Sistema dei trapianti cinese, probabile legittimazione dalla comunità medica. Ma l’uso di organi da prigionieri continua

Alcuni dei gruppi di medici più prestigiosi e rinomati di tutto il mondo stanno per dare il loro consenso a un sistema di trapianto di organi che, secondo i critici, consente di utilizzare gli organi vitali prelevati dai prigionieri.

Dal 21 al 23 agosto, la Transplantation Society, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la Declaration of Istanbul Custodian Group s’incontreranno con i funzionari cinesi di Guangzhou per una conferenza a lungo attesa.

Parteciperanno a un «grande raduno che segna lo splendido ingresso della Cina nel palcoscenico dei trapianti internazionale», ha detto in modo colorito Liu Xiuqin, segretario generale della Fondazione dei Trapianti d’organo della Cina. Salvo che non ci sia un cambiamento radicale nella loro posizione.

Se approveranno la Cina, sarà la prima volta – dopo la decisione fallita a Hangzhou alla fine del 2013 – che il Paese sarà riconosciuto dalla comunità medica internazionale come esecutore di un programma etico di trapianto d’organi.

Il riconoscimento potrà arrivare anche nel caso in cui i funzionari cinesi diranno con le loro bocche che l’uso degli organi dei prigionieri può continuare.

I critici sono perplessi e agitati per quello che considerano un riconoscimento non maturo del progresso della Cina. Inoltre sono preoccupati che possa radicare e implicitamente legittimare un sistema che continua a utilizzare gli organi dei prigionieri.

LUCI E OMBRE

Il primo accordo tra la Cina e la comunità internazionale di medicina è stato infranto pochi mesi dopo la firma.

A novembre 2013, la risoluzione di Hangzhou era stata bollata come la «nuova era per i trapianti d’organo in Cina» e, in conformità a numerose dichiarazioni ufficiali, faceva in gran parte affidamento sull’impegno volontario. A febbraio 2014 la Transplantation Society aveva scritto una lettera aperta al leader del partito Xi Jinping: chiedeva di smettere di utilizzare gli organi dei prigionieri. A giugno 2014 doveva essere tenuta una conferenza, volta a consolidare lo spirito di Hangzhou, ma non è mai stata organizzata.

Il passaggio chiave c’è stato quando Huang Jiefu, capo del Comitato dei Trapianti d’Organi della Cina e di fatto portavoce per il Paese in materia di trapianti d’organi, aveva iniziato promettendo che non sarebbero più stati utilizzati gli organi dai prigionieri, e che sarebbe stata attuata una regolamentazione in tal senso.

Il primo gennaio 2015 doveva essere attuato questo cambiamento e la notizia era stata riportata in tutto il mondo, senza critiche.

Ma attualmente non è stato approvato niente di nuovo e i critici obiettano strenuamente, accusando che in Cina non è cambiato sostanzialmente nulla. Hanno dichiarato che le promesse verbali e via mail dei funzionari cinesi non sono certamente sufficienti, soprattutto considerando una storia di tre decenni di prelievi d’organi da prigionieri.

Persino i funzionari che promettono, lasciano aperte delle scappatoie.

Ad esempio a gennaio, quando era stata supposta la cessazione dell’uso di organi da prigionieri, Huang aveva detto in un’intervista alla Phoenix Television: «Non sto dicendo che mi oppongo alle donazioni dei prigionieri del braccio della morte. Se i condannati a morte sono veramente mossi dalla loro coscienza, allora [la donazione, ndt] non è impossibile».

In un’intervista al Quotidiano del Popolo due settimane più tardi, Huang aveva detto che «i prigionieri del braccio della morte sono anche cittadini e le leggi non li privano del loro diritto di donare gli organi».

L’etica medica sancisce che i prigionieri non possono dare il consenso a donare i propri organi, poiché possono essere soggetti a coercizione.

DUBBIA LEGALITÀ

Dal 1984 alcune disposizioni segrete, di dubbia legalità, hanno giustificato l’utilizzo di organi dai prigionieri da parte della Cina.

