Guerra fredda nel Mare della Cina

Il 16 febbraio scorso, funzionari della Difesa taiwanese hanno denunciato l’installazione di una batteria missilistica antiaerea cinese sulla contesa isola di Yongxing, o Woody Island, nel sudest del Mar della Cina. La notizia si è inevitabilmente trasformata nella prima pagina internazionale del momento, alla quale Pechino ha impassibilmente replicato ricordando al mondo il suo ‘9-Dash Line’ [‘l’autoctono’ piano di delimitazione territoriale cinese, ndr], giudicando pertanto il clamore della notizia del tutto ingiustificato.

Il ministero della Difesa cinese, ha poi tentato di minimizzare la notizia, definendola «esagerata» e strumentale all’amplificazione del concetto di minaccia cinese all’Occidente, dichiarando che «le strutture militari di difesa aerea e navale, installate sulle isole e sui faraglioni del mare territoriale cinese, ritenuti strategicamente rilevanti, rientrano in una prassi consolidata da anni», e citando a supporto un articolo pubblicato il 18 febbraio dalla versione inglese della China Military Online (pubblicazione promossa dall’Esercito di liberazione del popolo cinese).

La replica cinese ha inoltre respinto la recente segnalazione occidentale, secondo cui i missili sarebbero stati installati tra il 3 e il 14 febbraio.

Gli ordigni sotto accusa sono classificati con l’acronimo di HQ-9 e appartengono a una tipologia di missili terra-aria molto simili agli S-300 di fabbricazione sovietica. Possiedono una capacità operativa di circa 125 miglia e sono dotati di una tecnologia radar avanzata. Dettagli che disegnano una minaccia letale per qualsiasi velivolo ritenuto ostile, all’interno della quasi totalità del Mar della Cina meridionale.

A detrimento degli interessi di Paesi come Taiwan, Filippine e Vietnam, la Cina rivendica sovranità su quasi l’intero Mar della Cina meridionale, attraverso il quale passa circa il 30 per cento del traffico navale mondiale.

L’isola oggetto di quest’ultimo attrito (Yongxing, o Woody Island) è contemporaneamente rivendicata da Cina, Taiwan e Vietnam.

Il China Military Online ha replicato accusando gli Stati Uniti di covare «secondi fini» nel Mar della Cina Meridionale e di instillare il «germe della discordia» in faccende che rientrano, a parere di Pechino, in «questioni territoriali interne».

Un altro articolo della medesima Testata del 18 febbraio, cita un portavoce del ministero degli Esteri cinese il quale dichiara che «il dispiegamento missilistico, non è destinato alla militarizzazione». Secondo l’alto funzionario le notizie divulgate dai media internazionali sono da considerarsi battage propagandistico.

 

Articolo in inglese: Anti-Air Missile Deployment on Disputed Island ‘Not News,’ China Says

 
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