Il fenomeno visivo delle miodesopsie, tra scienza e spiritualità

A metà degli anni 90 ho conosciuto un uomo di nome Nestore che viveva in solitudine nella regione svizzera collinare dell’Emmental. Nestore ha una storia di vita unica e provocatoria: per anni si è concentrato sul panorama composto dalle enormi e lucenti sfere e stringhe che si formano sul suo campo visivo. Crede che questo fenomeno sia creato dalla sua coscienza, perché ritiene che sia la coscienza a creare questo nostro mondo materiale. Nestore, che si definisce un veggente, attribuisce questa soggettiva percezione visiva ai suoi lunghi sforzi nello sviluppo della sua coscienza.

Nella storia della religione e dell’arte, sono noti numerosi casi in cui degli individui impegnati spiritualmente hanno segnalato dei fenomeni visivi percepiti a livello soggettivo, spesso in casi di alterazione indotta della coscienza.

Il caso di Nestore, tuttavia, sembra essere eccezionale per due aspetti: in primo luogo, Nestore è a conoscenza della spiegazione oftalmologica della sua esperienza visiva, conosciuta come miodesopsia; in secondo luogo, le miodesopsie sono un fenomeno di ampia portata, diffuse largamente e provate da moltissima gente non intenzionata a vivere una vita particolarmente religiosa o spirituale.

Passando del tempo con Nestore, ho cercato di comprendere il fenomeno da una prospettiva oftalmologica, oltre che dalle mie osservazioni personali. Il mio obiettivo era quello di comprendere più a fondo le affermazioni di Nestore riguardo alla rilevanza spirituale di questo fenomeno.

Così mi sono posto le seguenti domande.

  1. Che cosa sono le miodesopsie?
  2. Cosa fa credere a Nestore che siano un fenomeno spirituale?
  3. Ci sono equivalenti nella storia della scienza e della religione che permettano di comprendere le miodesopsie in termini di esperienze visionarie spiritualmente rilevanti?
  4. È possibile che l’affermazione di Nestore richieda una nuova comprensione oftalmologica del fenomeno delle miodesopsie, e se sì, quale dovrebbe essere?
  5. È ragionevole pensare alle miodesopsie come a un fenomeno spirituale, e in quale misura?

LE MIODESOPSIE IN OFTALMOLOGIA

La miodesopsia (che ha per sinonimo il termine ‘mosche volanti’ derivante dall’oftalmologia francese e tedesca) è un termine collettivo utilizzato in oftalmologia come riferimento a tutte le possibili opacità del corpo vitreo. Molte di queste possono essere ricondotte a disturbi fisiologici come il distacco della retina, retinopatia diabetica, e le sindromi di Marfan, di Ehlers-Danlos e di Stickler.

Le miodesopsie in questione sono considerate idiopatiche, ovvero senza causa patologica. Si manifestano come puntini e filamenti semitrasparenti, sparsi per il proprio campo visivo, e vengono spesso percepite in condizioni di luce intensa.

Questi punti e trefoli galleggiano sopra ai movimenti oculari, il che rende difficile potersi concentrare solo su di essi. Le spiegazioni variano dalle rimanenti cellule staminali embrionali, ai detriti della liquefazione del vitreo al distacco del vitreo posteriore.

NESTORE E IL SENSO INTERIORE

Le dichiarazioni di Nestore sulle miodesopsie differiscono notevolmente dalla spiegazione oftalmologica: per Nestore infatti queste sfere e stringhe non vengono percepite con i nostri occhi, ma con un «senso interiore» o un «terzo occhio». Questo senso interiore si caratterizza come un occhio che si apre gradualmente attraverso il ritiro dai sensi esterni, un po’ come avviene negli esercizi di concentrazione.

Pertanto, egli spiega che i sintomi iniziali delle miodesopsie indicano che il terzo occhio stia cominciando ad aprirsi. Per Nestore, il fatto che nella nostra società contemporanea ci siano molte persone che vedono le miodesopsie, indica che già in molti hanno una connessione al loro senso interiore, anche se non lo fanno in maniera cosciente.

Qualsiasi attività che aumenta l’attenzione dell’essere umano, per Nestore è quello che c’è di «spirituale» in natura.

