Il canto del soprano di Shen Yun

Di Alessandro Starnoni

Il 19 marzo al Teatro dell’Opera di Roma si è esibita la prima compagnia al mondo di danza classica cinese, Shen Yun Performing Arts, in un doppio spettacolo tutto esaurito. Tra il pubblico tanti appassionati delle belle arti e dell’oriente, e anche molte personalità importanti dal mondo dello spettacolo, dell’arte e della moda, che hanno potuto assistere alla prima volta di Shen Yun nella Capitale. I riscontri del pubblico raccontano di una serata all’insegna della bellezza: un trionfo totale dell’arte.

Una delle principali novità introdotte dalla compagnia delle arti performative Shen Yun [letteralmente ‘La bellezza degli esseri divini che danzano’, ndr] riguarda la sfera musicale: da una parte l’orchestra composta da strumenti sia orientali che occidentali (un qualcosa di mai sperimentato prima) ad accompagnare i movimenti ‘divini’ di ballerine e ballerini, che con le loro danze riportano in vita i 5 mila anni di cultura tradizionale cinese.
Dall’altra, seppur per un breve intermezzo, il canto, per il quale i cantanti ricorrono alla tecnica del belcanto italiano mantenendo però la dizione cinese, anche questa un’altra novità assoluta.

Il direttore d’orchestra e compositore Leonardo de Amicis ha assistito alla performance del 19 marzo al Teatro dell’Opera. A proposito dell’orchestra ha affermato di aver «amato molto la musica» e che i musicisti sono «bravissimi, mi piacciono i sincroni che ci sono tra il ballo e la musica, che è scritta bene, mi piace molto», così come ha molto apprezzato la «combinazione tra gli strumenti antichi e gli strumenti moderni».
L’esperto orecchio del direttore d’orchestra si è anche soffermato su un particolare acustico per quel che riguarda il canto del soprano: «emetteva due note invece che una, una specie di armonici, molto particolare […] mi è piaciuta».

Il direttore d’orchestra Leonardo de Amicis

Con il canto armonico si possono cantare appunto gli armonici naturali della voce e il risultato è un tipo di canto a due o anche tre note emesse contemporaneamente da una sola persona (diplofonia). Questo è possibile grazie a una serie di tecniche che permettono di filtrare gli armonici dalla nota di base (nota fondamentale), facendoli risaltare separatamente e nello stesso tempo in cui viene emessa la nota fondamentale. Era una pratica di ‘canto antico’ molto comune nella Mongolia, ma anche in Tibet.

Tuttavia è molto difficile mantenere un timbro di voce piacevole, ‘bello’ e ‘puro’, sulla nota fondamentale, e al contempo emettere anche un armonico, perché per produrre l’armonico la bocca deve essere articolata in una determinata maniera, la qual cosa porta solitamente a sacrificare la bellezza o purezza del timbro sulla nota fondamentale. Per non parlare della difficoltà nel mantenere l’armonico e quindi ‘la seconda voce’ mentre si cambia la nota fondamentale ma soprattutto la vocale (se si sta cantando un testo).

La particolarità e la genialità del canto del soprano di Shen Yun è stata proprio il riuscire a fare tutte queste cose contemporaneamente. Si potrebbe dire che è riuscita a unire questa antica tecnica orientale del canto armonico a quella del belcanto, mantenendo quindi la bellezza dell’emissione vocale, mentre emetteva anche una ‘seconda voce’. Il tutto mentre cantava un’aria con testo in cinese, che ha «toccato molto» lo stesso maestro De Amicis.

 
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