Il fallimento della missione di Liu He a Washington

Dopo che la visita negli Stati Uniti di Liu He il 27 febbraio 2018, non è riuscita ad allentare le tensioni tra Usa e Cina, il vice ministro degli Esteri cinese Zhang Yesui ha dichiarato in una recente conferenza stampa che Pechino inviterà i funzionari statunitensi a condurre un nuovo ciclo di negoziati commerciali, sottolineando il fatto che il regime cinese non vuole una guerra commerciale.

Alcune fonti diplomatiche americane hanno dichiarato che gli Stati Uniti hanno congelato formalmente i negoziati, avviati per le controversie commerciali tra Usa-Cina, perché non si ritengono soddisfatti dal mancato rispetto degli impegni presi per ridurre le restrizioni imposte dal regime comunista cinese alle importazioni americane.

La conferenza stampa si è tenuta il giorno dopo l’apertura della Conferenza Politica Consultiva del Popolo (della durata di 13 giorni) e il giorno prima dell’inizio dell’Assemblea Nazionale del Popolo (iniziata il 5 marzo) che si svolge di solito in contemporanea. Entrambe le conferenze sono fondamentali poiché vengono discussi e rivisti gli ultimi sviluppi economici e politici del Paese, e adottate leggi e politiche chiave per l’immediato futuro.
Durante le due sessioni (dal 1° al 20 marzo), l’Assemblea dovrebbe inoltre approvare la riforma costituzionale che permetterebbe all’attuale capo del Pcc Xi Jinping un mandato senza scadenza – cioè a vita – conferendogli il più assoluto potere economico e politico.

Non solo: l’annuncio del 1° gennaio di Donald Trump dei dazi sulle importazioni di acciaio e alluminio cinesi, ha suscitato polemiche e paventato la possibilità di ritorsioni, da parte sia dell’Europa che dell’Asia. Ma Trump – conscio della reale e potente industria statunitense – ribatte che «la guerra commerciale è una buona cosa» e che gli Stati Uniti possono vincerla facilmente.

IL FALLIMENTO DELLA MISSIONE DI LIU HE

A fine febbraio, Liu He, consulente economico anziano di Xi Jinping, ha visitato Washington e incontrato il consigliere dell’economia della Casa Bianca Cohen, il ministro del Tesoro Munchin, il rappresentante commerciale degli Stati Uniti Leticheze e alcuni imprenditori statunitensi. Trump non era presente, ma non ha mancato di comunicare che non cambia idea riguardo ai dazi su acciaio e alluminio.

Bloomberg sostiene che durante la visita negli Stati Uniti, Liu He avrebbe dichiarato a un gruppo di imprenditori statunitensi di essere il responsabile della politica finanziaria cinese e che intraprenderà iniziative volte a riformare l’intera economia cinese. Allo stesso tempo, Liu ha chiesto tre cose al governo Trump: costruire una nuova piattaforma per il dialogo economico, nominare un responsabile sui problemi con la Cina e presentare una lista di richieste speciali.

Durante la conferenza stampa di domenica, Zhang Yesui ha dichiarato che il Pcc sta pianificando di unire le tre vecchie leggi in una nuova, che miri a promuovere e tutelare gli investimenti stranieri. Ha detto che il Partito Comunista Cinese stabilirà un ambiente trasparente, stabile e prevedibile, in concomitanza con l’aumento delle possibilità di accesso al mercato interno per gli investitori stranieri.

WASHINGTON DICE BASTA

Da quando Trump è salito al potere nel 2017, la tensione commerciale tra Cina e Stati Uniti è aumentata. Sebbene l’acciaio proveniente dalla Cina occupi solo una piccola parte delle importazioni degli Stati Uniti, la sua massiccia espansione industriale ha contribuito a creare una sovraccapacità globale di acciaio, che ha ridotto i prezzi (una tipica manovra di dumping marchiata Pcc).

C’è una crescente richiesta, sia da Washington che dalla comunità imprenditoriale americana, affinché il governo degli Stati Uniti si impegni a contrastare le politiche industriali scorrette e predatorie del regime del Pcc e – al tempo stesso – a combattere le restrizioni imposte alle società straniere nel mercato interno cinese.

Trump cerca da lungo tempo di rendere più equilibrata la relazione commerciale tra Stati Uniti e Cina. Ultimamente, inoltre, l’amministrazione Trump ha iniziato a occuparsi  della violazione e furto della proprietà intellettuale da parte del Pcc ai danni delle aziende che operano in Cina: l’obbligo imposto alle aziende straniere di trasferire dati e tecnologie a società controllate dalla dittatura comunista cinese, va contro il Codice del Commercio degli Stati Uniti d’America. E gli Stati Uniti ora  minacciano di applicare – anche per questa, ennesima, scorrettezza commerciale di Pechino – ulteriori sanzioni commerciali al regime cinese.

L’amministrazione Trump sostiene, infine, quello che per ogni economista competente e di ‘buon senso’, è una verità dall’evidenza assoluta: è stato un grave «errore» permettere al regime comunista cinese di entrare nell’Organizzazione Mondiale del Commercio, senza prima imporre e ottenere l’adesione ai principi base che sostengono tale organizzazione.

In conclusione, la presunta ‘invincibilità’ dell’economia cinese (tanto decantata da numerosi commentatori occidentali) si dimostra di fatto inesistente. E lo prova, in modo chiaro, il viaggio del superministro dell’economia cinese Lui He: ha incontrato i suoi omologhi americani ‘col cappello in mano’, senza ottenere nulla. E senza che il presidente degli Stati Uniti lo degnasse di una stretta di mano.

 

Emiliano Serra ha contribuito a questo articolo

 
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