I metalli pesanti e i disordini dello sviluppo nei bambini

Una pandemia silenziosa di sindromi del neurosviluppo sta determinando sempre più casi di disabilità in un’intera generazione di bambini. È quanto hanno concluso nel 2014 due esperti di neurologia, Philippe Grandjean e Philip Landrigan in un articolo pubblicato sulla rivista medica Lancet Neurology.

Negli Stati Uniti la disabilità dello sviluppo colpisce almeno un bambino su sei, e milioni di persone in tutto il mondo. Le malattie più comuni sono i disturbi dello spettro autistico, la sindrome da deficit di attenzione e i tic, e secondo due recenti studi sono correlati tra loro e condividono la stessa causa. Tra i maggiori responsabili le tossine ambientali, in particolare i metalli pesanti.

STATISTICHE PREOCCUPANTI

Negli Usa l’11 percento delle persone tra i 4 e i 17 anni è affetto da sindrome da deficit di attenzione, e in alcuni Stati americani il totale sale al 19 per cento, mentre secondo le più recenti stime del 2014, un bambino su 45 soffre di disturbi dello spettro autistico, in netto aumento rispetto al triennio 2011-2013. Nel frattempo, medici e scienziati stanno osservando nei bambini un aumento generale dei disturbi del neurosviluppo.

I bambini affetti da più di un disturbo, secondo l’articolo pubblicato sul Lancet Neurology nel 2014, presentano «maggiori livelli di disfunzione emotiva, comportamentale ed educativa, e la necessità di ricevere un trattamento più forte», in particolare in presenza del disturbo dello spettro autistico e della sindrome da deficit di attenzione.

L’ultima versione del Manuale statistico e diagnostico dei disordini mentali riconosce questa tendenza grazie alla diagnosi combinata, contrariamente alle due versioni precedenti, che vietavano la prognosi simultanea del disturbo dello spettro autistico e del disturbo da deficit di attenzione.

INCIDENZA SULLA POPOLAZIONE

Un recente studio del Regno Unito, pubblicato sul Journal of Attention Disorders, ha valutato l’incidenza dei disturbi dello spettro autistico e della sindrome da deficit di attenzione non diagnosticate, in un ampio gruppo di adulti, per la maggior parte donne, formato da persone comuni. Ai partecipanti, a cui non erano stati diagnosticati disturbi precedenti, né dislessia o altri problemi mentali, è stato chiesto di completare quattro questionari online.

I risultati sono stati molto interessanti: il 20 per cento soffre di sindrome da deficit di attenzione senza saperlo, mentre il 4,3 per cento risulta lievemente autistico. Inoltre, è stata osservata una sovrapposizione tra le caratteristiche dei disturbi dello spettro autistico e la sindrome da deficit di attenzione, per quanto riguarda l’attenzione e il linguaggio pragmatico (ossia sapere cosa dire, come e quando e in generale come agire durante una conversazione). È stata inoltre osservata un’interessante correlazione tra il deficit di attenzione e l’iperfocus; i ricercatori hanno quindi ipotizzato che alla base potrebbe esistere un medesimo meccanismo scatenante.

COMORBILITÀ IN AUMENTO

Un altro studio pubblicato su International review of neurobiology ha rilevato una maggiore incidenza dei disordini neurologici. Dall’85 al 90 per cento dei pazienti affetti da sindrome di Tourette e altri disordini in cui sono presenti tic, soffrono di altre patologie e manifestano «problemi sensoriali, comportamentali, cognitivi e legati al sonno, al punto da condizionare in modo rilevante la qualità della vita». Queste comorbilità comprendono disturbi dello spettro autistico, sindrome da deficit di attenzione, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi dell’umore e ansia. Inoltre, l’incidenza della sindrome di Tourette nei bambini autistici, secondo studi precedenti, è quasi sette volte superiore rispetto agli altri bambini.

