Brexit, l’esito è in mano agli indecisi

LONDRA— Rimanere o uscire, questo è il problema: il 23 giugno si deciderà il destino della Gran Bretagna all’interno dell’Unione Europea. Prima del referendum entrambe le fazioni sono sotto stress per quello che si rivelerà un voto di importanza storica.

La prima linea dello scontro tra chi vuole ‘rimanere’ e chi vuole ‘uscire’ è costituita dalle preoccupazioni sull’immigrazione e sull’economia: la parte che è più preoccupata per l’economia vuole rimanere, mentre la parte che dà più peso al problema dell’immigrazione tende a voler uscire.

COSA PENSANO I VOTANTI

L’avvicinarsi della data del voto mostra due fazioni opposte che si scontrano, ma nel mezzo c’è un groppo di votanti indecisi.
Helen Meyers, 28 anni di Battersea, Londra, che di lavoro si occupa del contenuto di un sito web, è una dei votanti che si trovano nel mezzo: «Sono indecisa! – racconta – Non mi sono informata in modo appropriato. Prenderò una decisione all’ultimo momento; voglio informarmi meglio. Sembrano esserci tante strategie per spaventare le persone. Molti miei conoscenti cambiano continuamente le loro opinioni».

Paul, ferroviere 48enne di Dulwich, Londra, ha condiviso alcuni suoi sentimenti: «Sono indeciso, non ci sono fatti o cifre da prendere in considerazione, c’è solo molta retorica da entrambe le parti, tanti se, ma, forse… Voterò sicuramente, ma ho bisogno di più dettagli».

Osservando i vari sondaggi, si può affermare che gli indecisi sono circa il 15 per cento.

‘RIMANERE’

Tra quelli che hanno in progetto di votare per il rimanere in Europa c’è James Wyatt, un manager di una start-up di Ealing, Londra. «Credo che stiamo andando verso la globalizzazione – argomenta – Votare per l’uscita della Gran Bretagna sarebbe come andare contro lo sviluppo del nostro Paese a livello economico e sociale, e significherebbe escludersi dalla gara allo sviluppo che la collettività sta conducendo. Penso sarebbe un grande errore».

Per Sathish Jaykumar, 37 anni, interprete, la scelta dipende anche da fattori privati: «Sono per lo stare dentro l’Europa. Sono sposato con un’italiana, quindi lei mi ucciderebbe se votassi per uscire. Non penso che possa esserci un guadagno dal tirarsi fuori da un grande gruppo. Saremmo schiacciati se restassimo soli come Regno Unito».

Un altro votante che ha parlato con Epoch Times ha detto di non avere ancora preso una decisione definitiva, ma che alla fine probabilmente voterà per rimanere, perché «il rischio non è da prendere in considerazione».

Gli esperti dicono che alcuni votanti preferirebbero ‘rimanere’, per via della paura verso l’incerto. Stare in Europa è ormai diventata una cosa familiare ai più, un fattore che dà sicurezza.
John Curtice, professore di scienze politiche alla Strathclyde University ha spiegato: «Senza dubbio il cambiamento è più difficile da gestire dello status quo, e specialmente ora che si avvicinano le votazioni, questo è un fattore che gioca a favore della fazione del ‘rimanere’. Tuttavia non è così preponderante, perché la parte che vuole separarsi ha una forte consapevolezza delle proprie ragioni. La vittoria di una delle due parti dipende da come esse si ‘giocano’ gli argomenti a sostegno delle loro idee».

‘USCIRE’

Michael Jarmulowicz, sessantaseienne, diacono permanente di Willesden Green (Londra) ha in progetto di votare per l’uscita del Regno Unito dall’Ue perché ritiene che il Paese avrebbe maggiore libertà e controllo sul proprio territorio: «C’è una vasta corruzione nell’Unione Europea e ci imprigionano con le loro direttive». Crede inoltre che David Cameron non manterrà le promesse sull’ottenimento di concessioni in favore della Gran Bretagna, dato il suo cambio di tono: «All’inizio dei negoziati Cameron aveva posto la condizione che se non ci fossero state delle concessioni per la Gran Bretagna, si sarebbe usciti [dall’Ue ndt]. Ultimamente non c’è stato alcun riferimento al dibattito sulle concessioni. Ora Cameron va dicendo “stare fuori sarebbe un vero disastro”».

Anche è James Hogarty, un giardiniere dell’Islington, Londra, appartiene al fronte del ‘fuori’: «Voterò fuori soprattutto per l’immigrazione. Non mi piace l’apertura dei confini».