Queste disposizioni erano state emesse dal Ministero cinese della Pubblica Sicurezza e da una serie di altre agenzie, tra cui il Pubblico Ministero e alcuni tribunali. «L’uso dei cadaveri od organi dei prigionieri giustiziati deve essere tenuto rigorosamente segreto», si legge nel documento.

A marzo una giornalista aveva chiesto a Huang informazioni su queste disposizioni, ma Huang l’aveva respinta.

«Guardare al futuro», ecco cosa aveva scritto Huang in un lungo domanda e risposta pubblicato sul portale di notizie cinese NetEase. «Il documento del 1984 non è la legge, questa disposizione è un segreto, e non l’ho mai vista prima … Ora abbiamo un sistema illuminato dal sole, perché si vuole sempre abolire qualcosa?»

Senza la cancellazione esplicita di tali disposizioni, si presume che siano ancora valide.

Huang Jiefu stesso ha dichiarato nel 2005 che circa il 90 per cento degli organi in Cina provengono dai prigionieri giustiziati.

Considerando che l’utilizzo di organi dai prigionieri non ha più alcuna base legale in Cina, Huang Jiefu potrebbe essersi macchiato di atti criminali, dal momento che esiste un alto rischio che abbia condotto dei trapianti di fegato dai prigionieri. È questa l’opinione di Torsten Trey, direttore esecutivo della Dafoh, un gruppo di pressione contro il prelievo forzato d’organi.

PRIGIONIERI DI COSCIENZA

C’è anche la questione di quali siano le tipologie di prigionieri che vengono uccisi per prelevarne gli organi e venderli sul mercato dei trapianti.

Le autorità cinesi sostengono che i prigionieri del braccio della morte sono stati la loro fonte principale. Tuttavia un numero crescente di prove indica che i prigionieri di coscienza – cristiani, tibetani, uiguri e soprattutto i praticanti del Falun Gong – hanno costituito la maggior parte del volume dei trapianti in Cina a partire dal 2000, quando il numero è improvvisamente schizzato verso l’alto.

«Se la comunità occidentale dei trapianti non impone il pieno rispetto delle norme globali sulla pratica etica della medicina, così come l’ammissione della raccolta di organi dai prigionieri di coscienza a partire dal 1999, è probabile che le pratiche non etiche continueranno senza sosta, e potranno anche espandere la loro portata», ha detto la dottoressa Maria Fiatarone Singh, professoressa alla Facoltà di Medicina presso l’Università di Sydney.

Le ultime ricerche sulla questione indicano che oltre 60 mila praticanti del Falun Gong sono stati probabilmente uccisi per i loro organi, anche se la cifra reale potrebbe essere molto più alta. Le interviste ad alcuni rifugiati indicano anche che gli uiguri, una minoranza di lingua turca, sono stati uccisi per i loro organi.

Il dottor Lavee, a Tel Aviv, ha affermato che la Cina deve «ammettere e porre fine al saccheggio di organi dai prigionieri di coscienza», prima di avere il riconoscimento internazionale.

Questa approvazione prematura «mina seriamente la capacità della comunità internazionale dei trapianti di segnalare alla Cina che ha ancora una lunga strada da percorrere prima di poter essere accettata come un membro rispettato e paritario», ha scritto Lavee.

Nessuna delle organizzazioni che saranno presenti a Guangzhou hanno sostanzialmente risposto alle domande inviate via mail sulle loro motivazioni nel dare ora il loro imprimatur al sistema dei trapianti cinese. «Loro hanno dei regolamenti», ha detto il Dott. Delmonico, senza fornire spiegazioni.

Il dottor Trey ha detto che accettare promesse dalla Cina senza verificare «è un imperdonabile, deplorevole omissione degli standard scientifici».

Per saperne di più:

Articolo in inglese: ‘Western Medical Groups in China to Legitimize Transplant System That Still Allows Use of Prisoner Organs

 
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