile poco tempo fa, ma adesso ecco che accade. È qui davanti ai nostri occhi, ed è innegabile».

Fa notare che i crimini sono spesso commessi principalmente dal gruppo terrorista dell’Isis, ma se ne contano anche da parte di al-Qaeda, e altri gruppi estremisti islamici.

Il Parlamento europeo è stato messo al corrente della crisi nel novembre del 2014 da Papa Francesco, che ha dichiarato come le minoranze cristiane «oggi subiscano barbarici atti di violenza: sono sfrattati dalle loro case e dalle terre native, vengono venduti come schiavi, uccisi, decapitati, crocifissi o bruciati vivi, nel vergognoso e complice silenzio di molti».

Al mancato intervento di Unione europea e Nazioni Unite, Papa Francesco ha sollevato la questione ancora una volta, dichiarando, nel luglio 2015, secondo quanto riportato sul sito del Vaticano: «Oggi, siamo costernati nell’osservare come in Medio Oriente e in altre parti del mondo, molti dei nostri fratelli e sorelle sono perseguitati, torturati, e uccisi per la loro fede in Gesù […] Anche questo deve essere denunciato: questa terza guerra mondiale, condotta in modo frammentario, che stiamo vivendo ora, è una forma di genocidio (insisto su questa parola) che sta avendo luogo e deve finire».

Anche gli Stati Uniti hanno fatto poco in passato per aiutare. I ricercatori fanno notare che quando gli Usa hanno ricollocato 11 mila rifugiati siriani negli Stati Uniti nell’autunno 2016, superando il loro obiettivo di 10 mila, di questi solo 56 erano cristiani.

Bambini yazidi iracheni fuggiti dalle violenze nella città irachena settentrionale di Sinjar assieme alla loro famiglia, hanno trovato rifugio in una scuola nella città curda di Dohuk nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, 5 agosto 2014. (Safin Hamed / AFP / Getty Images)

Durante l’amministrazione Obama, il Dipartimento di Stato, nonostante la pressione del Parlamento, non ha riconosciuto la persecuzione dei cristiani nel Medio Oriente come un genocidio. Tuttavia, il 17 marzo del 2016, il giorno successivo al rilascio da parte dell’amministrazione di una dichiarazione in cui affermava di aver bisogno di più tempo per decidere in merito alla questione, l’allora segretario di Stato John Kerry dichiarava che, a suo pare, l’Isis «è responsabile di genocidi contro gruppi presenti nelle aree sotto il suo controllo, inclusi yazidi, cristiani e musulmani sciiti».

AIUTI UMANITARI

Attualmente, sotto l’amministrazione Trump, il governo Usa è al lavoro per eludere il vincolo delle Nazioni Unite in modo da poter fornire direttamente aiuto ai cristiani perseguitati, attraverso l’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid); a dare l’annuncio è stato il vice presidente Mike Pence il 25 ottobre durante una cena di solidarietà in difesa dei cristiani.

Pence fa notare che, anche se l’amministrazione Obama ha fornito un miliardo di dollari per gli aiuti umanitari nel Medio Oriente, la maggior parte del denaro è stato inviato attraverso i programmi delle Nazioni Unite: «Ma, le Nazioni Unite troppo spesso hanno fallito nell’aiutare le comunità più vulnerabili, in particolare le minoranze religiose. Il risultato è stato che innumerevoli persone continuano a soffrire e a lottare inutilmente».

Pence aggiunge inoltre che gli Stati Uniti sostengono di avere più di 160 progetti per le aree cristiane in Medio Oriente, tuttavia i cristiani non sono più presenti da tempo in almeno un terzo di queste aree; in Iraq infatti «la maggior parte dei cristiani e degli yazdi rimane nei rifugi» e «le Nazioni Unite spesso negano le loro richieste di finanziamento».

