Guardarsi dentro per cambiare se stessi

Numerose situazioni infastidiscono le persone e possono sconvolgere il loro stato di benessere, ma questo solo se si permette al fastidio di prendere il sopravvento. La tendenza è che nel momento in cui si prova un fastidio, si attribuisce la colpa a un’altra persona che ha sbagliato e che si ritiene responsabile. Una volta individuata la presunta causa del proprio disturbo, solitamente si decide di risolvere il problema cercando di cambiare il comportamento di un’altra persona in qualcosa di giusto o che almeno non provochi fastidio.

Non c’è niente di sbagliato nel cercare di cambiare una situazione non gradita o che causi infelicità. Ma dare la colpa agli altri, alla fine non fa sentire meglio e inoltre esaurisce la propria capacità d’azione; è quindi importante considerare cosa accade quando non si possono cambiare le persone intorno a sé, e imparare a utilizzare simili circostanze come un’opportunità per conoscere se stessi.

Ironia della sorte, quando ci si libera dallo schema in cui si incolpano sempre gli altri, si sposta la propria attenzione dalla persona ritenuta responsabile a se stessi. Guardarsi dentro non è un qualcosa da fare solo quando si è in difetto: l’autoanalisi, un’azione che determina una vera libertà dalla sofferenza, non ha nulla a che fare con la colpa.

USCIRE DAL CICLO DELLA COLPA

Per porre l’attenzione verso se stessi è utile farsi delle domande: “questa situazione o comportamento cosa provoca in me? Che tipo di dolore si genera in me quando mi trovo di fronte a questo comportamento o situazione?”.

La ‘protagonista’ di questo articolo ha vissuto un ‘ciclo di colpa’: il punto era sempre incolpare l’esterno, a scapito del dialogo con gli altri. Per anni, ha provato a cambiare il suo partner, incoraggiandolo a essere curioso e a utilizzare le situazioni di sofferenza come opportunità per far luce su delle verità da scoprire. Ma attraverso questo processo si è anche radicata la colpa. Nancy incolpava l’atteggiamento del marito per il suo dolore: «Se solo non fosse una persona da incolpare, non proverei dolore». Ma alla fine, nessuno dei due è cambiato e nemmeno le circostanze.

In seguito, Nancy ha iniziato a distogliere l’attenzione dal marito e ha prestato attenzione alla propria esperienza: quello che faceva il marito, anche se era sbagliato, non provocava quella determinata situazione; piuttosto, il suo comportamento innescava in Nancy certe esperienze, sentimenti, ricordi o credenze. Nancy si chiedeva se quello che provava dentro di sè, rendesse la colpa così difficile da sopportare. Poi ha scoperto un qualcosa di semplice, profondo e terapeutico, e la scoperta di quella situazione (che rendeva la colpa così dolorosa) non cambiava il comportamento del marito. Semplicemente all’inizio alleviava quel dolore lancinante. Nancy, piuttosto che permettere al proprio comportamento di far partire un ‘allarme antincendio’ dentro di lei, è stata capace di osservare il suo comportamento, sapendo che cosa lo aveva scatenato e mantenendo la calma senza reagire. Era in grado di dire a se stessa con gentilezza: “certo, questo meccanismo di colpa tal dei tali ha una storia a sé stante ed è comprensibile”. E poi, stranamente, la cosa era finita. Quell’esperienza così minacciosa, che provocava tanto dolore, veniva disattivata. I fili erano stati recisi. Quell’emergenza – cercare di fermare quella situazione o comportamento – era facilitata nel momento in cui era chiara la verità di quello che stava accadendo dentro di lei.
In questi casi la sofferenza, per essere lenita, non va molto oltre questo processo.

Come tutti sanno, non è possibile controllare il comportamento di chiunque altro e non è possibile cambiare un’altra persona. Ma è sempre possibile spostare la propria attenzione verso l’interno, per mettere a fuoco la lente della curiosità che c’è in ogni persona. Ed è importante ricordare che indagando sulla propria esperienza, non si condona il comportamento che fa scattare la sofferenza, né si sta assumendo la responsabilità di aver causato quel comportamento.

La strada più sicura per liberarsi dal ciclo della colpa e dal bisogno di cambiare quello che non piace, è essere curiosi su quello che sta accadendo dentro di sé in una determinata situazione: prima la si nomina, poi si cerca di comprenderla, in seguito si analizza e infine si prova compassione. In ultima analisi, la consapevolezza di sé è l’antidoto più potente e profondo alla sofferenza.

Nancy Colier è psicoterapeuta, ministro interconfessionale, autrice, oratrice pubblica e leader di seminari. Blogger regolare per Psychology Today e l’Huffington Post, ha scritto anche diversi libri sulla consapevolezza e la crescita personale.

Articolo in inglese: ‘How to Look Inward, Without Turning on Yourself

Traduzione di Massimiliano Russano

 
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