Il Congresso Usa unito contro il regime cinese

In una maratona di incontri e discussioni, i leader del Congresso degli Stati Uniti, un ammiraglio e diversi esperti, hanno indicato la Cina come rivale strategico più influente e minaccia per la sicurezza nazionale americana.
Il consenso sulla necessità di respingere gli attacchi della dittatura cinese con un approccio «nazionale che coinvolga gli sforzi di tutto il Governo», è stato unanime.

Donald Trump ha dichiarato – nel suo recente discorso sullo stato dell’Unione – che la dittatura comunista cinese è ormai un rivale strategico degli Stati Uniti.
Tuttavia, mentre i diplomatici americani e cinesi favorevoli allo status quo hanno criticato l’uso della parola «rivali», il parlamento statunitense ha espresso con ferma chiarezza come vi sia «pieno sostegno alla visione realista del presidente, che riconosce la Cina come nazione a partito unico governata da un regime comunista».
Il direttore dell’Fbi, Christopher Wray, ha aggiunto che la Cina è una «minaccia» non solo «per il governo» ma «per l’intera società».
Wray sottolinea come il regime totalitario cinese non si sia servito di agenti e spie ‘tradizionali’, ma abbia manipolato diverse persone e personalità di rilievo – specialmente in ambito accademico – per appropriarsi di informazioni segrete e rubare tecnologia agli Stati Uniti.

RISCHIO DI GUERRA

Le richieste per respingere l’aggressione cinese sono aumentate il 24 febbraio, dopo che l’ammiraglio Harry Harris – comandante della flotta degli Stati Uniti nel Pacifico – ha testimoniato davanti alla Commissione per i Servizi Armati della Camera sulla posizione in cui si trova, e sulle sfide che le forze armate americane devono affrontare nella regione Asia-Pacifico: «Alcuni ritengono che le azioni della Cina nel Mar Cinese Meridionale siano solo ‘opportunistiche’, ma io non la penso così: Pechino sta usando il potere economico e militare per piegare gli Stati vicini alla propria volontà, distruggendo l’assetto geopolitico dell’area».

Carri armati cinesi in parata. Pechino 3 settembre 2015. (Kevin Frayer/Getty Images)

L’ammiraglio Harris è noto per la sua posizione intransigente sulla politica di aggressione militare cinese nel pacifico: «L’impressionante crescita militare della Cina potrebbe presto sfidare il predominio degli Stati Uniti in quasi tutti i campi. La modernizzazione militare in corso in Cina, è un elemento centrale della strategia dichiarata di soppiantare l’America come alleato strategico per i Paesi della regione Indo-Pacifica». Secondo l’alto ufficiale, gli Stati Uniti devono prepararsi per essere in grado di vincere un’eventuale guerra contro la Cina: «Io sono un militare, e penso allo stesso modo sia al deterrente che alla vittoria. La mia convinzione è che sia importante pianificare le risorse per vincere una guerra, anche mentre si sta lavorando per prevenirla».

La visione di Harris ha ricevuto sostegno da numerosi altri membri, sia della Camera che del Senato, che hanno usato parole molto simili nel sostenere una posizione comune come, per esempio, il deputato Joe Wilson: «Non è abbastanza che il ministero degli Esteri o della Difesa vedano la Cina come una rivale: penso che dobbiamo vedere la Cina come rivale dell’intero governo americano». Aggiungendo che Pechino già vede «gli Stati Uniti come un avversario» e che anche diversi ministri del governo Usa «stanno sempre più velocemente arrivando a questo consenso unanime».

UN NUOVO CONSENSO

In un altro incontro della Commissione per Sevizi Armati della Camera, che aveva come tema ‘Competizione strategica con la Cina’, anche il deputato Mac Thornberry, presidente della Commissione, ha affermato che gli Stati Uniti devono avere un approccio «che coinvolga l’intero governo» per contrastare l’aggressione cinese.

Manifesto in una strada di Weifang che rappresenta il Mar Cinese Meridioale con lo slogan ‘Territorio della Cina. Per non cedere mai un millimetro del nostro terreno’ (foto: Str/Afp /Getty Images).

 

Citando il documento di Strategia Difensiva Nazionale del Pentagono, Mac Thornberry ha dichiarato che la dittatura di Pechino «sta sfruttando la modernizzazione militare e influenzando altri Stati, in un’ottica di economia predatoria, per costringere i Paesi vicini al proprio volere, cambiando l’assetto della intera regione Indo–Pacifica a proprio vantaggio».

Il 15 febbraio, la Commissione di Revisione Economica e della Sicurezza ha tenuto un incontro per discutere le riforme militari e la modernizzazione della Cina, durante il quale James Holmes, professore di strategia marittima allo U.S. Naval War College, ha citato il contrammiraglio in pensione Michael McDevitt: «Verso il 2020 la Cina avrà la flotta più grande del mondo […] e la marina militare più capace del mondo. Gli americani e i loro alleati devono affrontare una ‘sfida cinese’ […] o rinunciare ai loro diritti e privilegi marittimi, cedendoli direttamente e incondizionatamente alla Cina. Devono unirsi tutti insieme e sfruttare ogni risorsa possibile».

Le opinioni espresse durante la settimana di incontri da membri del Congresso americano, leader militari, capi dei servizi segreti, osservatori ed esperti militari sulla minaccia posta dalla dittatura comunista cinese, suggeriscono che si stia formando un largo consenso.
Questo consenso emergente fa eco sia alla Strategia di Sicurezza Nazionale di Trump, diffusa a dicembre 2017, che alla Strategia per la Difesa Nazionale del Pentagono del gennaio 2018.

La precedente politica degli Usa, era fondata sulla convinzione che l’aiuto americano alla crescita della Cina e la sua integrazione nell’ordine internazionale, avrebbero liberalizzato e assimilato all’Occidente il regime dittatoriale comunista, che da settant’anni domina la nazione cinese.
In pieno contrasto con queste vane speranze, i documenti dimostrano che Pechino ha ingrandito ed esteso il proprio potere, a discapito della sovranità nazionale di altri Stati, e sta attivamente cercando di scalzare gli Stati Uniti nel controllo della regione Indo-Pacifico.

 

Articolo in inglese:  US Needs to Push Back Against Chinese Regime Aggression, Say Members of Congress

Traduzione di Fabio Cotroneo

 
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