Il problema è noto da tempo, e Nina Shea, dell’Hudson Institute ha scritto il 7 ottobre 2016: «L’Ufficio dell’alto Commissariato per i Rifugiati (Unhcr), l’agenzia principale dell’Onu per l’aiuto ai rifugiati, riserva marginalmente per i cristiani e altri gruppi presi di mira dall’Isis, due semplici programmi: quello degli alloggi per i rifugiati nella regione, e del ricollocamento dei rifugiati siriani all’estero».

Pence afferma quindi: «Non faremo più affidamento esclusivamente sulle Nazioni Unite per assistere i cristiani perseguitati e le altre minoranze vittime di genocidio e atrocità per mano dei gruppi terroristici. Gli Stati Uniti, da adesso in poi, lavoreranno fianco a fianco con i gruppi religiosi e le organizzazioni private per aiutare chi è ancora perseguitato per la propria fede […] siamo dalla parte di chi soffre per il proprio credo, perché così è come l’America si è sempre comportata, e perché il legame comune della nostra umanità richiede una forte risposta».

PORRE FINE AL CALIFFATO

Un migrante davanti a una chiesa improvvisata nel campo migranti ‘Jungle’ a Calais, nel Nord della Francia, il 23 ottobre 2016. (FRANCOIS LO PRESTI / AFP / Getty Images)

Secondo Rychlak, la situazione potrebbe migliorare ora che l’Isis ha perso il suo controllo in Iraq e in Siria sulle aree soprannominate ‘califfati’, e nelle quali ha istituito la sharia (legge islamica), con effetti devastanti.

Sotto la sharia infatti, le persone di fede diversa da quella musulmana sono state oggetto di discriminazione e quelle che si sono rifiutate di convertirsi all’Islam, ma che erano ancora autorizzate a vivere sotto lo Stato Islamico, sono state costrette a pagare una tassa (‘jizya’).

Tuttavia, sottolinea Rychlak, per i cristiani questa tassa è diventata un obbligo, dopo che l’Isis ha distrutto tutte le chiese e ucciso o scacciato i vari ministri. Molti gruppi quindi, comprese molte persone tra gli yazidi, non erano in grado di pagare la tassa sulla jizya.

«La tassa sulla jizya è in realtà estorsione; è una cosa simile a quello che avevano fatto i nazisti», spiega Rychlak, ricordando il caso in cui i nazisti si sono recati dal rabbino più importante di Roma e gli hanno chiesto una certa quantità d’oro in cambio della sicurezza degli ebrei: «Il popolo ebraico ha raccolto l’oro, l’ha consegnato e così i nazisti hanno cominciato a radunare le persone; è un po’ quello che ha fatto l’Isis con i cristiani».

Mentre le forze statunitensi e della coalizione continuano a combattere l’organizzazione terroristica, ci potrebbe volere del tempo prima che l’influenza della sua ideologia e degli abusi venga completamente estirpata dalla regione.

Un portavoce del Dipartimento della Difesa ha riferito in una e-mail: «Devono essere sconfitti, non solo militarmente, ma attraverso un approccio di tutto il governo che in primo luogo prevenga quelle condizioni che hanno permesso all’Isis di salire al potere».
Il portavoce ha osservato anche che gli Stati Uniti stanno lavorando a questo proposito insieme ai loro partner locali: «finora hanno avuto un enorme successo nel raggiungimento di tale obiettivo e nell’esporre l’Isis per l’elemento criminale e disumano che sono».

Secondo Rychlak, l’amministrazione Trump è pronta a trattare la crisi come un genocidio e a portare più sollievo alle vittime, ma «sarà ancora dura […] Il fatto che gli Stati Uniti stiano fornendo aiuti non fermerà la persecuzione».
Rychlak si augura comunque che gli Usa riescano a porre fine al califfato e a riportare nella zona una «mentalità occidentale, diciamo, dove persone di fedi diverse possono prosperare l’una accanto all’altra. Ed è in queste condizioni che tante di queste nazioni vivevano un decennio o due fa».

 

Articolo in inglese: ‘Christians Face Genocide in Middle East

Traduzione di Alessandro Starnoni

 
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