Molti altri studi sulla comorbilità, suggeriscono che il disturbo da deficit di attenzione sia associabile a una vasta gamma di disturbi del neurosviluppo, come dislessia, depressione, disturbo oppositivo e disfunzioni alimentari. Un gruppo di ricercatori ha ipotizzato che anche la rinite allergica e la sindrome da deficit di attenzione condividano «un meccanismo comune e rappresentano una condizione di comorbilità», in cui esiste un legame tra le lesioni del sistema nervoso e i danni al sistema immunitario. Gli scienziati si stanno quindi chiedendo se esista un «continuum del neurosviluppo che trascende i confini diagnostici tradizionali».

IL RUOLO DEI METALLI

I metalli pesanti, stando a svariate ricerche, sono i principali colpevoli della pandemia silenziosa dei disturbi del neurosviluppo, e i loro effetti sulla cognizione e il comportamento sono sinergici: «La coesposizione a diversi metalli può provocare maggiore tossicità rispetto a uno singolo, in particolare durante la prima fase della vita». Ad esempio, nella ricerca viene indicato che il disturbo da deficit di attenzione e i problemi del sonno sono prevalenti nei bambini che vivono vicino a ceneri di carbone, che contiene piombo, arsenico e mercurio. Inoltre i bambini con disturbi da spettro autistico presentano livelli più elevati di arsenico e mercurio, mentre i bambini autistici presentano un maggiore percentuale di piombo, mercurio e alluminio nei capelli.

In conclusione, Grandjean e Landrigan ritengono che le tossine ambientali stiano causando nei bambini lesioni cerebrali diffuse e perdita di capacità. Purtroppo le statistiche che indicano un incremento delle diagnosi relative ai problemi comportamentali, non associano questo aumento all’ampio declino della funzione neurologica. Tuttavia nello studio britannico è stata rilevata una correlazione tra la perdita di funzione neurologica e sindrome da deficit di attenzione nel 20 per cento dei casi, e una correlazione tra la perdita di funzione neurologia di attenzione e disturbi dello spettro autistico nel 4,3 per cento dei casi. In entrambi i casi, ai soggetti analizzati non erano mai state diagnosticate prima queste due malattie.

In pratica i danni cerebrali stanno condizionando un’intera generazione e nessuno lo sta segnalando a livello ufficiale. Nel frattempo, nelle scuole delle nazioni occidentali aumentano i corsi che formano gli studenti sui pericoli di questa silenziosa pandemia.
David Bellinger, ricercatore di Harvard, ha fatto notare che per gli «effetti subclinici» è urgente prestare maggiore attenzione dal momento che alcune tossine ambientali possono per esempio ridurre il quoziente intellettivo. «Anche un impatto modesto può essere nocivo, poiché se l’esposizione è prevalente, la perdita del quoziente intellettivo nella popolazione generale potrebbe essere notevole e ridurre concretamente le risorse intellettuali». Infatti, una diminuzione media di cinque punti del quoziente intellettivo, secondo un gruppo di ricercatori dell’Oregon che hanno citato il lavoro di Bellinger, potrebbe determinare un aumento della popolazione con problemi cognitivi pari al 57 per cento.

E, in tutto questo, i bambini sono i più vulnerabili. Il cervello umano non solo è molto sensibile a questa esposizione ai metalli pesanti durante il suo sviluppo, ma diventa un utile indicatore per questi disordini. Eppure, sebbene le statistiche comincino a parlare chiaro, le istituzioni responsabili della salute pubblica continuano a chiudere un occhio.

 

Robert F. Kennedy Jr (figlio di Robert ‘Bob’ Kennedy e nipote di John Fitzgerald Kennedy) è presidente del World Mercury Project, conduttore del programma Ring of Fire su Air America Radio; è inoltre autore di numerosi libri e i suoi articoli sono comparsi sui maggiori giornali degli Stati Uniti.

Articolo in inglese:Studies Link Heavy Metals to the Explosion of Neurodevelopmental Disorders and Declining IQ in American Children

Traduzione di Massimiliano Russano

 
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