Con questo punto di vista, Nestore attribuisce un significato straordinario ai fenomeni visivi delle «mosche volanti». Li vede come un fenomeno spirituale, e quindi un punto di partenza direttamente percepibile per il nostro sviluppo spirituale, per la realizzazione del nostro «vero sé».

Ma cos’è successo a Nestore perché facesse tali affermazioni? Secondo lui, queste idee sono dedotte dal suo modo di vedere. È importante comprendere che la sua descrizione delle sfere e delle stringhe differisce da tante altre. Egli non vede dei piccoli puntini o degli archi sparsi che scivolano in modo permanente, ma percepisce sfere luminose e tubi, di grandi dimensioni, che è in grado di tenere in sospensione, e quindi, di vedere chiaramente.

Per essere più precisi, Nestore dichiara di aver osservato «un’illuminazione» e uno «zoom» sulle miodesopsie; quelli che prima erano punti e fili trasparenti ora li vede come grandi sfere e tubi pieni di luce.

LE MIODESOPSIE E I FENOMENI ENTOPTICI

Negli ultimi 150 anni, la scienza moderna ha fornito vari concetti per comprendere gli aspetti fisiologici di alcuni dei fenomeni visivi più straordinari.

Per esempio, molte delle figure geometriche astratte nell’arte indigena o nelle visioni sciamaniche o yogi indotte ritualmente possono essere intese come «fenomeni entoptici» (Thurston, 1997). I fenomeni entoptici sono forme geometriche colorate o luminose che si spostano nel campo visivo, e sono provocate da certe condizioni del sistema nervoso visivo umano.

Un esempio a riguardo è la polemica archeologica su un’interpretazione neuropsicologica di una roccia e della sua arte rupestre del tardo paleolitico (tra il 40.000 e il 10.000 aC). Fin dalla scoperta delle grotte paleolitiche europee, gli archeologi si sono posti domande circa l’importanza e il significato delle rappresentazioni geometriche che accompagnano le vivide raffigurazioni degli animali.

Nel 1988, David Lewis-Williams e Thomas Dowson hanno portato avanti l’originale tesi secondo cui l’arte paleolitica fosse ispirata dai fenomeni entoptici (o, più specificamente, dalle «forme costanti»), visti e raffigurati dagli sciamani o dagli uomini spirituali durante stati alterati di coscienza.

VERSO UNA NUOVA INTERPRETAZIONE OFTALMOLOGICA

Così, mentre gli studiosi riconoscono che l’esperienza visiva dei cosiddetti fenomeni entoptici possa avere una rilevanza culturale o spirituale per gli osservatori che si trovano in quelle determinate condizioni, le miodesopsie sono tacitamente escluse da questa linea di pensiero.

A mio parere, ci sono due cose di cui tener conto. In primo luogo, le miodesopsie sono un fenomeno normale, percepito da un sacco di persone nella coscienza quotidiana. In secondo luogo, le «mosche volanti» sono spiegate come opacità idiopatica nel vitreo, più che come un fenomeno entoptico. Entrambe le ragioni sembrano prendere in giro l’idea che le miodesopsie possano avere un significato spirituale positivo. Tuttavia, vorrei rivedere questi punti attingendo a Nestore e alla mia esperienza visiva.

Sebbene le miodesopsie appaiano in stati di coscienza ordinari, vi è anche un aspetto diverso che, a mio parere, sottolinea il fatto che non esista un «ordinario», ma una coscienza in costante evoluzione. Chiunque si prenda del tempo per sè o osservi attentamente questi pulviscoli, può riconoscere il fatto che cambino costantemente dimensioni, luminosità e velocità.

Un esame più attento rivela che questa alterazione dipende da una serie di fattori, alcuni dei quali sono condizioni esterne, come la luminosità e il colore dello sfondo contro cui le miodesopsie vengono percepite. Altre possono essere chiamate condizioni «interiori» o «psichiche», come la capacità di attenzione, l’umore, il grado di concentrazione, lo stress e simili.

Non è un caso che le scuole di miglioramento della visione propongano d’influenzare le miodesopsie attraverso pratiche di rilassamento, anche se comunque l’obiettivo è quello di sbarazzarsi del fenomeno (Tausin, 2009b).