Ricerche basate su di un sondaggio del NatCen’s British Social Attitudes mostrano che poche persone in Gran Bretagna hanno un forte senso di identità europea: solo il 16 per cento, infatti si identifica come ‘europeo’.
John Curtice scrive in un’inchiesta, che «molti vedono lo stare nella Comunità Europea come una minaccia per quello che le persone considerano essere un tratto distintivo dell’essere inglese; un esempio sono le limitazioni che hanno i membri della comunità europea sulla sovranità nazionale».
In un’intervista telefonica ha affermato: «Alla fine molti dei votanti pensano che l’Europa sia un ‘altro’, perciò in fin dei conti contestano il fatto che una qualunque istituzione fuori o dentro l’Europa abbia parola sugli ‘affari’ inglesi».

Gli economisti che supportano l’uscita dicono che questa scelta porterebbe dei vantaggi economici, in quanto permetterebbe al Paese di governarsi più liberamente. Questi economisti si basano sul fatto che l’appartenenza all’Unione Europea farebbe perdere alla Gran Bretagna il controllo sull’immigrazione, e la nazione continuerebbe a venire sottoposta al controllo monetario e industriale. A detta di molti, la Commissione europea, l’arma burocratica della UE, è stata eccessivamente invadente, rispetto alle politiche nazionali. Sotto le regole della UE al governo inglese sono stati posti dei limiti nel prestare soccorso alle proprie industrie dell’acciaio, e questo, nel mercato unico europeo, può danneggiare la competitività.

IMPOSSIBILE FARE PREVISIONI

A parte gli indecisi, anche quelli che pensano di essere sicuri della loro scelta, potrebbero cambiare idea all’ultimo minuto.

Un esempio è la parlamentare conservatrice Sarah Wollaston, che ha recentemente cambiato opinione, passando dal voler votare per l’uscita al voler mantenere lo status quo. Ha spiegato che il suo cambiamento di opinione è avvenuto quando ha scoperto che gli annunci dei sostenitori del ‘fuori’ – secondo cui uscire avrebbe significato il blocco di 350 milioni di sterline a settimana per il servizio sanitario pubblico – erano solo bugie.

Un recente sondaggio dell’ORB per The Independent mostra tuttavia un «grande incremento» tra i sostenitori del fuori, con 10 punti in più sugli altri, da quando un anno fa sono iniziati i rilevamenti. Il sondaggio ha preso in analisi duemila persone e ha stabilito che il 55 per cento della popolazione crede che la Gran Bretagna debba uscire, mentre il 45 per cento delle persone vuole rimanere.

Ma per i sondaggisti il risultato del referendum è più difficile da prevedere rispetto a quello delle elezioni, perché riguarda qualcosa con cui non hanno dimestichezza, e in più i votanti non sono divisi ordinatamente secondo i partiti politici: anche gli aderenti ad uno stesso partito possono sostenere posizioni opposte. Inoltre ci sono anche altri eventi prima del referendum, che potrebbero far cambiare opinione alle persone.

FINO ALL’ULTIMO MINUTO

Il 21 giugno la Corte Costituzionale tedesca esprimerà una valutazione sul comportamento della Corte Europea di Giustizia, la più alta autorità legale della UE, che si è espressa a favore di un piano di acquisto dei bond di emergenza emessi dalla Banca Centrale Europea per risollevare l’eurozona dalla crisi. Il gruppo che si è appellato alla decisione della Bce afferma che con il piano di acquisto dei bond europei la banca centrale abbia abusato del suo mandato e violato il divieto di finanziamento ai governi.

Angus Armstrong, rettore della facoltà di Macroeconomia presso l’Istituto nazionale di ricerche economiche e sociali, ha affermato: «Visto quanto sono vicine la votazioni, se la corte tedesca dovesse affermare che la Bce ha agito illegalmente, sarebbe davvero interessante […] potrebbe essere davvero un punto chiave per la questione».

In più il 21 giugno ci sarà un grande dibattito in diretta sulla BBC, dalle 8 di sera, che ospiterà i rappresentanti dell’una e dell’altra parte.

Anthony Wells, direttore del team di ricerca politica e sociale presso YouGov sostiene che il dibattito sia troppo vicino al referendum e che questo renderà ancora più difficile prevedere l’esito finale: «Dovremo lavorare duro la notte di martedì è tutto il mercoledì per contattare le persone e verificare se hanno cambiato opinione. Questa è una delle sfide che dobbiamo decidere come affrontare».

«Prima del 24 non potremo davvero sapere come andrà a finire»

Articolo in inglese: http://www.theepochtimes.com/n3/2089308-the-eu-referendum-the-heat-is-on-in-britain/

 
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