Come ho dimostrato sopra, Nestor sta facendo la stessa affermazione; è diversa solo per il grado di capacità psicofisiche prese in considerazione (come la concentrazione, la calma, il «metabolismo energetico», eccetera). Quindi, è perfettamente concepibile che la percezione di un essere umano di questi corpi mobili possa cambiare rispetto a quanto già spiegato, rivelando alcune caratteristiche che vengono vissute come «significative» o «spirituali».

A mio parere, non c’è ragione per accettare la corrente spiegazione oftalmologica, dal momento che non riesce a spiegare alcune delle caratteristiche delle miodesopsie più sottili che possono essere rivelate attraverso un’attenta osservazione (Tausin, 2009d).

Ad esempio, la regolarità morfologica delle miodesopsie. Quelle che si manifestano come sfere galleggianti sono perfettamente circolari, concentriche e mostrano un nucleo e un contorno. Poi si possono distinguere due tipi differenti di sfere: una presenta un bordo luminoso e un nucleo scuro, e l’altra ha un bordo scuro e un nucleo luminoso. È lecito chiedersi se questa regolarità morfologica rappresenti realmente un fibrills ialuronico o delle cellule raggruppate insieme.

Le miodesopsie sembrano cambiare dimensioni a seconda del livello di concentrazione di una persona.

Sembra anche che possano modificare le dimensioni. Per semplicità, distinguo tra uno stato «rilassato», a sinistra nell’immagine, e una stato «concentrato», a destra. In generale, sembra che, in un primo momento, la maggior parte delle miodesopsie siano state più grandi, più vicine e più trasparenti. Con l’incrementare del tempo di osservazione, tuttavia, si possono trasformare in uno stato maggiormente concentrato. Dopo aver abbandonato la concentrazione, le sfere tornano nuovamente allo stato di rilassamento; dare una rapida occhiata a qualche altra parte può essere sufficiente a deconcentrare l’attenzione.

I detriti interni all’occhio, al contrario, non dovrebbero cambiare formato in un modo così regolare. E lo stesso vale per il loro illuminarsi.

Inoltre, vale la pena considerare che questi pulviscoli reagiscano in maniera sensibile ai movimenti oculari. Sembra quasi che vogliano muoversi sempre nella direzione in cui guardiamo. Ma non appena manteniamo la visione concentrata su di essi, ci rendiamo conto che a volte si muovono più velocemente, a volte più lentamente. Questo movimento può essere preso come prova della natura dei pulviscoli, dei detriti galleggianti nel vitreo e della forza di gravità come causa. Tuttavia, questo argomento è squalificato se si ricorda che l’immagine del mondo visivo sulla retina è invertita, il che significa che qualsiasi movimento delle miodesopsie verso il basso visto dall’osservatore richiederebbe corrispondenti particelle che salgano nel vitreo.

In questo caso, un’attenta osservazione rivela che il movimento sembra piuttosto essere correlato allo stato di coscienza. Esso infatti tende a calmarsi negli stati in cui i pulviscoli si vedono più grandi e lucenti.

Tutto questo suggerisce che il tipo di miodesopsie prese in discussione dovrebbero essere riconsiderate nell’oculistica e nella fisiologia. Con questi concetti a portata di mano, e in base alle mie esperienze soggettive e agli esperimenti con le miodesopsie, ho il forte sospetto che possa essere un fenomeno entoptico più che esoftalmico.

In conclusione, è possibile che tutto questo indichi una natura «spirituale» dei pulviscoli? Come vale per il caso degli entoptici, dipende dalla definizione di «spiritualità». In ogni caso la storia di Nestore ha dimostrato che i pulviscoli possono avere un significato straordinario per gli esseri umani.

Il nome Floco Tausin è uno pseudonimo. L’autore ha ricevuto un dottorato di ricerca nella facoltà di scienze umane presso l’Università di Berna, Svizzera. È impegnato nella ricerca dei fenomeni visivi soggettivi in relazione agli stati alterati di coscienza e allo sviluppo della coscienza. Nel 2009, ha pubblicato il racconto mistico “Mouches Volantes” riguardante la dimensione spirituale delle miodesopsie.

 

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